(Allarme) capitale umano e attrattività territoriale, Confartigianato: come favorire una nuova concezione del lavoro

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Gubitta, Maset, Bonomo e Giacomin
Gubitta, Maset, Bonomo e Giacomin
(Allarme) capitale umano e attrattività territoriale. Nell’ultimo biennio, di fronte ad una forte evoluzione del contesto economico e alla consapevolezza che il Veneto e le sue imprese devono essere più attrattivi nei confronti delle nuove generazioni di lavoratori ed imprenditori, la Confartigianato Imprese Veneto ha avviato una riflessione a tutto campo sul capitale umano per la piccola impresa che ha coinvolto le istituzioni (Regione, ANPAL, MIUR), il sistema della formazione e dell’istruzione (dalla IeFP, fino agli ITS e alle Università) e le altre parti sociali regionali; una riflessione che si è declinata in un progetto ambizioso che si compone di diverse linee d’azione che hanno visto la Federazione protagonista per tutto il 2019. Si va, solo per citare le iniziative più recenti, dalla collaborazione con 5 delle 7 Fondazioni ITS del Veneto, alla sottoscrizione di un protocollo d’Intesa con ANPAL che prevede la collaborazione sinergica della Federazione e delle Associazioni territoriali in 80 scuole venete per l’avvio di azioni dirette a promuovere l’alternanza e l’apprendistato duale per lo sviluppo della professionalità artigiana del lavoro.

“Il mismatch di competenze è un tema ricorrente tanto nella letteratura economica quanto nella retorica politica –afferma Agostino Bonomo Presidente di Confartigianato Imprese Veneto-. Continua ad essere liquidato come quel problema in base al quale le imprese faticano ad assumere perché i candidati sono inadeguati oltre che per il fatto che i lavori attuali richiedono nuove competenze che la scuola non fornisce. E’ arrivato il momento di riconoscere che si tratta di una questione risolvibile solo con un cambiamento radicale di paradigma che richiede di affrontare degli interrogativi più alti e sfidanti: quale futuro ci aspettiamo per la nostra società; qual è il ruolo che in questo nuovo scenario vogliamo che abbia la piccola impresa; quali sono i fattori in grado di stimolare maggiormente la crescita e generare interesse alla nascita di imprese?

Siamo convinti che sia giunto il momento per la piccola impresa di agire una sua funzione centrale: quella di attore formativo nei confronti delle proprie risorse umane. Numerose analisi evidenziano un cambiamento profondo della domanda nazionale e internazionale. Sempre più il consumatore apprezza un prodotto di cui conosce la genesi e la produzione, sostenibile dal punto di vista dell’utilizzo delle materie prime e legato a una storia e a una tradizione. Si stanno costruendo le premesse non solo per una nuova concezione della professionalità del lavoro artigiano, ma anche per riprogettare la geografia del lavoro, dei territori, delle città, con l’obiettivo di avere luoghi desiderabili per viverci e lavorare a partire da una ritrovata dinamicità economica. In questo contesto riteniamo che la piccola impresa abbia un ruolo significativo quale portatrice di innovazione economica e sociale e di qualità. Possiamo facilitarla da un lato favorendo l’adozione di processi di innovazione e dall’altro stimolando una domanda orientata verso consumi che elevino i livelli di qualità e sostenibilità”.

“Questo –prosegue– ci richiede di lavorare su due assi. Primo comprendere come riattualizzare la spinta all’imprenditorialità muovendo da domande complesse e sfidanti, che richiedono competenze e conoscenza. Infatti, solo a fronte di sfide complesse, interpretate e affrontate dalle imprese, si creano realmente e concretamente spazi di impiego e prospettive di guadagno per nuove generazioni di collaboratori e opportunità per nuovi imprenditori: il gioco si fa dove vale la candela. Secondariamente dobbiamo muoverci per interpretare e rispondere a modelli di consumo che pongano al centro il benessere, la salvaguardia del portato storico, culturale, artistico e ambientale, la salute, l’alimentazione di qualità, l’abitare sostenibile, efficiente, confortevole e sano. Va considerato anche un altro fattore di grande attualità per il rinascimento della professionalità del lavoro artigiano. Sono infatti sempre di più i giovani con elevati livelli d’istruzione a lasciare non solo i lavori “poveri” ma anche carriere impiegatizie nel settore dei servizi per dedicarsi allo sviluppo di una nuova professionalità artigiana vista come un’opportunità per tornare ad una dimensione più distintiva. Affinché questo interesse si traduca effettivamente in valore economico è necessario che la piccola impresa faccia un salto di qualità combinando le competenze tecniche, gestionali, professionali dei mestieri consolidati con le nuove competenze informatiche e digitali, con le abilità di comunicazione e interazione nei social network, con le modalità di collaborazione in ambienti di lavoro meno gerarchici e strutturati. I «lavori ibridi» stanno emergendo anche da noi e si stanno propagando in tutti i settori. Pensiamo a operai e professionisti artigiani, chiamati a mescolare le loro abilità tecniche con le tecnologie digitali che ridisegnano i processi produttivi, cambiano gli ambienti di lavoro e le relazioni. Pensiamo a quanti gestiscono il rapporto con il cliente o la personalizzazione dei prodotti con le app per smartphone, la realtà aumentata e l’uso di analytics”.

“Per comprendere meglio questi fenomeni di ibridazione –conclude il Presidente-, Confartigianato Imprese Veneto ha affidato una indagine multisettoriale all’Università di Padova per l’individuazione dei fabbisogni formativi e professionali delle imprese della meccanica, dell’impiantistica e dell’autoriparazione. Come si mettono le imprese in grado di svilupparle? In questo processo di cambiamento lavoriamo con grande attenzione perché le imprese possano utilizzare in modo più agevole gli strumenti quali l’alternanza scuola-lavoro, l’apprendistato, gli stage e gli ITS – Istituti Tecnici Superiori, e le fonti di sostegno economico – regionali, nazionali ed europei – per l’innovazione e il rafforzamento della dotazione tecnologica e delle competenze”.

“All’interno di questo quadro – spiega il Prof. Paolo Gubitta -, la ricerca ha studiato quindi i cosiddetti lavori ibridi, intesi come mestieri in cui si combinano e si integrano le competenze tecniche, gestionali, professionali o relazionali con quelle informatiche e digitali, le conoscenze per comunicare nei social network, le abilità per interagire con altre persone attraverso la mediazione o l’uso di tecnologie digitali, gli orientamenti per svolgere in modo efficace la propria attività in ambienti di lavoro in cui lo spazio (fisico e sociale) e il tempo (aziendale e personale) assumono configurazioni diverse. Così concepito, il lavoro ibrido non riguarda sole le attività di nuova concezione, ma anche quelle tradizionali, che non cambiano nome ma modificano il loro contenuto, per adattarsi alle nuove modalità di produzione del valore. L’ibridazione del lavoro, pertanto, è un fenomeno bidirezionale. Da un lato, ci sono i mestieri ben noti e consolidati che evolvono, sia spostando i propri confini (orizzontalmente, perché si allargano incorporando nuove attività oppure si restringono perdendone alcune; verticalmente, perché la tecnologia li abilita ad esercitare maggiore discrezionalità e controllo, oppure riduce i loro margini di manovra perché è la tecnologia stessa che pensa e decide al posto del lavoratore), sia cambiando le modalità di svolgimento ed erogazione della prestazione a parità di contenuto del lavoro (cioè senza spostare i confini). Dall’altro, ci sono i digital job (lavori digitali), che evolvono attraverso l’incorporazione di alcune attività tipiche dei mestieri noti e consolidati”.

10 azioni per una Road Map del “Lavoro che cambia” nelle imprese artigiane

1. La digitalizzazione aumenta l’efficienza dei processi e del lavoro nell’impresa artigiana

2. Presidiare il processo di digitalizzazione con ruoli dedicati e specializzati

3. Mestieri con un nucleo stabile e confini mobili

4. Lavoro più efficiente con la comunicazione interna digital based diffusa a tutti i livelli

5. Competenze digitali di base per tutti e accesso autonomo alle informazioni

6. Lavori che si arricchiscono, lavori che si impoveriscono

7. Formazione delle maestranze: formale-informale, tra digitalizzazione e organizzazione

8. Ambienti di lavoro più responsabilizzanti

9. Digitalizzazione e ruolo strategico di fornitori e clienti

10. Il lavoro nell’impresa artigiana come palestra di apprendimento

Progettare le 10 azioni della Road Map per “Cambiare il lavoro” nelle imprese artigiane

1. L’accesso alle tecnologie digitali non è un problema reale per le imprese artigiane, la differenza sta in chi dirige l’impresa. Nei casi più virtuosi, è la compresenza di tre fattori a spiegare i risultati soddisfacenti: direzione d’impresa che sostiene esplicitamente il progetto; esperienza, ancorché minima, nell’analisi e nella progettazione e riprogettazione dei processi; scelta del sistema informatico adeguato.

2. La digitalizzazione non procede da sola, ma ha bisogno di un presidio organizzativo ben definito: nelle esperienze di maggior successo, la direzione ha affidato ad una persona il compito di seguire il processo di digitalizzazione.

3. La competenza tecnica rimane il cuore del lavoro nelle imprese artigiane e la sua cura e manutenzione resta un fattore strategico. Le realtà più evolute hanno saputo ibridare le figure chiave in azienda, allargando il portafoglio di competenze fino ad includere le competenze afferenti sia ad ambiti tecnici adiacenti, sia all’area relazionale e digitale.

4. Le applicazioni di messaggistica istantanea sono il sistema operativo di comunicazione di base che permette all’impresa artigiana di connettere tutte le persone al lavoro dentro e fuori dell’azienda. Questi strumenti sono necessari per dare profondità all’organizzazione e ottimizzare gli scambi di informazioni professionali a tutti i livelli, e rappresentano la condizione di partenza per l’adozione di soluzioni più innovative.

5. La possibilità di accedere ai dati aziendali, in sede o da remoto, per aumentare la prestazione professionale è la condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per ibridare il lavoro nelle imprese artigiane. Nelle esperienze più virtuose, l’accesso è distribuito ai diversi livelli e reparti aziendali, con benèfici impatti sui livelli di autonomia, di impegno e di motivazione delle maestranze.

6. La progressiva digitalizzazione di alcuni processi e la progressiva ibridazione di alcuni mestieri cambiamo la gerarchia dei ruoli anche nelle imprese artigiane, perché alcuni si arricchiscono di contenuti (e di possibilità di sviluppo) e altri si impoveriscono. Nelle realtà con maggiore consapevolezza di questi movimenti interni, la trasformazione del lavoro viene accompagnata dalle figure direttive, che si fanno carico di spiegare le innovazioni in atto.

7. La digitalizzazione dei processi e i cambiamenti organizzativi che essa porta con sé, generano una forte pressione formativa nelle imprese artigiane. Nelle realtà aziendali che hanno realizzato con successo digitalizzazione e formazione c’è la consapevolezza da parte dei ruoli direttivi che la formazione avviene in modi diversi e tra loro complementari e che anche le modalità di organizzazione del lavoro possono favorire piuttosto che ostacolare l’apprendimento.

8. La digitalizzazione di alcuni processi aziendali combinata con l’acquisizione delle skill digitali di base e con l’accesso autonomo alle informazioni aumentano la responsabilizzazione delle maestranze e rendono l’impresa artigiana più capace di rispondere in modo veloce e competente alle sfide del mercato. Nelle aziende che meglio interpretano questi cambiamenti, le figure direttive sono autenticamente propense alla delega e al decentramento decisionale, consapevoli del fatto che oggi esistono gli strumenti tecnologici per dare autonomia decisionale senza perdere il controllo.

9. La digitalizzazione dei processi interni nelle imprese artigiane viene spinta dalla pressione dei fornitori e tirata dalle esigenze dei clienti. Le realtà artigiane più evolute riescono a trasformare le relazioni lungo la catena di fornitura in reali occasioni di apprendimento dai fornitori e dai clienti, dimostrando di possedere (ancorché in modo non consapevole) adeguate competenze value-adding, ovvero la capacità di accedere alle risorse del partner e di ricombinarle con le proprie, e competenze di consolidamento. Saper attivare processi di questo tipo è una delle condizioni che permette alle imprese artigiane di agganciarsi alle catene del valore di aziende più grandi o più evolute in tema di trasformazione digitale, potendo così accorciare i tempi e ridurre i costi per implementare i cambiamenti.

10. Le realtà artigiane più evolute hanno saputo diventare attrattive nei segmenti del mercato del lavoro di interesse (a volte anche molto localizzato) riuscendo a farsi riconoscere e apprezzare come luogo di lavoro che offre buone opportunità di sviluppo (non solo economico). Ancorché in modo non deliberato, tali aziende hanno realizzato azioni che si inquadrano nel concetto di Employer Brading, che è una decisione strategica, da cui emerge in modo non ambiguo cosa offre l’azienda a chi lavora al suo interno (che deve essere coerente con cultura, storia e modello di gestione) e che va comunicata con gli strumenti corretti al mercato del lavoro (sia interno che esterno; i progetti di Alternanza Scuola Lavoro sono uno dei metodi più diffusi ed efficaci). Sostenere tutto il comparto artigiano con politiche coerenti con questo obiettivo è un bisogno latente di molte imprese.