«Fissare nel cuore stesso dei dominati il necessario potere degli uomini sugli uomini, determinante fino ad oggi per la fisionomia della storia, è una delle funzioni dell’intero apparato culturale delle singole epoche; la credenza nell’autorità, che è insieme risultato e condizione sempre rinnovata di questo apparato, costruisce nella storia una forza umana in parte produttiva, in parte frenante»[1].
La riflessione che la citazione del filosofo e sociologo tedesco Max Horkheimer, contenuta nel suo contributo alla ricerca sul potere e su “autorità e famiglia” dell’Institut für Sozialforschung (la Scuola di Francoforte) fa nascere riguarda il ruolo della volontà, ritenuta storicamente una caratteristica fondamentale dell’uomo razionale: può la società modellare la volontà dell’individuo?
Certamente non possiamo negare che facciamo scelte che a noi sembrano essere volontarie, ma questa non potrebbe essere solo un’illusione? Non potrebbe la società controllare le nostre opinioni, le nostre scelte e quindi modellarci?
Il filosofo Étienne De La Boétie ha chiamato “servitù volontaria” l’asservimento che l’autorità e la società esercitano sulle masse, il «necessario dominio degli uomini sugli uomini», e si è interrogato sul perché le masse sembrano asservirsi all’autorità in modo volontario: «vedere un numero infinito di persone non obbedire, ma servire; essere non governate, ma tiranneggiate […] Quale vizio mostruoso sarà allora mai questo, che non merita nemmeno la qualifica nemmeno di codardia, per il quale non vi è nome sufficientemente volgare, che la natura rinnega di avere creato e la lingua rifiuta di nominare?»[2].
Qual è, allora, l’origine del condizionamento psicologico dell’autorità? Si può realizzare una liberazione dalle catene dell’autorità stessa?
Étienne De La Boétie è stato un filosofo francese nato nel 1530 e vide nella sua vita masse asservirsi all’autorità nonostante le loro pessime condizioni sociali, di cui l’autorità stessa fu responsabile. L’illuminista francese osservava però come «sono infatti i popoli che si lasciano o, piuttosto, si fanno maltrattare»[3], notando anche come sono i popoli stessi che costituiscono la fonte del potere dell’autorità. Senza il sostegno dei popoli, senza il far apparire la sofferenza e l’essere sfruttati come necessario, il potere dell’autorità crollerebbe. Dunque perché l’uomo si arrende allo sfruttamento e non solo obbedisce all’autorità, ma viene plasmato da essa anche al livello ideologico?
Gli stoici credevano che l’uomo fosse come una tabula rasa su cui l’esperienza e l’educazione imprimevano il loro contenuto e, così facendo, plasmavano l’uomo. L’uomo quindi diventava un prodotto dell’esperienza.
Lo psicologo George Herbert Mead, tra i fondatori della psicologia sociale, scrisse che «la mente non può mai trovare espressione e non sarebbe mai potuta nemmeno esistere se non nei termini di un ambiente sociale»[4]. È quindi in definitiva l’ambiente sociale che plasma la mente dell’uomo, che quindi compie scelte in base alla sua stessa esperienza, e ne compirebbe altre se avesse visto prospettive diverse. Le masse si asserviscono perché vedono come necessaria e ragionevole la scelta di sottomettere la loro volontà al potere dell’autorità: «Decidetevi a non servire più, ed eccovi liberi»[5], diceva Étienne De La Boétie. La scelta di liberarsi però può essere frutto solo della comprensione delle cause di tale condizione sociale. La base della servitù volontaria è quindi da un lato l’ignoranza, dall’altro l’avere la “credenza nell’autorità” di Horkheimer senza averne la consapevolezza, non notando che la sottomissione dei popoli è un importante pilastro su cui si mantiene il potere dei tiranni. Come è possibile un tale condizionamento?
I pensieri sul condizionamento della società e sulla “servitù volontaria” di Étienne De La Boétie portano a interessanti riflessioni. L’abbandono del dogmatismo e della certezza delle nostre opinioni e visioni, che dipendono dal contesto sociale in cui siamo cresciuti e dalla nostra esperienza, ci porta a riflettere anche sul senso della verità e sul significato della certezza. Che senso ha esprimere un’opinione se siamo eternamente condizionati dalla società?
Sorge poi la domanda del come è possibile che questo condizionamento sociale, esteso e diffuso nella società, sia possibile. Sono sicuramente domande a cui è impossibile dare una risposta certa e definitiva, ma sulle quali possiamo fare alcune riflessioni, con l’aiuto dei grandi pensatori che hanno fatto ricerca e studi su questi temi.
[1] M. Horkheimer, citato in Herbert Marcuse, L’autorità e la famiglia, Einaudi, Torino 1970.
, p. 22.
[2] É. De La Boétie, Discorso sulla servitù volontaria, Feltrinelli, Milano 2014, pp. 31-32.
[3] Ivi, pag. 34
[4] G.H. Mead, in Aa. Vv., Il libro della sociologia, Gribaudo, Milano 2018, p. 177.
[5] É. De La Boétie, Discorso sulla servitù volontaria, cit., p. 37.
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a cura di Michele Lucivero
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Questo articolo è il frutto della collaborazione tra il giornale Vipiù.it e il Liceo Scientifico, Scienze Applicate, Linguistico e Coreutico “Da Vinci” di Bisceglie (BT) per i Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO).