Crisi, il calendario e tutte le ipotesi per le elezioni. Si potrebbe votare in autunno, l’ultima volta fu nel 1919…

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La crisi e la nascita dei Fasci nel 1919
La crisi e la nascita dei Fasci nel 1919

La partita della crisi è appena iniziata. Potrebbe chiudersi in un lampo o trascinarsi per un po’ fino ad esiti inaspettati (un nuovo governo). Qui cerchiamo di fare un punto della situazione e di quel che potrà succedere dopo che Giuseppe Conte ha chiesto, con una lettera ai presidenti, di poter fare comunicazioni al Parlamento.

Domani. A mezzogiorno è convocata la riunione dei capigruppo del Senato. È qui che la Lega ha presentato la sua mozione di sfiducia ed è qui che si giocherà la prima mossa. Le decisioni di merito possono essere tre: far parlare Conte, votare il testo della Lega, votare la mozione di sfiducia a Salvini come chiede il Pd. Quanto alle date, Salvini spinge per arrivare allo showdown già dopodomani; gli altri gruppi per una convocazione il 20 o addirittura 27 agosto. Probabile che la crisi verrà conclamata in Parlamento tra dieci giorni.

Martedì. Si riunisce la capigruppo della Camera. Lì si gioca una ulteriore partita: il M5S, infatti, propone una calendarizzazione immediata per la “sua” riforma costituzionale, quella che taglia 345 parlamentari (230 a Montecitorio e 115 a Palazzo Madama) e a cui manca giusto l’ultimo sì dei deputati. La legge non dispiace a Matteo Renzi e soci, che sono un bel pezzo dei gruppi del Pd e la giudicano il modo perfetto per dare l’avvio a un progetto di “governo costituzionale”, mentre il nuovo segretario dem Nicola Zingaretti giudica la proposta una perdita di tempo: se la riforma passa, infatti, ci vogliono almeno sei mesi per adeguare la legge elettorale (collegi uninominali e circoscrizioni proporzionali) ai nuovi numeri.

In Senato. Il 20, come detto, è il giorno più probabile per vedere Conte a Palazzo Madama. Le ipotesi su come si svolgerà la giornata sono molteplici: il premier potrebbe parlare e poi andare a dimettersi (improbabile), potrebbe essere sfiduciato in Aula oppure addirittura vedere bocciata la mozione contro di lui (uscita dall’aula di Pd e sinistra, molte assenze in FI) ma certificando comunque la crisi politica della maggioranza che lo ha espresso finora. A quel punto, e in ogni caso, la palla passerebbe al Colle.

Il Quirinale. Sergio Mattarella avvierà, come da prassi, le consultazioni. Saranno molto veloci e a quel punto le scelte potranno essere molto diverse. C’è il rinvio di Conte alle Camere per verificare se esiste una maggioranza e, essendo probabile un esito negativo, la permanenza in carica per gli affari correnti fino alle elezioni. Oppure Mattarella potrebbe assegnare un mandato esplorativo: gira, in questo senso, il nome di Roberto Fico, terza carica dello Stato e profilo perfetto per l’eventuale appeasement tra M5S, Pd e responsabili vari (che alle Camere abbondano, se non altro per meri motivi di difficile rielezione). Terza opzione è un incarico pieno a un nome di garanzia che, con un governo snello e senza fiducia del Parlamento, porti l’Italia al voto.

26 agosto. Il termine ultimo entro il quale l’Italia deve indicare il suo nome per la prossima Commissione europea. Conte ha già fatto sapere che intende nominarlo lui, probabilmente subito dopo il suo passaggio in Senato: sarà un tecnico “europeista”, coerente con la maggioranza che ha eletto presidente Ursula von der Leyen all’Europarlamento (Pd, M5S e FI). Il 26 o 27 agosto, se non viene fuori una nuova maggioranza, potrebbe anche essere il giorno in cui si sciolgono le Camere.

Il Viminale. È noto che Mattarella (ma non solo lui) non gradisce l’idea che sia Matteo Salvini, mentre si candida a presidente del Consiglio, a gestire le operazioni di voto dal ministero dell’Interno, magari approfittandone per farsi campagna elettorale coi mezzi dello Stato. Il Colle potrebbe ovviare al problema, una volta dimesso Conte, nominando un governo nuovo per gestire il voto. Ieri, però, lo stesso Salvini ha aperto alla possibilità di una rinuncia volontaria: “L’importante è che le elezioni ci siano, poi se le gestisce qualcun altro sono pure più contento perché avrò più tempo”.

Le urne. Se alla fine non verrà fuori una “accozzaglia” capace di tenere in piedi la legislatura, si voterà in autunno per la prima volta dal 1919. Il 27 ottobre è la data più accreditata, anche perché si vota già per le Regionali in Umbria. La legge prevede che le elezioni vengano convocate tra 45 e 70 giorni dal momento dello scioglimento: visto il meccanismo farraginoso del voto all’estero, però, servono almeno due mesi di tempo. Tradotto: se si scioglie entro il 27 agosto si può votare a fine ottobre, altrimenti il voto potrebbe slittare a novembre.