“L’industria delle cave: da necessità per l’economia a opportunità per il territorio”: a Vicenza evento organizzato da Confindustria e Cavatori del Veneto

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Il Veneto è la seconda regione in Italia per presenza di siti estrattivi. L’industria delle cave genera un valore di 495 milioni di euro e ne distribuisce per 429 milioni. Estremamente rilevante l’impatto per l’economia locale: il 70% degli acquisti e il 75% del fatturato è legato all’ambito regionale.

Il settore estrattivo, che è alla base di tutta la filiera delle costruzioni e dell’industria, è strategico sotto molteplici punti di vista: dalle infrastrutture e l’edilizia, al recupero dei materiali e la gestione dei rifiuti e, non ultimo, per il ruolo che i siti di cava giocano per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per le azioni di contrasto alle emergenze idriche. Per questo motivo deve essere valorizzato attraverso il giusto equilibrio tra interessi ambientali e sviluppo economico.

Di questi temi si è occupato l’incontro, che si è tenuto a Vicenza presso Palazzo Bonin Longare, organizzato da Confindustria Veneto e l’Albo Cavatori del Veneto a cui hanno partecipato: Elisabetta Mainetti (Presidente Albo Cavatori del Veneto), Silvia Oliva (Fondazione Nord Est), Stefano Pasinato (Referente attività estrattive Confindustria Veneto), Silvia Rizzotto (Presidente Seconda Commissione del Consiglio Regionale del Veneto), Elena Donazzan (Assessore al Lavoro della Regione Veneto), con un intervento di Adolfo Urso (Ministro delle Imprese e del Made in Italy).

I commenti

Elisabetta Mainetti, Presidente Albo Cavatori del Veneto: “Vogliamo presentare le opportunità per l’economia e il territorio che l’industria estrattiva è in grado di generarePossiamo dare un contributo importante all’ambiente e alla comunità, diventando partner nella definizione della strategia dei fabbisogni di materiali, necessari per tutta la catena costruttiva e l’indotto dell’edilizia, e nell’esecuzione di grandi opere infrastrutturali. Il materiale estratto dalle cave è ancora essenziale a molti settori della nostra economia, a partire dalle costruzioni”.

Stefano Pasinato, referente attività estrattive Confindustria Veneto: “I dati di oggi mostrano come l’Industria Estrattiva rappresenti un settore di pubblica utilità, di traino per le costruzioni e strategico per le filiere collegatePer questo settore, inoltre, è in corso una transizione vera e propria che ha spostato il piano delle discussioni sui nuovi temi delle economie circolari, dei cambiamenti climatici, degli aspetti socio-economici e della digitalizzazione. Su questi temi, la partita è aperta, nel senso che il nostro settore è in grado produrre diversi effetti positivi, con una valenza generale e su ampia scala. Questa partita si giocherà soprattutto su come l’attività estrattiva sarà interpretata e gestita dalle varie Imprese; su come il Legislatore interpreterà e normerà questo settore, soprattutto in termini di vincoli; e su come gli effetti di questo settore saranno percepiti dall’opinione pubblica. Le Imprese sono pronte a fare la loro parte”.

Elena Donazzan, Assessore al Lavoro della Regione Veneto: “Un settore rilevante per l’economia del territorio, che ha un impatto ambientale che abbisogna di sempre maggiori competenze, di formazione di qualità sia dal punto di vista della conoscenza che della sua declinazione pratica e operativa. Un segmento della formazione specialistica che in questi anni in Veneto ha saputo veramente fare un salto di qualità significativo, sfruttando anche i tempi di calo del lavoro, facendo i conti con un approccio superficiale e ideologico da cui guardarsi e la cui risposta più efficace è la qualità del lavoro e della formazione dedicata“.

Silvia Rizzotto, Presidente Seconda Commissione del Consiglio Regionale del Veneto: “Le cave rappresentano da anni un asset importante per l’economia del Paese. Basta che pensiamo al settore dell’edilizia e a prodotti come ghiaia e sabbia, strategici per un comparto, quello edilizio appunto, che ha fatto da architrave allo sviluppo economico del nostro Paese. Anche le cave, però, al pari di tante altre attività economiche, hanno bisogno di riconvertirsi guardando il mondo esterno, il nuovo contesto politico, economico e culturale. È innegabile, a prescindere dal punto di vista con si osserva il tema e dalla prospettiva che si immagina, che le politiche green hanno e avranno sempre una attenzione maggiore nell’agenda politica. Molto meglio, dunque, cercare da subito di pensare a degli eventuali scenari di riconversione come il fotovoltaico galleggiante o i bacini idrici. Due esempi tra una molteplicità di possibilità e sulle quali discuteremo, con gli operatori del settore, anche e soprattutto in visione della prossima revisione del PRAC. La sua approvazione nel 2018 è stata strategica per dare al settore un punto legislativo fermo. Ora però, lavoreremo in sinergia per pianificare il futuro”.

MESSAGGIO DEL MINISTRO ADOLFO URSO PER L’EVENTO “L’INDUSTRIA DELLE CAVE”
Ringrazio i Cavatori del Veneto e Confindustria Veneto per l’invito a questa giornata cui non posso prendere parte per impegni istituzionali e saluto le autorità e i partecipanti ai lavori odierni in cui dato spazio a un settore sempre più indispensabile alla nostra politica industriale.
Il Covid prima e il conflitto in Ucraina poi hanno messo in luce la fragilità della globalizzazione che, in nome dell’efficienza, ha sacrificato troppo spesso la nostra indipendenza strategica. Oggi è in corso una riflessione profonda che impone a tutti di rivedere il modello produttivo, a cominciare dalla gestione degli approvvigionamenti delle materie prime, non più demandabile in via esclusiva a un numero ristretto di paesi terzi.
Il Governo si è da subito adoperato su questo fronte.
Ci siamo fatti promotori, insieme a Francia e Germania, di un tavolo dedicato alle terre rare riuscendo a superare il tradizionale asse Berlino-Parigi che ci vedeva esclusi dalle decisioni strategiche. Oggi il nostro Paese fa parte in pianta stabile del consesso europeo grazie al dialogo costante e proficuo con Le Maire e Habeck sui principali dossier, sui quali siamo stati spesso gli apripista, incluse le materie critiche.
La strategia europea va di pari passo con quella italiana: insieme al ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, stiamo già aggiornando le mappe minerarie del Paese per arrivare a concedere le concessioni in tempi ragionevoli visto che per avere l’autorizzazione a estrarre adesso occorrono 15 anni in Europa, 7 negli Stati Uniti, 2 in Canada e 3 mesi in Cina.
Se vogliamo essere competitivi dobbiamo rivedere l’impianto delle autorizzazioni e delle concessioni, anche per quanto riguarda le miniere delle materie prime da cava, sempre più importanti per la nostra economia, nel pieno rispetto di ambiente e paesaggio, patrimonio nazionale. Siete infatti alla base della produzione di molte filiere, a cominciare dal comparto delle costruzioni sempre più in crescita, grazie ai grandi progetti infrastrutturali finanziati dal PNRR.
Il settore estrattivo e minerario italiano può rivendicare una posizione di vantaggio circa le metodiche in grado di minimizzare gli impatti ambientali perché, anche in questo settore, riusciamo a offrire soluzioni sostenibili per l’ambiente.
Come Ministro del Made in Italy sono impegnato anche sul tema della promozione delle eccellenze e dei prodotti italiani e, in particolare, attraverso il DDL per il Made in Italy, vorrei venissero valorizzati ulteriormente i prodotti lapidei così da rafforzare ulteriormente i vostri successi registrati anche sui mercati internazionali.
Grazie

Adolfo Urso

Lo studio “Il sistema delle cave in Veneto”

Con l’obiettivo di fare chiarezza sul ruolo del settore estrattivo, proponendosi come partner attivi e propositivi verso la Regione Veneto, è stato presentato lo studio “Il sistema delle cave in Veneto”, realizzato dalla Fondazione Nord Est, che ha misurato il peso dell’industria e dell’indotto generato, individuando i filoni che ne stanno tracciando l’evoluzione (es. sostenibilità, investimenti in nuove tecnologie, automazione e sicurezza).

Con 351 siti attivi al 2020, il Veneto è la seconda regione in Italia per presenza di siti estrattivi per una produzione di oltre 6 milioni di metri cubi che genera circa 241 milioni di euro di fatturato e 90 milioni di valore aggiunto, grazie anche ad investimenti per 108 milioni.

Data la rilevanza delle cifre, Fondazione Nord Est ha elaborato una stima del settore e del valore economico generato e distribuito sul territorio: le imprese estrattive venete hanno realizzato un valore della produzione di circa 492 milioni di euro nel 2021 (+16% sul 2020), 70 milioni di EBITDA (+38,2%) e 17,5 milioni di utili (+18,8%). Ne deriva un valore economico direttamente generato vicino ai 495 milioni di euro; e distribuito pari a 429 milioni (per il 72,5% ai fornitori e per il 12,5% ai collaboratori). Agli enti locali sono tornati circa 4,7 milioni di euro, sotto forma di canone per l’attività estrattiva (4,1 milioni ai Comuni, oltre 600 mila euro alla Regione).

Il principale ambito di attività dei cavatori veneti è quello dell’estrazione di sabbia e ghiaia (c.a. 1,7 milioni di metri cubi estratti nel 2022), seguito da quello del calcare (c.a. 493 mila metri cubi). La quasi totalità delle imprese estrae e lavora un unico materiale. Oltre un terzo delle imprese (36%) utilizza o vende materiale riciclato.

La strategicità del settore per l’economia locale è ben visibile, in quanto il 70% degli acquisti e il 75% del fatturato si lega all’ambito regionale.

L’indagine ha analizzato anche alcuni temi rilevanti per il settore estrattivo veneto. Oggi, infatti, c’è un’attenzione crescente verso i temi del riciclo, della cura del territorio, del rispetto delle comunità e più in generale della riduzione dell’impatto sull’ambiente, che passa attraverso una legislazione più stringente, ma anche per scelte imprenditoriali specifiche. Le cave devono e possono contribuire in modo significativo a questo processo con un effetto benefico anche sui settori a valle.

  • La possibilità di aprire nuove cave e sviluppare gli insediamenti e la filiera industriale: L’attuale dimensionamento del «Piano Regionale delle Attività di Cava» non consente ulteriori autorizzazioni per l’estrazione di inerti che comunque hanno un limite concessorio di 10 anni, rinnovabili al massimo per altri 5.
  • La dimensione industriale del settore: la rilevanza degli investimenti necessari e di quelli in tecnologia, i rischi d’impresa, i costi della gestione, le difficoltà nella ricerca di personale.
  • La consapevolezza dei rischi per il territorio e del proprio ruolo nelle filiere industriali: sono molteplici i prodotti e gli ambiti in cui si utilizzano i materiali provenienti dalle cave (es. calcestruzzo per l’edilizia, asfalto per le strade, calcio-magnesio per l’acciaio). Vengono utilizzati sempre più macchinari automatizzati per ridurre i rischi per i lavoratori, i costi di produzione e i tempi. Il settore ricorre in maniera significativa alla consulenza geologica, sulla sicurezza, per le analisi bio-chimiche, per le questioni ambientale (certificazioni, rilascio di permessi) e ad ingegneri per l’automazione e il controllo delle macchine.
  • Una nuova generazione di cavatori più attenta all’ambiente e alla comunità: si sta affermando una nuova mentalità che mette al centro la sostenibilità (es. riuso dei materiali, riduzione dei tempi di percorrenza e delle emissioni). Sono allo studio progetti per il quasi totale riciclo dell’acqua per le nuove fasi di estrazione e lavorazione dei materiali, così come progetti di fotovoltaico a terra. Inoltre, un’azienda veneta sta realizzando un progetto di ricerca sulla carbonatazione con l’Università di Padova per riempire il vuoto lasciato dalle cave, riempiendolo con materiale che assorba la CO2.
  • La questione del materiale riciclato: negli anni è cambiata la mentalità dei cavatori e oggi si tende a preservare il più possibile la risorsa naturale, recuperandola; e ad avere una cava abbinata ad un’attività di recupero di rifiuti inerti. Siamo però di fronte ad un paradosso normativo, perché da un lato si stabiliscono norme e incentivi per l’utilizzo di materiale di riciclo e, dall’altro, esistono dei limiti alla possibilità di integrare materiale vergine e materiale riciclato, oltre ad una certa avversione alla qualità di prodotti derivanti da questi processi di riciclo.