Mamme no Pfas, la battaglia dal Veneto sbarca a Bruxelles

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Dopo la campagna europea, l’umore è alto. Sono sbarcate il 20 giugno a tarda sera a Treviso le 35

mamme no Pfas partite da molti dei comuni veneti contaminati dagli acidi perfiuoroalchilici al centro di uno dei maggiori casi di inquinamento ambientale in atto in Italia con 350mila cittadini coinvolti. A Bruxelles si sono immerse in conferenze stampa e incontri con europarlamentari di tutti i colori per sensibilizzarli sullo stop necessario a questi inquinati emergenti,


Nati per impermeabilizzare tessuti e rendere antiaderenti le pentole si sono rivelati potenti interferenti a livello di metabolismo, collegati con malattie cardiovascolari, gravi disturbi in gravidanza e, secondo alcuni studi, anche a tumori del rene e del testicolo. «Anche all’Europa abbiamo chiesto di agire secondo il principio di precauzione – spiega Michela Piccoli, mamma di Lonigo, con l’inseparabile maglietta su cui riporta gli 89 nanogrammi diPfas per millilitro di sangue della figlia Maria -. Serve un limite comunitario a zero Pfas nell’acqua potabile e soprattutto serve che queste sostanze vengano testate da commissioni terze su animali e uomini prima di entrare in produzione. Su questo niente autocertificazioni». Al centro dell’attenzione è la Diretti va sull’acqua potabile che a settembre verrà discussa in commissione Ambiente e a novembre nella plenaria di Strasburgo. Prima di diventare operativo il testo, che al momento porta valori ben superiori a quelli imposti mesi fa dalla Regione Veneto, dovrà passare al vaglio anche del Consiglio (e quindi degli Stati europei) e della commissione. «Sappiamo che il percorso sarà lungo – aggiunge Giovanna Dal Lago -. Nessuno ci ha dato garanzie, ma promesse di impegno sì. Da parte nostra non smetteremo di fare pressione sui decisori». Tra gli interlocutori delle mamme Mara Bizzotto, capogruppo della Lega a Bruxelles e membro della commissione, che ha presentato un emendamento per avere acqua potabile `Pfas zero” in quella che definisce una «battaglia di civiltà». E poi lancia un appello a tutti i partiti e ai gruppi del Parlamento europeo perché «appoggino i nostri emendamenti senza cedere alle pressioni delle lobby». Sarà determinate il voto dei Popolari e dei Socialisti e democratici, nelle cui fila siede Damiano Zoffoli (Pd), anch’egli commissario, che nel suo emendamento prevede limiti in linea con il Veneto. «Ricordo tuttavia – aggiunge – che la norme europee consentono agli Stati e alle loro articolazioni di introdurre limiti migliorativi, quindi i limiti voluti dalla Regione rimaranno comunque in vigore».

Nel frattempo, il commissario all’emergenza Pfas Nicola dell’Acqua continua il suo lavoro per la costruzione dei nuovi acquedotti per portare acqua pulita nella zona rossa. «Proprio oggi (ieri per chi legge, ndr) ho inviato alla Protezione civile, che ieri ha incontrato i soggetti attuatori, il piano. I progetti sono in fase avanzata». A breve dunque i tre bracci di acquedotto da ovest, nord e sud (36 km in tutto) saranno cantierati con i 56 milioni di euro stanziati dal Governo Gentiloni.

Assume invece controrni diversi il caso delle vongole del Delta del Po prelevate al mercato ittico di Milano risultate contaminate (31 nanogrammi di Pfoa per grammo di polpa) in uno studio condotto da un pool di ricercatori dell’Università di Milano. Le cronache locali ha messo in grave agitazione il Consorzio delle cooperative dei pescatori del Polesine (1.500 allevatori, 9mila tonnellate di vongole all’anno), il più grande d’Italia. L’allarme per il dato rimane, ma dai documenti del Dipartimento di scienze veterinarie perla salute, la produzione animale e la sicurezza alimentare, risulta evidente che non si tratta diuna ricerca statistica e geolocalizzata della contaminazione, bensì il semplice raffronto tra cozze e vongole. Campionatura troppo generica e scarsa per poter trarre conclusioni sul vero stato della contaminazione dei mitili. Ma il vecchio studio Cnr datato 2013 va aggiornato.

Torna al centro dell’attenzione Miteni Spa, l’azienda chimica vicentina di Trissino, da cui sarebbe partita la contaminazione secondo Arpav e procura di Vicenza. Mentre i magistrati continuano le indagini per disastro ambientale a carico dell’azienda che un mese fa ha fatto domanda di concordato al tribunale berico, da una delibera della Giunta regionale pubblicata nel Bollettino ufficiale due giorni fa emerge come le barriera idrauliche non riescano a bloccare il flusso di Pfas in uscita dal sito di Miteni. Per questo è stato conferito al professor Giovanni Beretta, geologo dell’Università di Milano, una consulenza per studiare l’assetto idrogeologico sotterraneo in vista della bonifica. Costo 23mila euro. Soldi che la Regione intende recuperare costituendosi parte civile nell’eventuale processo.

 

di Luca Bortoli, da Avvenire