Le collezione di statue del Museo Archeologico Nazionale di Formia

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Museo Archeologico Nazionale di Formia. Credits: Direzione Regionale Lazio.
Museo Archeologico Nazionale di Formia. Credits: Direzione Regionale Lazio.

A due passi dalla Villa Comunale Umberto I e dal porto, immerso nella frenetica vita cittadina di tutti i giorni, il Museo Archeologico Nazionale di Formia custodisce reperti antichissimi, datati anche I secolo a.C., in prevalenza statue di carattere onorario che aiutano a non dimenticare i membri più illustri dell’antica società formiana.

Il sito si trova, per l’esattezza, in Via Vitruvio 184, accanto al Municipio e di fronte la bellissima Piazza Vittoria, con il mare a cornice: si tratta, anzi, proprio dell’ala meridionale (a piano terra) del settecentesco Palazzo Municipale chiamata “Stalloni dei Borbone“, come ricordato dal Polo Museale Lazio (da dicembre 2019 divenuto Direzione Regionale Musei Lazio) che lo gestisce, per conto del MiC (Ministero della cultura), dal 2014.

Storia e percorsi culturali – Il Museo Archeologico Nazionale di Formia è stato realizzato nel 1997 come ampliamento di un precedente Antiquarium del 1968: fu l’occasione per riorganizzare e arricchire l’intero sito dopo i danni subiti, durante la guerra, da una sede civica degli anni ’30 che era rimasta praticamente distrutta.

Museo archeologico nazionale di Formia
Museo Archeologico Nazionale di Formia. Credits: pagina Facebook ufficiale.

La collezione che oggi possiamo ammirare all’interno delle sue sale si compone principalmente di sculture risalenti al periodo più florido dell’antica Formiae (tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.), anche se non mancano diversi interessanti resti di affreschi che raccontano i gusti e la vita dei formiani dell’era romana e alcuni elementi architettonici, come una serie di capitelli provenienti da contesti pubblici e privati. Statue e busti rappresentano donne e uomini importanti e appartenenti alla famiglia imperiale e ci mettono in contatto, duemila anni dopo, con le loro fattezze e la loro storia: molti di questi reperti sono stati rinvenuti negli anni ’20 presso la vicina Piazza Mattej, un tempo foro romano della città, e sono da poco tornati “a casa” dopo essere stati ospitati dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Purtroppo non tutte le opere ci sono pervenute complete, ma quei corpi e quei volti raccontano all’uomo moderno chi fossero patroni, magistrati e persino personaggi del calibro di Gaio Cesare (nipote ed erede designato da Augusto, prematuramente scomparso nel 4 d.C.), passando per elementi più mistici (come la statua sacrificante) e ordinari (come le due figure panneggiate femminili, la testa velata di giovinetto e il ritratto di una donna anziana).

L’aspetto “ultraterreno”, in realtà, è ben rappresentato anche da alcuni elementi architettonici e rinvenimenti riferibili alla sfera funeraria: il museo, infatti, ospita delle importanti raffigurazioni di divinità e soggetti mitologici che, secondo gli studiosi, decoravano le lussuose ville marittime che sorgevano lungo la Riviera di Ulisse.

Ma, per chi ha voglia di godersi tutti i particolari, c’è un corredo di piccole cose da scrutare per immergersi a 360 gradi nella Formia antica.

All’ingresso, ad esempio, è possibile consultare un’ipotesi ricostruttiva di Formiae in età imperiale, accompagnata da una selezione di anfore (provenienti sia da recuperi terrestri che subacquei) molto comuni tra il II e il I secolo a.C. per il trasporto del vino in tutto il bacino del Mediterraneo. Nella galleria interna, che si accoda alle tre sale tematiche dove sono esposti nudi maschili ed eroici e figure femminili – anche di chiara ispirazione greca -, oltre a diversi affreschi e ad un’erma raffigurante Apollo, merita una menzione il gruppo di “Leda e il cigno” (proveniente dai criptoportici di Piazza della Vittoria e datato I secolo d.C.), anche in questo caso copia di un originale greco che raffigura il mito dell’amore tra Leda (purtroppo oggi priva di testa) e Zeus nelle sembianze di un cigno.

Un salto indietro nella storia di oltre duemila anni.