Occhi sul mondo. Onu svuota petroliera Safer in Yemen e sventa disastro, rappresentante saudita in Palestina, procuratori afgani rischiano vita

861
Petroliera Safer svuotata; primo rappresentante saudita in Palestina; i procuratori in Afghanistan rischiano la vita
Petroliera Safer svuotata; primo rappresentante saudita in Palestina; i procuratori in Afghanistan rischiano la vita

Occhi sul mondo: la petroliera Safer è stata svuotata evitando un possibile disastro ambientale; la Palestina ha il suo primo rappresentante saudita, ma per Israele è solo una facciata; i procuratori in Afghanistan sono in pericolo perché le leggi non esistono più.

Safer messa in sicurezza, l’ONU sventa un disastro ambientale

L’Onu è riuscita a portare a termine un’operazione per salvaguardare l’ambiente, evitando un possibile disastro. L’impresa è iniziata il 25 luglio, quando le Nazioni Unite hanno iniziato il trasferimento da nave a nave del petrolio che si trovava ancora all’interno della SFO Safer. La petroliera era stata abbandonata nel 2015 allo scoppio della guerra in Yemen ma era ancora ormeggiata a 6 chilometri dai porti del Mar Rosso di Hodeida e Ras Issa. Quest’area è controllata dai ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran, che sono in guerra contro il governo yemenita.

La Safer, costruita in Giappone nel 1976, veniva utilizzata come impianto di stoccaggio e scarico del petrolio, ma fu abbandonata per l’assenza di manutenzione. All’interno però c’erano ancora un milione di barili di oro nero con il rischio di esplosione o di fuoriuscita, che avrebbe causato un disastro ambientale. La petroliera conteneva 4 volte la quantità contenuta dalla Exxon Valdez, la nave cisterna che si incagliò in una scogliera dello stretto di Prince William. Accadde nel 1989 e disperse in mare oltre 40 milioni di litri di petrolio. L’operazione ha richiesto circa 20 milioni di dollari, raccolti dalle donazioni, ma adesso che tutto il combustibile è stato trasferito sulla MOST Yemen si è evitato un disastro ambientale ed umanitario.

La Palestina “accoglie” il primo rappresentante saudita, ma per Israele è solo una facciata

Nayef Al-Sudairi è il primo rappresentante saudita presso l’amministrazione palestinese della Cisgiordania. Di fatto, l’Arabia saudita riconosce lo Stato Palestinese tra Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est. Ma questi territori furono incorporati da Israele nella guerra dei sette giorni del 1967 contro Egitto, Giordania e Siria. Questa nomina servirebbe per garantire un trattamento migliore ai palestinesi anche in previsione di possibili futuri accordi. Si ipotizza una convenzione a 3 tra Israele, Palestina e Stati Uniti con Washington che potrebbe offrire sostegno militare e aiuti per il programma nucleare del Paese mentre Gerusalemme darà qualche concessione allo Stato palestinese.

Il Ministro degli Esteri di Israele, Eli Cohen, ha dichiarato che la nomina del rappresentante saudita è solo uno stratagemma. In questo modo il popolo palestinese non si sente dimenticato, mentre Israele stabilisce relazioni diplomatiche con il mondo arabo. Ad Egitto e Giordania, che riconoscono lo Stato ebraico rispettivamente dal 1979 e 1994, si sono, infatti, aggiunti gli Emirati Arabi Uniti e Bahrein con gli Accordi di Abramo.

I procuratori in Afghanistan rischiano la vita, le leggi non valgono più

I talebani il 15 agosto 2021 entrarono a Kabul e presero il potere. La loro offensiva iniziò il 1° di maggio, dopo il ritiro delle truppe statunitensi su ordine di Joe Biden. Quando furono alle porte della città, il Presidente Ashraf Ghani scappò per rifugiarsi negli Emirati Arabi Uniti. Con loro al potere si scatenarono diverse proteste, soprattutto per i diritti delle donne, ma vennero tutte represse con la forza. Di fatto, i talebani sono portatori dell’ideale politico-religioso che vorrebbe recuperare il portato culturale, sociale, giuridico ed economico dell’Islam. Ciò va contro i diritti fondamentali, hanno applicato un’apartheid di genere. L’attivista per i diritti umani Fariha Esar ha dichiarato: “Non rinunceremo al nostro diritto all’istruzione, al lavoro e alla partecipazione politica e sociale”.

Non solo le donne sono in pericolo con il nuovo regime, anche i procuratori e i membri dei loro staff sono stati minacciati dai Talebani. Negli ultimi due anni sono stati uccisi 28 procuratori con le loro famiglie . L’APA-AF si sta impegnando nel raccogliere donazioni per riuscire a far scappare i rappresentanti legali più a rischio. In pericolo sono soprattutto quelli addestrati da Stati Uniti, Regno Unito e nazioni alleate. Ma, quando i talebani presero il potere rilasciarono tutti i criminali, lasciandoli liberi in cerca di vendetta. Najia Mahmodi, ex procuratore capo dell’ufficio del procuratore generale ha dichiarato: “Quelle istituzioni e quelle leggi non esistono più… Uomini e donne che lavoravano come avvocati, procuratori e giudici non possono più esistere. Non c’è nessuno che difenda le ingiustizie e i nostri colleghi sono lasciati vulnerabili ai criminali in cerca di vendetta””.


Qui gli articoli della rubrica “Occhi sul mondo”