Coronavirus e voto a distanza, dibattito tra costituzionalisti con Brescia (M5S): per il sì Curreri, Lupo e Trucco, contrari Lippolis, Luciani e Calvano

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Con le restrizioni sui “contatti sociali” imposte dal Coronavirus il Parlamento deve capire come continuare la sua attività fondamentale per la nostra democrazia mantenendo i parametri di sicurezza.

Come anticipato da VicenzaPiù, che sul tema ha anche interrogato” i parlamentari veneti ottenendo risposte dai deputati Covolo, Zanettin, Pretto e Zardini, tutti favorevoli al lavori a distanza, alle 16 di oggi la Camera si è interrogata, ovviamente non fisicamente ma in diretta Facebook, sulla possibilità di adottare il voto digitale per poter continuare a svolgere le attività parlamentari nonostante l’emergenza (a breve vi proporremo anche il video integrale, ndr).

I partecipanti al dibattito
I partecipanti al dibattito

Il dibattito, che fa parte del ciclo di incontri Parlamento aperto: a distanza o in presenza?, è stato promosso dal Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera Giuseppe Brescia (M5S) e ha visto la partecipazione di sei accademici in materia costituzionale che si sono confrontati sulla legittimità o meno del voto digitale all’interno per il nostro ordinamento istituzionale.

Il dibattito ha visto schierati per il sì al voto a distanza il professor Salvatore Curreri, associato di Diritto Costituzionale all’Università ‘Kore’ di Enna, il professor Nicola Lupo, ordinario di Diritto delle assemblee elettive presso la Luiss Guido Carli in Roma e Consigliere parlamentare presso la Camera dei Deputati, e la professoressa Lara Trucco, ordinaria di Diritto costituzionale presso l’Università di Genova.

L’incontro ha visto invece schierarsi per il no i professori Vincenzo Lippolis, ordinario di Diritto pubblico comparato presso l’Università UNINT di Roma e Vicesegretario generale della Camera dei Deputati, Massimo Luciani, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università La Sapienza di Roma, e Roberta Calvano, ordinaria di Diritto costituzionale presso l’Università di Roma Unitelma Sapienza.

Il dibattito ha riguardato, in particolare, l’art. 64 della Costituzione nel comma terzo: “le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale”.

I costituzionalisti a favore del sì hanno infatti sostenuto l’interpretazione dell’articolo in chiave “evoluzionistica”, intendendo quindi costituzionale la “presenza” dei deputati in via telematica. Unica riserva è stata avanzata dalla professoressa Trucco che esclude dal voto online le votazioni segrete e quelle di carattere “simbolico” e ammette solo i voti con funzioni deliberative.

Il professor Curreri, con riferimento al voto online, richiama i casi di Spagna e Inghilterra, Paesi che già da alcuni anni prevedono il voto per via digitale in casi di necessità (maternità, infermità fisica). In particolare in Spagna la modalità telematica è stata utilizzata lo scorso 25 marzo per votare lo stato di emergenza proposto dal governo.

Fino ad ora il Parlamento italiano ha adottato il sistema inglese del pairing, ovvero della presenza in aula a ranghi ridotti.

I sostenitori del sì, inoltre, sostengono la possibilità di convertire i decreti-legge con Commissione in sede deliberante, quindi escludendo l’intervento dell’Assemblea: «Cerchiamo di valorizzare i lavori della Commissione» ha dichiarato Curreri.

La possibilità però è stata bocciata dai contrari al voto digitale per i deputati: «Soluzioni estemporanee preoccupanti» le definisce la prof.ssa Calvano, sostenendo che soluzioni di questo tipo rischiano di minare le funzioni basilari di controllo del Parlamento.

Altro punto su cui le posizioni sono divergenti è proprio l’interpretazione dell’articolo 64, il nocciolo della questione. Con il voto a distanza verrebbero meno la presenza in sede di delibera e la pubblicità delle sedute parlamentari, «concetti insostituibili» spiega la prof.ssa Calvano.

Sembra, invece, esserci stata una convergenza nella proposta di riunire le camere in spazi più ampi, in modo da mantenere le distanze di sicurezza. «Il Senato si riunisca nell’aula di Montecitorio, dove le distanze possono essere mantenute, e la Camera si riunisca nelle camere contemporaneamente di Montecitorio e Palazzo Madama», propone il professor Curreri. Proposta accettata anche dal professor Luciani, sostenitore del no, che riconosce l’assenza di collegamento tra Assemblea e immobile nella quale si riunisce.

Qui gli interventi di parlamentari vicentini e veneti sul voto a distanza

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