Quando i Cinque stelle di governo fanno come gli odiati nemici: la figuraccia sulla SPV di Scarabel con Report

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Davanti alle telecamere di Report il consigliere regionale veneto Scarabel non è stato in grado di spiccicare una critica argomentata alla Spv. E la base denuncia la mutazione genetica del movimento

La figuraccia rimediata dal consigliere regionale veneto del M5S Simone Scarabel davanti alle telecamere di Report la dice lunga sul momento attraversato dai Cinque stelle. Il movimento dopo pochi mesi passati al governo si trova a dover dare conto non solo di promesse elettorali che fatica a mantenere, ma addirittura di cambi di rotta che potrebbero snaturare la natura dello stesso movimento: sempre che tale mutazione non sia già avvenuta come sostengono i più critici.

L?episodio andato in scena a Salzano nel Veneziano non è il primo e non sarà l?ultimo: c?è il Tap in Puglia davanti alla quale la componente pentastellata del governo, in una con la maggioranza ha dovuto ammettere (contrariamente a quanto promesso in campagna elettorale) che il no all?opera non è sostenibile per una precisa scelta di governo e di rapporti con gli altri partner internazionali. In Sicilia il Muos, la super-infrastruttura militare della Nato che tanto preoccupa ambientalisti e Cinque stelle, è sempre più vicina al fatidico sì del governo in cui, per inciso, la componente principale è il M5S.

Nel Veneto lo psicodramma principale si sta consumando sulla principale infrastruttura in cantiere in Italia, la Spv o Pedemontana veneta che dir si voglia. I Cinque stelle che hanno tre dicasteri chiave come Trasporti, Ambiente e Giustizia hanno solo l?imbarazzo della scelta per far fuori la Spresiano-Montecchio e ridisegnarla togliendo dalle mani dell?attuale concessionario privato, la Sis, il contratto per la realizzazione dell?opera e la sua gestione sottoscritto via via dalle giunte Galan, Zaia uno e Zaia due.

Un contratto che mette così a repentaglio la stabilità delle casse regionali (lo dice in primis la Corte dei conti) che potrebbe essere polverizzato in qualsiasi momento: con una legge, con un decreto ministeriale e relativa risoluzione del contratto in danno al concessionario Sis: oppure scatenando ispettori e magistratura i quali, chissà perché, continuano invece con la Spv con la serafica prudenza che li contraddistingue da mesi. Una prudenza che ricorda un po? la serafica ed altéra bonomìa con cui certe toghe vagliarono in passato le condotte di un manager abbastanza noto che risponde al nome di Gianni Zonin.

Intervistato dall?inviato di Report Luca Chianca, Scarabel (nella foto), tranne qualche ovvietà, è stato solo in grado di dire che il ministro «farà ciò che può fare». Neanche Arnaldo Forlani dei tempi peggiori sarebbe stato in grado di arrampicarsi sugli specchi in modo tanto goffo da fare addirittura tenerezza perché di fronte alle telecamere di Report, che poi è una delle bibbie del M5S, è parso più infilzato del San Sebastiano di Andrea Mantegna.

E di cose sensate invece quel giorno Scarabel avrebbe potuto dirne tante. Avrebbe potuto spiegare a che punto è davvero l?iter della Spv, se ci sono stati accordi specifici col Carroccio che oggi sono insormontabili. Se l?opera è in attesa del vaglio per l?ottemperanza ai requisiti ambientali previsti dalle norme nazionali. Avrebbe potuto spiegare quale sia lo stato dell?arte sui requisiti tecnico-professionali del responsabile del progetto. Avrebbe potuto spiegare come mai il parlamento su queste grandi opere non legiferi; avrebbe potuto spiegare come mai i parlamentari a Roma non hanno ancora rimosso dal codice degli appalti la norma «mafiogena» che permette il project financing. Avrebbe potuto spiegare che cosa, da qualche mese a questa parte, è davvero giunto sul tavolo del ministro dell?ambiente Sergio Costa.

Ma per farlo bisogna avere gli attributi. E soprattutto il coraggio delle proprie idee, magari le idee di chi la Spv sotto sotto la approva: perché a una parte dei veneti, quelli che non sanno che cosa ci sia dietro e sotto, quella strada piace. Magari sono le idee di chi a certe pretese di Confindustria pensa si debba dar comunque seguito: perché siamo pur sempre nel Veneto dove al primo gradino della scala gerarchica dell?umanità c?è chi intraprende anche se prende e basta.

E poi, dire come ha detto Scarabel, che non ci sono «le condizioni necessarie per parlare» mentre fino a pochi secondi prima quest?ultimo «con la telecamerina in mano» riprendeva i ribelli cattivi, non solo puzza di messaggio trasversale. Ma soprattutto ricopre di ridicolo la veste del consigliere che per di più è membro dell?ufficio di presidenza. Vi immaginate se a una assemblea di auto-convocati del M5S a Cinisello Balsamo, a Cazzago di Pianiga o a Fregene, si presentasse Luigi di Maio con la GoPro in testa in modo da poter filmare ciò che viene proferito dai ribelli «per non dover leggere verità alterate sui quotidiani»?

L?uomo sarebbe sfanculeggiato a destra e a manca. E non basterebbero due tir di Rocco Casalino per rifargli una verginità politico mediatica appena appena decente. Tanto che la critica, condita di sarcasmo è arrivata puntuale come un treno giapponese. ?Ma perché con la telecamerina non ci riprendi le riunioni con il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti della Lega??. Questo alla grezza il messaggio che gli ha mandato in differita il Covepa, uno dei comitati dai quali il M5S più ha attinto per sostanziare, quando ne ha avuto voglia, la critica alla Spv.

Ma soprattutto quel giorno a Salzano si sarebbe potuto discutere su quali siano i motivi dei mal di pancia che attraversano il M5S. Un attivista veneto assai noto, Ivaldo Vernelli, che sulla sua bacheca Facebook ha annunciato il suo addio, ha redatto un cahier de doléances assai dettagliato. Che può piacere o no. Ma che aveva lo spessore politico per essere discusso. Andare a quella riunione col guardiano elettronico nella fondina senza avere il coraggio di affrontare le critiche, ovvero contro-argomentando agli appunti mossi, dimostra una cosa. Una somiglianza che diventa giorno dopo giorno più percepibile a quei politici che per anni sono stati additati, in modo sacrosanto peraltro, al pubblico ludibrio.