Rimorchiare sul web? La psicosessuloga Alice Xotta spiega come proteggersi dalle insidie

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Nella nostra Provincia, a causa della crisi economica che perdura da qualche anno come nel resto d’Italia, molti locali e discoteche, anche note, hanno chiuso i battenti. Le persone hanno meno luoghi fisici di ritrovo e perciò si affidano spesso alle conoscenze on line. Per “rimorchiare” molti ricorrono a siti di incontri, app di chat on line, social ecc… La psicologa e sessuologa Alice Xotta, che si occupa nella nostra provincia anche di percorsi di formazione per diffondere la conoscenza del benessere corporeo e mentale nell’ambito della sessualità, risponde alle nostre domande su come sta cambiando l’approccio nell’intraprendere nuove relazioni di coppia.

Come cambia, per chi utilizza le modalità virtuali, il modo di conoscersi? Dal faccia a faccia alla “scatola chiusa”?

“Non credo che il fenomeno di dover ricorrere a siti e social network per conoscere qualcuno sia dovuto alla chiusura di molti locali, quanto piuttosto ad un cambiamento più profondo all’interno della società.  Oggi giorno viviamo in quella che Bauman definiva “società liquida”, nella quale il concetto di comunità perde di valore per far emergere un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada, ma antagonista di ciascuno. Ecco allora che posti di aggregazione comunemente intesi quali discoteche, piazze e bar perdono di attrattiva aumentando le distanze tra sé e gli altri. Il mondo del web permette di rispondere all’esigenza umana di relazione sociale restando in contatto con gli altri e cercando di standardizzarsi agli schemi comuni, ma allo stesso tempo permette di proteggersi nel proprio individualismo. Diffusa è la sensazione di frustrazione nel non sentirsi come gli altri, portando a una paradossale vendita della propria unicità sulla base di criteri comuni. Tutto si trasforma in merce, incluso l’essere umano con relazioni usa e getta.

Conoscersi reciprocamente diventa difficile perché forte è l’interrogativo su quanto ogni persona conosca in primis sé stessa: mi piace un determinato modo di vestire perché lo sento mio o perché è di moda? Posto una determinata foto profilo perché mi rappresenta o perché così fan tutti? L’aspetto sicuramente più deviante è l’esigenza esasperata di mostrare soltanto il meglio di sé, senza mai potersi concedere un aspetto di umana fragilità, incertezza o dubbio. Ricordo che l’essere narcisisti significa portare con sé una profonda insicurezza che se non viene accolta dalla persona stessa difficilmente potrà essere accettata da un’altra persona.

Nonostante si parli di società globale, in cui è possibile essere sempre “connessi” in una rete virtuale, le persone sembrano sentirsi sempre più sole. Inoltre, in un mondo che ci vuole tutti efficienti e al passo con i tempi, la prestazione fa perdere di vista l’individuo. Ecco allora che presentarsi di persona ad un appuntamento “al buio” con qualcuno con cui magari abbiamo a lungo parlato via web e su cui ci siamo costruiti aspettative e desideri, non è tanto un rischio per quanto riguarda l’abbattimento di quest’ultimi, quanto piuttosto per tutte le idee che abbiamo promosso di noi stessi.

Nell’incontro faccia a faccia saremo veramente in grado di reggere la facciata ideale postata nel profilo facebook, instagram o twitter? E se ci tremasse la voce, se ci mancassero le parole o se semplicemente ci sentissimo annoiati dalla presenza di quella persona? Come potremmo uscirne? Forse questa sarebbe veramente l’esperienza da augurarsi: quella di cogliere il momento per conoscere un po’ più sé stessi tenendo a mente che, come siamo stati capaci di dire ciao e presentarci davanti a quella persona sconosciuta, beh allora sicuramente saremo in grado di farlo con una persona che ci colpisce alla fermata del bus, al lavoro o tra i banchi universitari come si faceva quando la rete non esisteva. Di certo in questi ultimi casi la persona avrebbe molte meno aspettative di chi tramite i social ci ha conosciuto per settimane se non per mesi prima di incontrarci e sentenziare dal vivo un “bene” o “male” con dei criteri probabilmente surreali piuttosto che reali”.

Quali pericoli, secondo lei, si possono incontrare? Quali insidie?

“Certo si sa, il mondo è pieno di insidie in generale, non soltanto nel mondo del web, ma se dobbiamo fare riferimento a quest’ultimo possiamo dire che l’universo virtuale permette di creare identità totalmente o parzialmente false per creare interazioni che con difficoltà si verificherebbero nella realtà offline. Cosa spinga una persona a nascondersi dietro un’identità diversa dalla propria è complesso da spiegare, ma uno dei primi obiettivi è sicuramente quello di staccarsi da uno status di insoddisfazione riguardante la propria vita reale per potersi elevarsi a un qualcosa di desiderato. Il fenomeno di sottrarre dati da profili di altre persone creandone uno proprio, emulato o inventato, ha preso il nome di cat-fish, letteralmente “pesce gatto”, individuando «quel soggetto che si finge qualcun altro per intraprendere una relazione con un soggetto sconosciuto on line, e che agisce, quindi, come un’esca che trae in inganno la vittima».

Questo è un fenomeno riscontrabile soprattutto all’interno di siti e applicazioni online dating, dove bisogna porre particolare attenzione alla linea sottile tra corteggiamento e adescamento. L’intento del “cat-fish” è quello di instaurare una storia sentimentale con l’altra persona, ma dato che non è possibile l’incontro reale a causa della falsa identità, la coppia conduce la propria vita secondo quelle che sono le aspettative di un legame sentimentale “off-line” per mesi se non per anni, fin quando la situazione diventa insostenibile portando allo svelamento dell’inganno. Ecco allora che una situazione che aveva fatto tanto star bene la vittima perché continuamente corteggiata e lusingata, in realtà ha poi l’effetto contrario portando la persona a buttarsi in un profondo sconforto che può provocare importanti danni emotivi danneggiandola nella vita personale e sociale.

Quando parliamo di questo fenomeno stiamo sicuramente facendo riferimento a qualcosa di estremo, una vera sfida del diritto in difesa delle vittime del cyberspazio, ma in modalità ridotte questa è la condizione generare di tutto l’universo social dove nelle app per appuntamenti molte persone trovano un luogo in cui riescono a esporre delle parti di sé generalmente inespresse o represse nella realtà concreta. Talvolta può accadere di essere vittime di una truffa, mentre in altri casi le persone percepiscano la situazione come insolita, ma nonostante ciò esse si convincono di fidarsi per rispondere a dei bisogni interni più profondi.

Sicuramente temono l’idea di trovarsi in pericolo, ma cadono in un autoinganno giustificando il loro comportamento con scusanti quali “beh mi sembra una brava persona”, “di qualcosa si deve pur morire” “ho controllato tutto il suo profilo e non mi sembra che ci sia nulla che non va”, “mi tratta sempre bene perché dovrebbe essere pericoloso?”. Questo fenomeno è definitivo con il termine “dissonanza cognitiva”, un fenomeno molto frequente che nella maggior parte delle situazioni viene applicato inconsapevolmente. Se la “dissonanza cognitiva” si abbina a fragilità personali ed esigenze del mondo social quali, bisogno di compagnia, ricerca di approvazione, sostegno alla propria autostima, combattere la solitudine etc., la situazione che viene a scaturirsi può essere pericolosa.

È importante quindi ricordare che per evitare certi tipi di incontro la prima cosa da fare è tutelare la propria privacy, riflettendo su cosa postare riguardo la propria persona, facendo ben attenzione a luoghi e dettagli che ci potrebbero rendere rintracciabili. Si sa, nel mondo web è molto difficile da gestire tutto ciò, ma i modi per proteggerci esistono: coprire alcune parti del nostro profilo, non pubblicare foto compromettenti, farsi accompagnare magari da un’amica al primo appuntamento e molte altre. Ricordiamo sempre che siamo noi a decidere chi far entrare nella nostra vita reale o virtuale che essa sia”.

Nonostante le persone sappiano che il mondo virtuale sia pieno di queste insidie e di profili non autentici, perché continuano ad aggiungere persone sconosciute pur di conoscere possibili nuovi o nuove pretendenti?

“Il mondo degli appuntamenti online è ormai una realtà molto diffusa in tutte le fasce d’età. Il gergo abbinato a famose applicazioni è entrato nel nostro quotidiano per aumentare le probabilità di piacere e di incontrare qualcuno che ci piaccia. Il “like” su Facebook, il cuore su Instagram, il cinguettio su Twitter, la storia, il commento, l’emoji: attraverso il pubblico di followers e possibili “matches” esisto anch’io.

Click, conoscenza, corteggiamento, incontro, relazione: è questo il breve iter che in poche mosse permette di instaurare storie di amicizie o amore che da intense chat diventano parti essenziali se non addirittura vitali per il singolo individuo che si sente di esistere maggiormente se costantemente connesso a quella fonte di rilevanza, considerazione e affetto. I Social Media producono un aumento di dopamina, il neurotrasmettitore che da una profonda sensazione di benessere come quando ascoltiamo musica, mangiamo il nostro cibo preferito o pratichiamo dell’attività sessuale.

Gli studi rivelano che il cervello è molto più attivo quando una persona parla di sé piuttosto di quando sta ascoltando l’esperienza altrui. Considerando che in uno scambio faccia a faccia l’opportunità di parlare di sé stessi è di circa il 30-40% del tempo, con i social questa percentuale aumenta all’80%. La stessa parte del cervello deputata all’orgasmo, alla motivazione e all’amore è stimolata quindi proprio dai social network e da tutto il mondo del web, soprattutto quando sappiamo di avere un pubblico ampio.

Aggiungere persone significa ampliare il pubblico che contribuisce a far innalzare il livello di dopamina portandoci a ripetere l’azione. Due partners tendono a piacersi di più se si incontrano prima online che tramite un’interazione diretta: indubbiamente ci si sente più liberi di esprimersi senza essere appesantiti dalla responsabilità di quello che si dichiara, le insicurezze scompaiono tra i tasti della tastiera, l’ansia sociale è un ricordo, lasciarsi andare e allo stesso tempo controllare l’altro inebria di un potere intriso di narcisismo.

Il mondo del web ha cambiato quindi la nostra comunicazione verbale ponendo più distanza fisica tra le persone, ma permettendo talvolta di essere più diretti che nella realtà o rispondendo all’esigenza di vicinanza in momenti distanza. Non credo che sia utile stigmatizzare il mondo del virtuale a priori, ma a noi resta il compito di capire quanto ci sia di vero in questo complesso universo, ricordando che tutte le facilitazioni che esso procura non devono comunque condurre a sostituire i momenti reali con quelli virtuali”.

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