Abolizione della clausola antifascista, l’opposizione unita: “screditata l’immagine della città”

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il pianto di Isabella Sala

Nel silenzio di un sindaco indifferente e con un’amministrazione che sbanda sempre più a destra, si scredita l’immagine della città di Vicenza e se ne cancella la storia“, questo l’incipit di un comunicato congiunto firmato da tutti i consiglieri comunali di opposizione Otello Dalla Rosa, Isabella Sala, Cristiano Spiller, Cristina Balbi, Alessandro Marchetti, Gianni Rolando, Alessandra Marobin, Giovanni Selmo, Sandro Pupillo, Ennio Tosetto, Raffaele Colombara, Ciro Asproso

La città di Vicenza ha vissuto ieri una triste pagina della sua storia. L’abolizione della clausola “antifascista” è l’atto che smaschera definitivamente un’amministrazione che si è presentata come civica per poi scivolare sempre più nelle braccia della destra più estrema. Un atto politico di cui il primo responsabile è il sindaco Rucco: chiuso in un silenzio che non si addice al suo ruolo, ha lasciato spazio alla campagna elettorale di Giovine e ha permesso che in Consiglio comunale si lacerasse e screditasse con dichiarazioni che disonorano la città, medaglia d’oro per la guerra di liberazione.

Oggi ricorre l’anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, brutalmente ucciso per aver avuto l’ardire di esprimere il suo libero pensiero in Parlamento, e della dichiarazione di guerra con cui il regime consegnava al massacro una nazione impreparata e imbevuta di propaganda. Ricordi del secolo scorso, ma che tragicamente rivivono in tanti episodi di cronaca quotidiana: le minacce di morte alla Senatrice Liliana Segre, l’imbrattamento dei memoriali della lotta di resistenza, le svastiche che compaiono sulle case degli ex deportati nei campi di sterminio, sono tutti segnali della presenza di un neofascismo che purtroppo rialza la testa in un contesto di grande indifferenza e distrazione.

Il tessuto sociale i questo momento è più fragile che mai, con una crisi economica che ancor più aggrava le paure e le preoccupazioni. Non era il momento di abolire questa clausola e il primo che lo doveva capire era il sindaco: nel suo alto ruolo istituzionale non avrebbe dovuto barattare la dignità della città con la campagna elettorale di un suo assessore.


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