Ambrosini: Bankitalia sapeva delle baciate BPVi dal 2012. Avv. Bettiol: danni ai soci dalla sua inerzia a favore di chi non meritava fiducia

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Da sx Claudio Ambrosini (ex BPVi) e Gennaro Sansone (Banca d'Italia)
Da sx Claudio Ambrosini (ex BPVi) e Gennaro Sansone (Banca d'Italia)

In data 11 febbraio 2020 e il 13 febbraio 2020 è stato sentito come testimone nel processo BPVi in corso a Vicenza nei confronti dei dirigenti di Banca Popolare di Vicenza, imputati di aggiotaggio, ostacolo alle funzioni di vigilanza e falso in prospetto, Claudio Ambrosini responsabile della Direzione Crediti Ordinari o della stessa Banca.

Fulcro delle imputazioni è il finanziamento fatto dalla Banca per l’acquisto delle proprie azioni per l’importo arrivato a superare il miliardo di euro nel 2015, quando la vicenda è emersa nella sua pienezza nel corso della ispezione della B.C.E. Va rilevato come il fenomeno sia in contrasto con l’art. 2358 C.C. che vieta, salvo particolari condizioni, il finanziamento per l’acquisto delle proprie azioni da parte della società. In ogni caso l’ammontare del finanziato va detratto dal patrimonio di vigilanza che la Banca deve avere. In parole semplici si tratta del patrimonio che deve essere mantenuto in relazione agli impegni a rischio della Banca. Deve esistere in altri termini un rapporto tra detto patrimonio e gli impieghi della Banca a copertura di possibili perdite.

Orbene, dichiara l’Ambrosini che nel corso dell’ispezione del 2012 che l’ispettore di Bankitalia Sansoni a luglio 2012 gli abbia fatto rilevare che nell’esaminare la pratica Cattaneo - Luisetto aveva constatato che l’ordine di acquisto delle azioni della Banca Popolare di Vicenza precedeva l’apertura di conto corrente, segno questo che ancora prima della delibera di affidamento c’era l’intenzione di comperare queste azioni. Al che l’Ambrosini viene a dirgli che per i primi clienti della Banca affidati, quelli più grossi, erano palesi queste tipologie di operazione. Aggiunge l’Ambrosini di avere detto che per i soci con gli affidamenti più elevati questa fenomenologia era praticamente usuale, perché i soci con fidi più elevati avevano questi affidamenti con percentuali del 100 % se non di poco inferiori, utilizzati per comperare azioni della Banca Popolare di Vicenza.

Su richiesta degli ispettori di Bankitalia viene, quindi, compilata in corso di ispezione del 2012 una lista con le pratiche di fido di trenta soci sulla quale l’altro dirigente Marin doveva confrontarsi con gli stessi. All’interno della lista vi erano 14 posizioni affidate e si trattava tutte quante di posizioni di capitale finanziato per percentuali rilevanti quindi del 100% o poco giù di lì. Il dr. Sansone sempre ad Ambrosini chiedeva quale fosse stata la provvista per comprare le azioni. Marin riferisce ad Ambrosini che gli ispettori avevano visto queste posizioni, in particolare avevano visto i movimenti di conto corrente sul P.C. su tre posizioni: Elan, Tesoro Savino e Bragagnolo Furio. Sempre nella riunione con gli ispettori era stata fatta anche l’interrogazione su alcune posizioni.

In risposta alle richieste di Sansone l’Ambrosini consegnò gli ordini di acquisto di alcune posizioni e successivamente di altre. Il giorno 5 luglio 2012 Ambrosini autorizza l’inserimento nella casella di Banca d’Italia della documentazione che Marin aveva mostrato agli ispettori.

Marin disse ad Ambrosini di aver parlato con gli ispettori. Il dr. Scardone ebbe a dire che il fenomeno del finanziamento per l’acquisto delle azioni era tipico delle banche popolari e che l’entità del fenomeno non destava particolari preoccupazioni.

L’Ambrosini, consegnando il richiesto ordine di acquisto della Elan, diceva che la società neocostituita con un capitale di 10 mila euro aveva ottenuto l’affidamento di 17 milioni e comperato azioni senza garanzie a supporto. Sansone ebbe a dire “che problemi si fa? Intanto potete compensare ai sensi dello statuto”.

Aggiunge l’Ambrosini che il gruppo di riferimento di Elan era Cattelan indicato nella pratica elettronica di fido. Nell’elenco dei primi 30 azionisti oltre alla Elan c’era la Cattelan Italia che aveva circa 20 milioni di finanziamenti correlati.

Nell’elenco dei 30 c’erano già 40 milioni di affidamenti correlati con il gruppo Cattelan che erano 20 milioni  per la Cattelan Italia, sui 17 milioni per la Elan e 3 milioni per la la Rolan, la controllante.

Ribadisce l’Ambrosini in sede di controesame che la lista dei 30 soci viene spedita al team ispettivo di Bankitalia in data 5 luglio 2012. In data 4 luglio Sansone aveva chiesto informazioni su Elan, Bragnagnolo Furio e Tesoro Savino chiedendo la consegna degli ordini di acquisto. Poi furono richiesti da Sansone le posizioni di Buffachi e Torzilli. Sansone disse che in cinque casi era stato fatto l’ordine di acquisto prima ancora della delibera del fido il che non era il massimo: si trattava di capitale finanziato.

Prosegue Ambrosini affermando che sui conti il team ispettivo aveva visto 27 posizioni di capitale finanziato. Su queste 27 posizioni c’erano 270 milioni di euro di azioni Banca Popolare di Vicenza, che erano finanziate per 236 milioni. L’87%, quindi, era finanziato. A questo punto va rilevato che nessuna conseguenza ha, peraltro, l’ispezione per la Banca d’Italia.

Sentito l’ispettore, Parascandolo dichiara anzi di avere richiesto l’archiviazione in seguito ad un esposto del 2013 di una organizzazione sindacale che denunciava il fenomeno del capitale finanziario.

Eppure, lo stesso dichiara (ud. 28/11/2019) la gravità del fenomeno delle c.d. baciate.

In pratica con dette operazioni si crea un capitale fittizio e quando nel secondario si finanziano gli acquisti si da un’immagine distorta della domanda di azioni, della liquidità, liquidabilità del titolo sia alle Autorità, che ai soci, che al mercato.

Nel luglio del 2012 la Banca d’Italia era dunque venuta a conoscere a voce e documentalmente della distorta pratica del finanziamento per l’acquisto delle proprie azioni ed anzi aveva in alcuni casi svolto delle indagini.

Tuttavia nessun provvedimento è stato preso. Anzi nel 2013 e nel 2014 sono stati autorizzati gli aumenti di capitale che poi hanno portato ad oltre un miliardo il fenomeno del finanziamento delle c.d. baciate.

Con riferimento all’ispezione del 2012 della Banca d’Italia non può, dunque, nemmeno parlarsi di negligente conduzione della stessa. Al contrario nel comportamento successivo si è trattato di una voluta inerzia diretta a favorire chi non meritava fiducia.

Le conseguenze nel tempo si sono rilevate: 2015 svalutazione delle azioni, 2017 liquidazione coatta.

Danno grave per i risparmiatori ingannati che potrebbero a ragione chiedere i danni anche a Bankitalia.

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