Asili alternativi presi d’assalto dai no vax, il reportage de laRepubblica dalla “collina di Valmarana (Altavilla) dove abita Roberto Baggio”

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Ore 12: pranzo al sacco seduti sui rami di un cedro secolare, vista orto bio e pollaio estensivo. I ventiquattro bambini mangiano il panino portato da casa e finiscono di costruire un riparo per il gioco del pomeriggio: tiro con l’arco, fatto da sé con i fusti di nocciolo. All’Asilo nel Bosco, aperto sulla collina di Valmarana dove abita l’ex calciatore Roberto Baggio, si vive all’aperto e nessuno sa se il compagno è vaccinato oppure no. Nessuna richiesta di certificati alle famiglie e totale libertà di scelta. 

«Ma non siamo la scorciatoia no vax – dice Giacomo Rumor, responsabile dei tre educatori – Io e i miei figli siamo vaccinati, senza la scienza la mia maggiore non si sarebbe salvata. Il fatto è che il nostro modello educativo, nato in Scandinavia, si fonda sugli insegnamenti della natura e precede di decenni l’attuale dibattito nazionale sull’obbligo vaccinale. Se una coppia mi chiede di iscrivere il figlio perché non vuole vaccinarlo, la risposta è no». Il fenomeno però, ancora sommerso, in Italia sta esplodendo proprio grazie al caos-vaccini che scuote la maggioranza Lega-M5S. «Se avessimo voluto cavalcare il business no vax – dice Davide Fattori, veronese, coordinatore dei dieci Asili nel Bosco del Nordest – nell’ultima settimana avremmo triplicato gli iscritti e saremmo diventati ricchi. Migliaia di famiglie cercano una scappatoia, anche all’autocertificazione. Per questo rifiutiamo l’etichetta di ribelli anti scienza e anti medicina. Qui molti bambini, figli di medici odi infermieri, sono iper-vaccinati. Per noi il punto è che al primo posto viene il bambino e che la responsabilità delle scelte che riguardano la sua salute spetta ai genitori. Noi ci occupiamo della sua crescita educativa e prima di tutto dobbiamo sapere se vorrà passare tre anni all’aperto, sempre e con ogni tempo».

Il boom degli asili alternativi anche all’obbligo vaccini è nei numeri. Oltre mille le «strutture fai da te» in Europa, un centinaio in Italia, tutte nate negli ultimi cinque anni. Non solo materne steineriane: nel silenzio ufficiale spopolano “gruppi genitoriali”, “home-school”, “tagesmutter”. Una miriade di strutture private accolgono i bambini grazie ad associazioni e cooperative di genitori che, sfruttando un buco legislativo, sfuggono agli obblighi dell’istruzione pubblica. Tutte, a partire degli Asili nel Bosco, oltre a proporre modelli innovativi lasciano libertà di scelta sui vaccini e non schedano gli iscritti. Dato ufficioso: 50% vaccinati e 50% no. «Formalmente – dice Fattori – è la famiglia ad essere socia della cooperativa. I bambini è come se andassero a giocare al parco. Noi poi non offriamo nemmeno una struttura d’accoglienza fissa. Gli iscritti accedono ad una t’urta (la tenda mongola, ndr) solo quando neve e gelo sono insopportabili. Per il resto, d’inverno, si arrangiano con cappotti e stivali. Non essendoci fisicamente una scuola, non dobbiamo seguire le direttive ministeriali. Se cambieranno, ci adegueremo». Dieci, nel Nordest, gli asili regolarmente aperti ai non vaccinati: tre in Trentino, sei in Veneto e uno in Emilia Romagna, a Bologna. Nessun titolo obbligatorio nemmeno per maestre ed educatori. E la corsa alle “materne parallele” è tale che neanche il prezzo è un problema. La retta media è tra i 250 e i 400 euro al mese, i pasti vanno portati da casa.
Ogni asilo conta tra i 10 e i 25 iscritti. «Non riceviamo fondi pubblici – dice Rumor – e il rapporto è di un maestro ogni otto bambini. Accogliamo tutti, senza distinzioni: vegetariani, immigrati, rom, atei, non vaccinati, purché curiosi degli insegnamenti della natura. Nel Nord Europa simili strutture, nate in Danimarca, sono parificate da anni, in Italia accadrà presto a furor di popolo». In Valpolicella le mamme dei bambini che hanno scelto il neonato Asilo nel Bosco assicurano che «il vaccino non è mai stato un problema». «Stare sempre all’aria – dice Marta Dalben – alza naturalmente le barriere immunitarie, chi soffre di immunodepressione qui non si iscrive e comunque all’aperto il contagio è difficile. Ci proteggiamo solo da tetano e zecche, come i boscaioli, i bambini non si ammalano mai. Immagino le ironie, ma dietro i cosiddetti asili no vax c’è un movimento culturale molto più vasto, con cui la politica deve confrontarsi».

Dall’inviato de laRepubblica Giampaolo Visetti, Altavilla Vicentina