Foibe ed esodo giuliano nel racconto storico. Eric Gobetti, “E allora le foibe?”, recensione di Daniela Bovenga

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Eric Gobetti, E allora le foibe, Laterza, Roma-Bari 2020
Eric Gobetti, E allora le foibe, Laterza, Roma-Bari 2020

E allora le foibe? di Eric Gobetti, pubblicato da Laterza nel 2020, presenta già nell’introduzione la chiave di lettura del libro e, al tempo stesso, di qualsiasi argomento storico, infatti, ricordando il vero significato della storia e del suo studio, l’autore apre gli occhi del lettore aiutandolo a cercare una sorta di oggettività nei fatti del passato: «Analizzare gli avvenimenti storici, ricostruire fatti e concatenazioni, cercare di comprenderne i meccanismi complessi, provare a raccontarli, aiutare a identificare fenomeni simili nella realtà attuale, evitare che un uso distorto del passato produca nuova violenza: è questo, da sempre, il senso del lavoro dello storico. […] La storia è sempre composita e multiforme, la verità sta nelle sfumature, nelle pieghe, nei chiaroscuri. Non bisogna mai smettere di approfondire, di porsi domande, di aprire la mente al dubbio e alla complessità»[1].

Eric Gobetti nasce a Torino nel 1973 e dedica la sua vita allo studio del fascismo, della Seconda guerra mondiale, della Resistenza e della storia della Jugoslavia nel Novecento. Il libro in questione, infatti, riprende tali tematiche con l’intento di portare alla luce aspetti ormai da tempo dimenticati o addirittura mitizzati.

L’intento principale dell’autore, che ha incontrato le studentesse e gli studenti del nostro Liceo “Da Vinci” di Bisceglie, è giungere alla verità riguardo alle vicende legate alle “foibe” e all’“esodo giuliano”, eventi passati negli anni come violenze o, addirittura, come “pulizia etnica” contro vittime italiane solo per la loro identità italiana. Le parole di Gobetti per prima cosa dimostrano che le regioni nel territorio del confine orientale «non sono italiane da sempre. Sono state invece italianizzate a forza dallo Stato italiano e fascista. Ma prima di allora erano state, per molti secoli, multiculturali, multilinguistiche, multinazionali»[2].

Un altro punto affrontato nelle prime pagine del libro è relativo alla contestazione del paragone tra le violenze del ’43 e del ’45 con quelle del genocidio avvenuto durante Seconda Guerra Mondiale; infatti, le due situazioni hanno ben pochi punti in comune, che sicuramente non hanno nulla a che vedere con il numero delle vittime o le cause scatenanti. A conferma di ciò, le vittime sul confine orientale risultano per la maggior parte processate perché ricoprivano incarichi importanti nel regime fascista, dunque vittime italiane in quanto fasciste, non in quanto italiane.

L’esodo, che in genere indica il flusso migratorio dei profughi istriano-dalmati, qui è presentato come la diretta conseguenza del regime fascista e di una guerra che porta molti italiani a perdere le proprie radici, la propria casa: «In pratica finisce per essere una scelta fra due rinunce: restare, pur perdendo una condizione di privilegio, subendo il comportamento diffidente delle nuove autorità e dovendo affrontare grandi difficoltà economiche; oppure lasciare la propria terra, la casa, le proprietà, nella speranza di una vita migliore»[3].

Con frasi semplici e incisive, quasi come se la storia diventasse un fatto rigorosamente scientifico, non soggettivo, Gobetti invita il lettore all’informazione e alla ricerca della verità. Lo stile di scrittura risulta scorrevole e molto diretto, a partire dalla scelta dei titoli dati ai capitoli, che già bastano a trasmettere l’obiettivo del saggio.

È per scopi politici che le parole “foibe” ed “esodo” entrano nel linguaggio di tutti i giorni degli italiani come idee di terrore e ostilità, collegate strettamente allo stereotipo delle popolazioni dell’ex Jugoslavia, viste come i “cattivi della storia”. Per gli stessi scopi certe questioni sono più o meno in evidenza rispetto ad altre, ritenute in base ai casi pericolose o umilianti per l’opinione pubblica. In effetti, violenze, migrazioni erano all’ordine del giorno durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma non tutte le situazioni hanno la stessa risonanza a livello mediatico e scolastico, allo stesso modo in cui certe guerre o abusi vengono considerate più o meno di altre. Ci interessano davvero le situazioni in sé o siamo attenti solo ai loro effetti sulle quattro mura in cui ci chiudiamo fingendo di non vedere il resto del mondo?

[1] E. Gobetti, E allora le foibe?, Laterza, Roma-Bari 2020, pp. XV-XVI.

[2] Ivi, pp. 12-13.

[3] Ivi, p. 66.

Daniela Bovenga
Daniela Bovenga

Mi chiamo Daniela Bovenga e ho 18 anni. Abito a Trani e frequento il liceo “L. Da Vinci” di Bisceglie. Nel tempo libero amo leggere e stare con la mia famiglia e i miei amici. Sono abbastanza estroversa e per il futuro mi auguro che le persone e le cose che amo ora siano con me quanto più possibile. Cerco sempre di affrontare con positività ogni giorno e ogni sfida, grande o piccola che sia.


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a cura di Michele Lucivero

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