I morti sul lavoro e il “minimo storico”

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I dati “ufficiali” relativi ai morti sul lavoro sono spesso discordanti e non corrispondono alle notizie che vengono diffuse (con parsimonia, forse “per non disturbare”) dagli organi di stampa. Queste ci danno un quadro ben più drammatico dei dati diffusi dall’INAIL. Qualche giorno fa, infatti, INAIL ci fa sapere che i morti sul lavoro, compresi i decessi in itinere e sulle strade nel 2017 sono stati 617 (altri 34 “casi” sono in dase di istruttoria) a fronte di 1.112 denunce. Questo dato è il minimo storico.
Anche l’anno scorso INAIL diffuse il dato relativo al 2016, che era il “minimo storico” (618 morti a fronte di 1.104 denunce). Stessi criteri, in pratica la stessa percentuale tra morti riconosciuti e denunce.

I dati forniti dall’Osservatorio Indipendente di Bologna, invece, dimostrano altro. Per l’Osservatorio, nel 2017, i morti nei luoghi di lavoro, tutti documentati, risultano essere 634. Una notevole differenza rispetto all’INAIl, anche perché nei dati dell’Osservatorio non sono compresi i morti in itinere. A questo punto ci si può chiedere cosa sia successo. Una differenza nasce dal fatto che INAIl conteggia solo i suoi assicurati. Nella statistica mancano i lavoratori non iscritti, chi lavora in nero, almeno una parte di chi muore schiacciato dal trattore (e sono decine) …

Ma alcune domande dovrebbero essere poste. Se i morti rilevati dall’Osservatorio di Bologna hanno tutti un nome e un cognome, se sono verificabili con le notizie degli organi di informazione soprattutto locali, non sono forse questi più veritieri? E se le denunce all’INAIL furono 1.112 perché 495 sono state cancellate? Forse i lavoratori non erano morti? O non risultavano “iscritti all’INAIL”? O le denunce erano false? Eppure quei 634 lavoratori morti nei luoghi di lavoro, l’anno scorso ci sono stati. E, allora, perché diffondere la notizia, in definitiva rassicurante, che si è al “minimo storico” quando ci sono altri dati, documentati, che lo smentiscono? E non sarebbe doveroso, almeno, che fossero resi pubblici e comprensibili i criteri con i quali l’INAIL ha deciso di non ritenere ricevibili quasi 500 denunce?

Intanto i morti per infortunio nei luoghi di lavoro, da inizio 2018 al 30 giugno, sono stati 366, il 20,5% in più rispetto a dieci anni fa, il 7,5% in più rispetto all’anno scorso. Sono stati 71 in maggio e 69 in giugno.
L’ecatombe continua (e cresce di anno in anno) nonostante le notizie dell’INAIL. Perché anche chi è morto pur non essendo assicurato INAIL, chi lavorava in nero, chi guidava un trattore, chi lavorava subendo ogni tipo di sfruttamento era una persona che è andata a lavorare e non è tornata a casa. Perché è cresciuto lo sfruttamento, perché bisogna “essere competitivi”, perché la sicurezza è un costo, perché si lavora sempre più a lungo, perché i diritti di chi lavora sono stati progressivamente cancellati. Perché il sistema nel quale viviamo (e lavoriamo) deve servire solo a produrre profitto.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.