Il Doge

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Comune di Venezia
Comune di Venezia

Il doge, ovvero il Capo dello Stato nella Repubblica di Venezia, è una carica che risale al secolo ottavo. Secondo la tradizione Paoluccio Anafesto fu il primo doge del Ducato di Venezia, e governò dal 697 al 717. Fino al 1797, anno della caduta della Serenissima Repubblica, si susseguirono altri 119 dogi.

Inizialmente il doge godeva di grande potere, ma con il passare degli anni ci furono notevoli cambiamenti; dal 912, dopo la morte di Pietro Tribuno, la nomina del doge non fu più ereditaria, ma elettiva, e un numero sempre più grande di magistrature sostituirono i poteri del doge.

La carica era a vita e la sua elezione si basava su un particolare sistema di votazioni e ballottaggi che escludevano la possibilità di brogli.

Una volta nominato, il doge riceveva il Corno dogale, il copricapo che veniva indossato sopra di una cuffia candida, realizzata e donata dalle monache di San Zaccaria. La forma del corno dogale ricordava il berretto frigio, l’antico copricapo dei militari bizantini.

Il doge indossava anche un ampio manto dapprima color porpora, poi in broccato dorato, quale simbolo della maestà e opulenza di Venezia; altri importanti simboli accompagnavano il Doge nelle processioni solenni, ed erano la spada cerimoniale, il faldistorio (seggio ducale), il grande ombrello, il cero benedetto, le trombe d’argento e gli otto gonfaloni. Il doge aveva a disposizione una sfarzosa nave per le funzioni di Stato, il Bucintoro, con la quale prendeva parte alla più importante cerimonia veneziana, lo Sposalizio del Mare, durante la quale gettava nelle acque del mare un anello benedetto, per ricordare il dominio della Serenissima sull’Adriatico.

Il doge e la sua famiglia conducevano una vita sfarzosa, ma lui stesso doveva contribuire al suo mantenimento, ed era quindi una carica che poteva essere ricoperta solo dall’aristocrazia ricca. Egli era il rappresentante ufficiale di Venezia nelle cerimonie pubbliche e nelle relazioni diplomatiche con gli altri stati; comandava la flotta e l’armata in tempo di guerra, presiedeva, a capo della Serenissima signoria, tutti i consigli della Repubblica, nei quali votava come qualunque altro membro.