La Vicenza degli orrori: Pettinatura Lanerossi, un buco nero nel Quartiere dei Ferrovieri

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Visione aerea dell'area della Pettinatura Lanerossi

Probabilmente nessuno a Vicenza sa che il Quartiere Ferrovieri ha una denominazione ufficiale nella toponomastica cittadina. Con deliberazione podestarile del 16 gennaio 1936 è stato infatti battezzato Quartiere Martiri della Libertà e successivamente delle Medaglie d’oro. Ma quel che conta, si sa, è la cultura popolare e quindi da più di un secolo si chiama «i Ferrovieri», così con tanto di articolo davanti.
Pochissimi, salvo i residenti, sanno poi che in questa zona della città c’è un enorme stabilimento abbondonato e fatiscente che, per due quarti del suo perimetro, si innesta fra palazzine e villette di un sobborgo non bellissimo ma non per questo meritevole di una simile contiguità.

Capannoni e centrale termoelettrica dello stabilimento Pettinatura Lanerossi
Capannoni e centrale termoelettrica dello stabilimento Pettinatura Lanerossi

È la ex Pettinatura Lanerossi, un’industria del gruppo di Schio inaugurata nel 1925, che occupa un’area di quasi sessantamila metri quadri (equivalente a quella di dieci campi di calcio) che confina a nord con la linea ferroviaria, a ovest con l’Arsenale e, sugli altri lati, con le abitazioni.
Lo stabilimento è stato dismesso ventisette anni fa, nel 1994, ed è totalmente abbandonato da oltre un quarto di secolo, diventando inevitabilmente un orrido rudere. L’antico ingresso chiude via Alessandro Rossi, non per caso intitolata al grande industriale, e ai fianchi del cancello ci sono due palazzine in stile liberty che ospitavano mensa e uffici. L’apparenza degli edifici è triste e cupa: porte e finestre sbarrate, muri scrostati, tinte sbiadite.

Bocciodromo
Bocciodromo

Contigua alla palazzina a nord c’è il Centro Sociale Bocciodromo, nel fabbricato in cui aveva sede il Dopolavoro della Lanerossi e acquistato nel 1990 dal Comune. La vivacità e la policromia dei murales della facciata contrastano con la mestizia di quelle dell’ex-Pettinatura.
Dall’esterno della recinzione poco si vede dello stabilimento se non capannoni ingrigiti, la vecchia centrale termoelettrica, vetrate a pezzi e tanta vegetazione spontanea cresciuta tutt’attorno al coperto. Si può immaginare cosa ci possa essere all’interno.
La proprietà dell’insediamento è privata. Negli anni è passata dalla Lanerossi alla Marzotto per poi perdere la originaria destinazione industriale e trasformarsi in area di prospettiva immobiliare. La attuale proprietaria è una srl di Milano, la Aree Urbane, che risulta in liquidazione dal 2017. Salvo improbabili omonimie, Aree Urbane è uno dei principali debitori della Banca Popolare di Vicenza: ventinove milioni di euro la sua esposizione. Sorgono legittimi sospetti sull’intreccio dei due business.
Questo orrore, che nemmeno i più bendisposti si sentirebbero in grado di definire archeologia industriale, è una spina nel fianco del quartiere. Un vero e proprio buco nero in un rione che ha poco più di un secolo di vita e che è proliferato attorno al nucleo originale costituito dalle casette a schiera degli operai dell’Arsenale ferroviario.
È proprio l’insediamento dell’officina di riparazioni di vagoni delle Regie Ferrovie nell’allora deserto limite sud occidentale della città (anno 1907) a dare lo spunto per la nascita di un nuovo quartiere al posto di una vasta area agricola, la Contrà di Riva alta. I lavoratori dell’Arsenale hanno bisogno di alloggi e così, sette anni dopo, sono pronte le lunghe file di case che ancor’oggi costituiscono un’area molto caratterizzata e omogenea. Gli abitanti sono tutti operai e la loro diffusa appartenenza politica non è certo al Fascismo. Il Quartiere dei Ferrovieri è quello dei «rossi», dei comunisti e l’impronta rimane per un po’ di tempo anche nel dopoguerra. Ma i tempi cambiano e il rione s’imborghesisce.

Le case a schiera degli operai dell'Arsenale ferroviario
Le case a schiera degli operai dell’Arsenale ferroviario

Negli Anni Settanta dello scorso secolo i Ferrovieri diventano l’anticamera della Zona industriale della Fiera. L’abitato s’allarga e s’allunga fra il Retrone, i Colli e la ferrovia. Non c’è granchè di bello e l’impressione che dà è quella di tutte le periferie, in cui non c’è pianificazione edilizia e urbanistica e regna l’eterogenità. Ci si salva in extremis con il Parco Retrone.
Ma la ex-Pettinatura è sempre lì e il solito valzer di progetti di riutilizzo si avvia con il supporto delle amministra-zioni comunali. Nel 2004 è inserita in un Piruea (il Piruea Lanerossi), che ne ipotizza la trasformazione in area residenziale e commerciale, ma la comunità locale si oppone e il progetto amministrativo fallisce.
Nel 2012 il Piano degli Interventi prevede che nell’area dell’ex Lanerossi sia realizzata una nuova strada che colleghi, con una serie di rampe semicircolari e un ponte sopra la linea ferroviaria, viale dell’Industria con viale san Lazzaro. Ovviamente il progetto rimane sulla carta.
L’ultima svolta la dà la TAV: si dice che l’area dell’ex Pettinatura possa essere riciclata per l’Alta Velocità, ad esempio come sede della logistica per i lavori della tratta vicentina, una sorta di campo base per le maestranze e la direzione di area. A poca distanza dalla immaginifica nuova stazione Vicenza Fiera, rimasta per fortuna nella mente dei progettisti e dei reggitori della città che l’avevano approvata.
La realizzazione della linea dedicata alla TAV comporterebbe lo smarginamento di una bella fetta del quartiere con l’espropiazione e l’abbattimento della fila di edifici più prossimi alla ferrovia, compreso il Bocciodromo. La prospettiva certo non piace ai residenti e l’opposizione cresce tanto da contribuire a paralizzare il completamento della tratta. Il futuro dell’ex Pettinatura è comunque legato a doppio nodo con la Alta Velocità.


Qui gli articoli della rubrica “La Vicenza degli orrori”


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Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.