Le vittorie azzoppate e la guerra politica al tempo dell’Unione europea tra sovranismo ed europeismo

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L’ultimo rimbrotto della Commissione europea all’Italia diceva che la manovra del nostro governo nel migliore dei casi sarebbe stata ininfluente, ma purtroppo l’enorme peso dello spread – cioè il pagamento degli interessi sul debito – l’avrebbero resa di sicuro negativa. Lo scontro che si è aperto tra l’UE e l’Italia è uno scontro d’egemonia, una contesa che ormai esclude il dialogo e da cui nessuno dei due litiganti potrà tirarsi più indietro. Il governo gialloverde, effetto della rivoluzione di marzo alle urne, ha composto un programma per la più parte coerente con le promesse elettorali.

 


La soggezione di un paese membro alla supervisione della Commissione Europea per le misure di politica economica, pone adesso il nostro paese in conflitto con un establishment politico continentale di segno nettamente contrario, un’istituzione che prima e dopo la campagna elettorale aveva già bollato i partiti che da noi si accingevano a trionfare, come populisti, fascisti e xenofobi.

Troppi passaggi anomali contrassegnano il percorso della democrazia in Italia, troppe le ingerenze degli interessi privati nella formazione del bene comune. E troppe sono le bocciature che arrivano all’attuale governo dai partiti a loro volta bocciati dagli italiani. Questi, mentre si disponeva una forza parlamentare che formasse un nuovo esecutivo, si sono tenuti tronfiamente e boriosamente da parte. Ma, quando il governo era di lì a poco a completarsi, sono corsi col loro massimo rappresentante (il presidente Mattarella) a mettere il veto a una politica, a bocciare incostituzionalmente uno dei suoi ministri fondamentali. I loro giornali, mentre si nascondono dietro una supposta libertà di stampa, stanno eccitando i mercati contro la solvibilità delle casse italiane, e i loro amici transalpini ammoniscono e rigettano le proposte coerenti con la vittoria di marzo.

Una vasta rete di istituti e di autorità che, pur risultando perdente nelle urne, decide ancora l’indirizzo politico, alla faccia degli elettori. Un ritardo della rappresentanza democratica che si trova con vertici politici espressi in momenti diversi, e di cui quello europeo è il vertice meno aggiornato alla volontà generale. Un governo sovranazionale che manca dei necessari contrappesi, dei controlli che solo un parlamento con la possibilità di sfiduciare l’esecutivo può avere. Un governo dove più facilmente possono trovare ricetto l’interesse privato e le lobbies di ogni specie. Ecco il guasto che la nave Europa produce sulle economie nazionali, senza le armonizzazioni delle politiche e delle strutture democratiche comuni.

In fin dei conti, l’ammissione che è lo spread elevato a rendere negativa la manovra, è la prova del potere antidemocratico sull’indirizzo politico: è la prova, che le dichiarazioni e le letterine minatorie della Commissione, nonché le denigrazioni dei partiti e della stampa avversa, sono le vere cause del danno provocato all’Italia. Se, ad esempio, i vertici europei avessero voluto agevolare la manovra del nostro governo per il bene italiano e comunitario, avrebbero potuto applaudire il programma politico e con loro l’avrebbero fatto anche gli operatori finanziari. Invece, quando alla fine si conteranno le inadempienze della manovra, troveremo solo il danno da spread, cioè gli interessi sul debito, e la somma disposta dalla corte di giustizia (secondo gli art. 258/260 della Tfue – Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) e proposta dalla Commissione, che peseranno come effetti negativi e nelle tasche degli italiani.

E’ senza dubbio una guerra ideologica, quella che si sta combattendo, una guerra in cui solo apparentemente gli sfidanti sono il sovranismo e l’europeismo. Il vero conflitto di queste ore è tra gli artefici del sistema, tra la dimensione privata, volata oltre i confini nazionali a difendere il proprio interesse, e la dimensione pubblica. Si sta decidendo della sopravvivenza della democrazia rappresentativa così come l’abbiamo ereditata dai padri costituenti e dalle culture liberali, cristiane e socialiste. Ed è il caso di considerare che se il conservatorismo della Lega non avesse funto da rassicurante pacificatore, gli estremismi e le scorrettezze istituzionali sarebbero stati veramente inediti e terribili.