Manifatturiero Veneto (+8,1%), cresce di più che in Germania (+5,4%) e Francia (+2,1%). Vicenza seconda per volumi export

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Un esempio eloquente della flessibilità e della capacità di reazione di fronte alla situazione pandemica della manifattura è il comparto della moda che nel vicentino conta 1072 aziende artigiane. ?“Nonostante la difficile situazione queste realtà produttive hanno continuato a crederci e ad adattarsi a un mercato completamente diverso appena due anni fa – commenta in un comunicato il presidente della categoria Moda di Confartigianato Imprese Vicenza, Luca Bortolotto-. Da soli, come accade a molti colleghi imprenditori di altri comparti, abbiamo resistito e ci siamo rimboccati le maniche. Risultato: la nostra provincia è ai primi posti tra quelle con più alta percentuale di esportazione e partecipa al fatto che Vicenza è seconda per volumi di export. Confermando il valore del made in Italy all’estero, quello vero, spesso su misura, e che opera nel rispetto del contesto in cui è e dei collaboratori. Si tratta di traguardi che ci riempiono di orgoglio nella consapevolezza che in tema di incentivi per competere di poteva fare di più, sempre con occhio al sostegno di quelle parti del comparto che sono in maggiore sofferenza, per non parlare della necessità di una maggiore attenzione verso la concorrenza sleale”.

Sui temi della sostenibilità e della ricerca del personale, Bortolotto continua: “Gli artigiani tutti negli anni hanno fatto della sostenibilità un valore aggiunto della loro attività. Per il settore Moda questa sensibilità si è tradotta con li corso post diploma “Green Leather Manager” ad Arzignano e ora con quello Fashion Sustainability Manager a Valdagno (entrambi dell’ITS Cosmo); solo per fare qualche esempio. Non solo, con è impresasostenile Confartigianato Imprese Vicenza ha creato una cornice dentro cui inserire le iniziative e progetti sull’argomento proposte fino ad ora e che proporrà dandone la giusta visibilità”.

“Innovazione e sostenibilità, voglia di crescere svilupparsi, questi sono gli obiettivi delle imprese del settore e di quelle artigiane in generale, che ha perciò la necessità del settore di portare in azienda, e far crescere, professionalità nuove, vivaci, creative – conclude Bortolotto -. Per questo per l’artigiano la ripresa è sempre stata nell’ottica di assunzioni e non licenziamenti”.

Contestualmente, tutto il Veneto in questo settore sta andando molto bene. “Al banco di prova del Covid è emerso che non è la grande dimensione il vero vantaggio ma la flessibilità e la capacità di produrre prodotti unici e su misura. In questo le nostre imprese artigiane sono in linea con le esigenze dei tempi. Il problema non è la piccola impresa ma il contesto in cui la piccola impresa si trova a operare. Penso alle lentezze della giustizia, alle farraginosità della burocrazia, alle pressioni eccessive del fisco e alle difficoltà legate al credito”. Ad affermarlo in una nota Roberto Boschetto Presidente di Confartigianato Imprese Veneto che, a supporto, cita i dati dell’ultima elaborazione statistica dell Ufficio Studi della Federazione. “Il periodo pre-Covid-19 – afferma- è stato caratterizzato da una crescita del valore aggiunto e della produttività del comparto manifatturiero. Una analisi che incrocia i dati dei conti nazionali europei forniti da Eurostat e quelli dei conti territoriali di Istat evidenzia che tra il 2015 e il 2019 il valore aggiunto del manifatturiero esteso (comprende estrattivo, energia e utilities) in Germania è salito del 5,4%, in Francia del 2,1% e in Italia dell’8,5%. Nel periodo in esame il 91,4% della crescita italiana proviene dalla prime dieci regioni manifatturiere di cui nove, tra le quali il Veneto è in 6a posizione con +8,1%, crescono più della Germania. In tutte queste regioni la quota di addetti nelle micro e piccole imprese è del 51% a fronte del 19,7% della manifattura tedesca. In particolare qui in Veneto la percentuale è del 64,2% e riguarda 1 miilione e 105 mila addetti. Il che ci porta alla considerazione che le piccole imprese venete e italiane sono più produttive delle colleghe tedesche”.

L’ufficio studi ha individuato 4 casi che confermano la forza sui mercati internazionali dei territori caratterizzati dalla presenza diffusa di piccole imprese. Tutti e 4 con il Veneto tra i protagonisti. 1) In una classifica ibrida con i paesi Ue, il quadrilatero produttivo di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna con 276 miliardi di export nel 2020, si colloca al quinto posto per export totale, dietro a Germania, Paesi Bassi, Francia, Belgio e davanti a importanti economie manifatturiere come quelle di Spagna, Polonia e Repubblica Ceca. 2) Nel contesto di leadership europea del made in Italy del tessile, abbigliamento e pelle, le prime otto province italiane esportatrici di prodotti della moda – Firenze, Milano, Vicenza, Treviso, Verona, Prato, Bologna e Reggio nell’Emilia – vendono all’estero, da sole, più dell’intera Francia. 3) Le dodici province sull’‘asse dei mobili’ della pianura padana che comprende Udine, Pordenone, Venezia, Treviso, Padova, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, Milano, Monza e Brianza e Como, nel loro complesso sono il terzo esportatore di mobili, dietro a Polonia e Germania. Infine 4) il settore dei macchinari, per il quale i territori italiani evidenziano una straordinaria ricchezza e vitalità imprenditoriale, il ‘triangolo dei macchinari’ di Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto concentra oltre i due terzi (68,8%) delle esportazioni italiane per un totale di 49,8 miliardi di euro. Si tratta delle prime tre regioni in Italia per valore dell’export di macchinari: al top la Lombardia con esportazioni per 21,5 miliardi (29,8%), seguita dall’Emilia-Romagna con 16,6 miliardi (22,9%) ed il Veneto con 11,6 miliardi (16,1%).

Per Confartigianato la riscoperta della competitività del sistema delle micro e piccole imprese dovrebbe portare a un giudizio più equilibrato sul mondo delle pmi . “Dovrebbe essere per esempio valutata in modo equilibrato – sostiene il Presidente – la capacità naturale delle pmi di essere sostenibili. Siamo in linea con i principi dell’economia circolare. Siamo un attore sia economico ma anche sociale nello stesso tempo», dice Boschetto. Il punto debole delle piccole è però legato all’occupazione. “Molti piccoli imprenditori non riescono a trovare il personale adeguato ai fabbisogni. Si parla molto degli Its e del fatto che dovrebbero essere potenziati. Giusto. Ma si dimentica che è tutto il sistema dell’istruzione tecnica a essere stato trascurato negli ultimi decenni. Andrebbe anch’esso rinnovato e sostenuto. Inoltre sarebbe necessario pensare a forme di facilitazione del passaggio del testimone da una generazione all’altra di imprenditori. Parliamo di rigenerazione, trasformazione ed irrobustimento societario che sono un processo e non un evento. È necessaria una pianificazione, un “progetto di successione” per non vanificare quanto costruito negli anni. E non penso solo dai padri ai figli ma anche dal titolare anziano a un dipendente esperto che volesse rilevare l’attività”.