Marco Travaglio e la certezza della non-pena: con Salvini non è cambiato nulla

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Matteo Salvini in divisa da poliziotto dopo le felpe
Matteo Salvini in divisa da poliziotto

Sarà il virus populista? Sarà il contagio sovranista? Sarà il vento di destra? Sarà l’allergia all’Europa? Saranno le fake news di Putin? Sarà che sta tornando il fascismo? Sarà che abbiamo smesso tutti di leggere i libri giusti? Può darsi. Mentre i più acuti intellettuali e giornalisti si massacrano di pippe mentali per spiegare perché la gente vota sempre all’opposto di come dicono loro, dimenticano che di solito la spiegazione giusta è sempre la più semplice.

Chi non si dà pace per l’altissimo consenso di cui gode questo governo, e in particolare Salvini, dovrebbe leggere qualche saggio politologico in meno e qualche articolo di cronaca nera in più. Tipo quello sul tentato stupro dell’altra notte al parco torinese del Valentino. Una coppia di diciottenni si apparta su una panchina vicino al Po e viene aggredita da un uomo di colore che grida, indicando lei: “Adesso la uso un po’ io”. Come se la ragazza fosse un oggetto. E, brandendo una bottiglia rotta, mette in fuga il fidanzato, che corre a chiedere aiuto ai vigilantes della vicina discoteca Life. I quali chiamano la polizia. Intanto la fidanzata si divincola dal tentativo di stupro e scappa verso il fiume, ferita (prognosi di 30 giorni) e inseguita dal bruto. Che poco dopo viene placcato dagli uomini di una volante mentre sta per tuffarsi nel Po.

Le sue prime parole sono di scherno agli agenti: “Quello che fate non serve a un cazzo. Non servite voi, non servono i giudici: tanto io sono sempre fuori”. Il tizio ha 33 anni. Si chiama, o dice di chiamarsi, Gueladje Koulibaly. E proviene, o dice di provenire, dalla Guinea. Le forze dell’ordine lo conoscono bene: è un immigrato irregolare senza permesso di soggiorno né fissa dimora né occupazione, a parte lo spaccio di droga. Ha bivaccato a lungo nelle palazzine degradate del Moi (il villaggio olimpico di quell’enorme spreco che fu Torino 2006). Entra ed esce da una caserma alla questura al carcere, vantando vari precedenti per violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Ma non solo. Il 25 novembre scorso tenta di entrare nella discoteca Life, sempre la stessa, con la scusa di recuperare un inesistente pallone da basket perduto. I buttafuori lo respingono all’ingresso e lui, per vendicarsi, torna lì con una bomba molotov che per miracolo non riesce a lanciare contro il locale. I carabinieri lo inseguono e lo arrestano. Ma in un paio di giorni è di nuovo fuori, e torna a spacciare al Valentino. A metà marzo scoppia una rissa tra i migranti che occupano l’ex villaggio olimpico. I testimoni dicono alla polizia che l’ha provocata Koulibaly, ormai uccel di bosco.

Intanto il questore firma il suo decreto di espulsione, che però è scritto sull’acqua: l’Italia non ha accordi di rimpatrio con la Guinea, quindi il presunto paese d’origine difficilmente se lo riprenderà indietro; e comunque Koulibaly è irreperibile, dunque è impossibile anche solo consegnargli il pezzo di carta. Ora finalmente è in carcere per violenza sessuale e si spera che ci resti per un po’. Ma l’espulsione rimane una chimera. Salvini, letti i giornali (lui ai commenti preferisce la cronaca nera), ha subito twittato sarcastico, in terza persona: “Colpa di Salvini che è troppo cattivo… #tolleranzazero”. E immaginiamo che tanti padri e madri e figli, torinesi ma non solo, abbiano tirato un sospiro di sollievo perché al Viminale c’è un ministro che veglia su di loro. Molti, alle prossime regionali in Piemonte, voteranno Lega, anche se vengono da sinistra o dai 5Stelle. E lo faranno perché vedono in Salvini l’unico che parla di sicurezza, di certezza della pena, di tolleranza zero contro i crimini di strada (contro quelli finanziari e tangentizi molto meno, anche perché è alleato con un pregiudicato e lui stesso si circonda di inquisiti).

Hanno ragione? Naturalmente no. Da quando è ministro dell’Interno, cioè da nove mesi, Salvini non ha fatto assolutamente nulla per aumentare i rimpatri dei clandestini (18 al giorno, tanti quanti ai tempi di Minniti, su un totale presunto di oltre 550 mila): le espulsioni costano un occhio, richiedono più stanziamenti (mai visti), più agenti in strada per rintracciare gli irreperibili (mai visti) e soprattutto più accordi con i Paesi di provenienza (nemmeno uno in aggiunta a quelli vecchi con Marocco, Tunisia, Nigeria ed Egitto).

Quanto alla certezza della pena, le uniche migliorie le ha firmate il ministro M5S della Giustizia Alfonso Bonafede, cancellando l’ennesima legge Svuotacarceri ereditata dal centrosinistra e varando la Spazzacorrotti per scoprire e punire più severamente i reati contro la Pubblica amministrazione. Secondo i sondaggi, è la legge più apprezzata del governo giallo-verde (80% di consenso). Ma di queste cose non parla nessuno. La “narrazione” dei media, filo-Salvini e anti-Salvini, è che fa tutto lui. Invece lui non fa nulla per nessuno, ma promette tutto a tutti. E continuerà a mietere voti e consensi finché durerà l’incantamento generale, o finché qualcun altro non riuscirà a contrapporgli una “narrazione” diversa, ma altrettanto efficace e possibilmente seguita da atti concreti, sui temi più caldi per l’opinione pubblica. Pretendere che un clandestino dedito allo spaccio e alla violenza, se non può essere espulso né condannato definitivamente in tempi ragionevoli, resti almeno in galera per un po’, è forse fascismo?

Razzismo? Giustizialismo? No, è puro buon senso. Anzi, è un diritto sacrosanto dei cittadini. E anche dei tanti immigrati onesti che pagano per primi un surplus di xenofobia ogni volta che un immigrato commette delitti impunemente e si fa pure beffe dei magistrati e delle forze dell’ordine. Quando i presunti avversari e rivali di Salvini lo capiranno, sarà sempre troppo tardi.

di Marco Travaglio da Il Fatto Quotidiano