Mercato del lavoro… ovvero io odio gli sfruttatori: a Giancarlo Bolondi 120 immobili, ai lavoratori italiani 1300 leu rumeni cioè 300 euro al mese

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Mercato del lavoro: sequestri a Giancarlo Bolondi 
Mercato del lavoro: sequestri a Giancarlo Bolondi 

Si leggano prima di tutto questi due estratti da ansa.it e repubblica.it sul cosiddetto mercato del lavoro

(ANSA) – MILANO, 17 DIC – Un maxi sequestro di 120 immobili tra Milano, Lodi, Brescia, Torino, Genova e altre città è stato disposto a carico di un imprenditore della logistica, Giancarlo Bolondi della società Premium Net, accusato, oltre che di frodi fiscali e riciclaggio, anche di sfruttamento del lavoro, in particolare di ‘caporalato’ nel facchinaggio. Lo ha deciso la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano e i sequestri sono stati eseguiti dalla Guardia di finanza di Pavia.

A Bolondi, 63 anni, residente in Svizzera e già ai domiciliari, è stato contestato dai magistrati di Pavia di essere stato a capo, tra il 2012 e il 2018, di un “network di consorzi e cooperative”, attraverso il quale avrebbe anche “reclutato manodopera in condizioni di sfruttamento”, approfittando dello “stato di bisogno dei lavoratori, tenuti costantemente sotto la minaccia di perdere il lavoro”. Operai che dovevano accettare condizioni diverse rispetto ai contratti collettivi nazionali su turni, ferie e gestione dei riposi.

(La Repubblica) – … Lavoro italiano, stipendio romeno (come il contratto). Pagato in leu, la moneta romena che equivale a 0,21 euro. Tradotto: lavori un mese per poco più di 300 euro (1.400 leu) e zero contributi. La beffa nella beffa è che sei un lavoratore italiano che per avere un impiego è costretto a firmare un contratto romeno. È successo a 70 dipendenti della Ceva Logistics Italia, stabilimento a Stradella, nell’Oltrepò Pavese. Quasi tutti originari e abitanti della zona, età tra i 20 e i 45. Stesso destino professionale: la condizione per ottenere un posto alla Ceva – succursale del colosso internazionale dei trasporti e della logistica olandese-americano con strutture in 170 paesi e 51 mila addetti – era una firma sul contratto proposto da Byway Jpb Consulting srl.

Che cos’è? Un’agenzia interinale con sede a Bucarest, alla quale – nell’infinita catena del ribasso a ogni costo – si era rivolta un’altra agenzia (lodigiana) alla quale aveva a sua volta fatto ricorso il consorzio di cooperative “Premium Net”, serbatoio di manodopera appaltato dalla Ceva. L’accordo romeno, scritto in un italiano zoppicante, prevedeva che i 70 assunti nel polo della “Città del Libro”, zona industriale di Stradella, ricevessero uno stipendio “misto”: nella valuta. “La parte fissa veniva pagata in leu, e una piccola parte in euro”.

Guardate che questo è risultato dei tempi che viviamo. Della “cultura” che ci viene imposta ogni giorno. La leggiamo nei giornali, la vediamo in televisione. La percepiamo nelle piazze, nei bar, facendo la fila da qualche parte. Non c’è, ahimè, niente di strano o di eccezionale.

Qualcuno ci dice che il lavoro costa troppo, che siamo fuori mercato, che non siamo competitivi. A poco a poco ci abituiamo ad accettare qualsiasi cosa. Ci diranno che è sempre successo, che è una cosa “normale”. Appunto … “normale”. No, non c’è niente di normale. Niente. Questo ha un nome che è sfruttamento, la condizione abituale del capitalismo. Magari personaggi come Bolondi sono considerati imprenditori di successo, ricchi capitalisti e, per questo, vengono riveriti e, forse, omaggiati. Sono solo farabutti che si arricchiscono sfruttando il lavoro altrui. Di fatto rubando qualcosa ad ognuno di noi.

Poi uno si ferma un attimo a pensare. E se fosse questo il “mercato del lavoro” che vorrebbero “lorsignori”? Se fossero queste le condizioni di lavoro che dovremo accettare e che, in gran parte, siamo costretti a subire oggi?

Scorrendo le notizie che vengono riportate in rete non sono riuscito a leggere nulla su una condanna (che dovrebbe essere, questa si, “normale”) da parte delle associazioni imprenditoriali italiane. Tutto tace quasi questo fosse il fatale risultato di quello che ci spiegano sempre: bisogna abbattere il costo del lavoro, bisogna liberare le imprese da lacci e laccioli … Lo sfruttamento di chi lavora è ormai qualcosa di necessario per “essere competitivi”.

Qualcuno, poi, ci dice che non bisogna odiare? Che si deve affrontare tutto con calma, pacatamente, quasi con amore, senza alzare i toni. No, signori, io lo voglio dire con chiarezza: io odio questi “imprenditori cialtroni”, la loro avidità di miserabili capitalisti che sfruttano tutto e tutti. E odio gli indifferenti, quelli che non si indignano e che, magari con un sorriso, ci dicono che lo sfruttamento è “ inevitabile”, che è così, che non ci si può far niente perché è necessario per il ”progresso”. Si, sarò anche politicamente scorretto, ma io li odio e ritengo che sia giusto così.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.