Inviato a Treviso. Nell’udienza di oggi 14 giugno del processo sul crac di Veneto Banca che vede come imputato unico l’ex ad e dg Vincenzo Consoli difeso dall’avvocato Ermenegildo Costabile di Milano sono stati sentiti altri due testi dei pm Massimo De Bortoli e Gabriella Cama: davanti al collegio giudicante composto da Umberto Donà (presidente), Alberto Fraccalvieri e Carlotta Brisegan hanno testimoniato i funzionari Bruno Giannattasio di Banca d’Italia e Vincenzo Nardone ispettore per conto della BCE nel 2014.
La cronaca
Giannattasio si è occupato della valutazione del 2014 quando venne creato un nuovo assetto dell’attività di vigilanza partendo dal punto comune della vigilanza europea, con la successiva pubblicazione di un manuale. Il funzionario ha spiegato i criteri della valutazione delle politiche aziendali, degli accantonamenti, la valutazione delle garanzie, la definizione degli attivi dei crediti attraverso l’incrocio dei dati e usando il metodo di segmentare le posizioni. Si è trattato di esaminare i portafogli sulle base delle loro caratteristiche: quattro portafogli per l’analisi dei crediti di grandi e piccole medie imprese, ogni singolo portafoglio diviso in 49 celle. Le posizioni da esaminare erano circa un migliaio. La valutazione dell’eventuale perdita ha preso in esame casi di pagamento a più di 90 giorni, incagli, sofferenze (la parte maggiormente deteriorata). È stata posta attenzione sulle rinegoziazioni e anche sugli accantonamenti collettivi con l’obiettivo di rideterminare il patrimonio aziendale al 31 dicembre 2013. Le carenze di patrimonio secondo Giannattasio sono state poi assorbite. Rispetto al patrimonio segnalato è stato rilevato un deficit di oltre 700 milioni e a tal proposito ci sono state delle misure di rafforzamento patrimoniale da parte della banca. Secondo l’ispettore di 570 milioni è stato l’impatto delle differenze calcolate, con 276 milioni di perdita e i cosiddetti crediti deteriorati, non performing loans, erano del 24%.
Vincenzo Nardone è stato capogruppo della missione ispettiva della BCE nel 2015 e la sua testimonianza ha evidenziato il tema delle operazioni cosiddette “baciate” le quali ammontavano a circa il 35%, più di 347 milioni di euro. Nel mirino dell’ispezione la governance, il ruolo del dg, verificare l’aumento di capitale del 2014, il funzionamento del cda e i rapporti con il dg. Secondo Nardone c’erano discussioni quasi su ogni punto, spesso nei consigli di amministrazione c’erano 15 punti all’ordine del giorno. Il dg in assenza di un amministratore delegato dovrebbe secondo l’ispettore occuparsi della strategia della banca, ma tutti i temi strategici facevano forza sull’esperienza del dg Consoli. Per Nardone c’erano delle dinamiche conflittuali, delle discussioni tra i consiglieri, i quali avevano “relativa o scarsa esperienza bancaria e si affidavano alle proposte del dg”. Il consiglio secondo Nardone discuteva tantissimo ma a volte prendeva decisioni in una sola seduta, senza approfondire come nel caso dell’acquisto di un quantitativo importante di azioni di Veneto Banca. Bankitalia nel 2013 aveva chiesto di cambiare la governance, aggiungere ruoli e invece nominando Consoli dg nel 2014 secondo l’ispettore è stata data continuità con la gestione fino a quel momento e nel 2015 gli è stato prolungato di altri due anni il contratto. Il campo d’azione di Consoli per l’ispettore spaziava su tutte le tematiche. Nel suo rapporto con gli azionisti inoltre ha privilegiato i soci che non riuscivano a vendere le azioni. Nardone ha sollevato dubbi sulla nomina del vicedirettore vicario dott. Cristiano Carrus: ad aprile 2015 c’è stata la nomina, comunicata a giugno e formalizzata a luglio, in ritardo. Mentre per quanto riguarda un’altra nomina, di un condirettore generale con deleghe sul credito, essa secondo Nardone non è mai arrivata al consiglio di amministrazione e si è bloccata nel comitato nomine. L’ispettore ha spiegato che il suo team ha ricostruito i flussi finanziari in contropartita all’addebito dell’acquisto delle azioni per capire se è stato finanziato con fondi propri del cliente o con finanziamento messo a disposizione: quasi sempre secondo Nardone erano scoperti di conto corrente o mutui. Secondo l’ispettore si erano creati “i presupposti perché qualcuno fosse obbligato a comprare azioni di Veneto Banca”, anche se sugli impegni all’acquisto non c’era la firma di Consoli. Sono state poi analizzate alcune di queste operazioni, come quella di JP Morgan. Secondo l’avvocato Costabile (difesa Consoli) è stata fatta dopo l’aumento di capitale e per una logica industriale, secondo Nardone invece non è stata presentata come operazione industriale. Costabile ha poi ricordato che la legge in vigore nel 2013 sulle azioni nel mercato secondario diceva di scomputare, ma secondo Nardone è una questione di interpretazione della norma.
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