Rete Nazionale Scuola In Presenza a Draghi e governo: nuovo protocollo Covid nelle scuole “discriminazione palese e violazione della privacy”

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Signor Presidente del Consiglio, Egregi Ministri – ecco la lettera con cui li sensibilizza Rete Nazionale Scuola In Presenza -, facciamo seguito alla nostra lettera del 19/10/2021 per esprimere apprezzamento in merito all’adozione di un Protocollo sanitario unico a livello nazionale in caso di alunno positivo a virus Sars Cov-2 in ambito scolastico. L’obiettivo – auspichiamo comune – è di garantire la scuola in presenza ai minori, data la previsione di quarantena solo in caso di cluster dopo il primo caso indice.

Procedendo alla disamina di detto documento, intendiamo però sollevare due questioni:
1) in ambito scolastico, i bambini e i ragazzi, che costantemente indossano la mascherina e sono distanziati, sono considerati contatto stretto
2) il vaccino protegge dalla malattia grave ma non dal contagio, eppure l’identificazione di un contatto stretto muta da alunno vaccinato ad alunno non vaccinato.
La Rete Nazionale Scuola in Presenza
, che si avvale della consulenza di un gruppo di giuristi e accademici di rilevanza internazionale, rileva l’assenza di criteri scientifici alla base dei due suddetti punti del protocollo .

Il protocollo, infatti, impone il divieto della didattica in presenza ai ragazzi non vaccinati, a prescindere dalla loro positività. La positività degli alunni, vaccinati e non, si può verificare mediante i test. Il divieto della didattica in presenza agli studenti negativi ma non vaccinati
è dunque non giustificabile né sul piano scientifico, né tantomeno sul piano giuridico, e appare come una grave forma di illegittima discriminazione.
Non possiamo non rilevare come il protocollo approvato confligga con quanto previsto dall’ECDC – European Centre for Disease Control – per quanto riguarda l’applicazione del c.d. “Test to stay” in ambito scolastico. Nel suo rapporto “Assessing SARS-CoV-2 circulation, variants of concern, non-pharmaceutical interventions and vaccine rollout in the EU/EEA, 16th update” del 30 settembre 2021.
(link: https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/covid-19-rapid-riskassessment-16th-update-september-2021.pdf) 1

È quindi chiaro che:
– differenziare le quarantene in base al numero di casi individuati in una classe non è coerente con il criterio base del “test to stay”: chi ha un test negativo può stare a scuola in presenza, che sia il primo, il secondo o il dodicesimo caso identificato in una classe. Solo il test rivela chi è stato contagiato e chi no: mandare in quarantena chi ha comunque un test negativo non poggia su alcuna base scientifica.
– differenziare le quarantene tra categorie diverse di persone in ambito scolastico non ha alcuna base scientifica: che sia studente, insegnante, personale di supporto della scuola, chi ha un test positivo deve stare a casa, chi ha un test negativo può stare a scuola. Infatti anche l’ECDC non differenzia tra categorie diverse di persone che frequentano le scuole.
Si sottolinea inoltre come in ambito lavorativo e non le quarantene vengano disposte solo per le persone positive al test, e non per un determinato numero (che non può che essere arbitrario) di casi su un certo numero di persone che lavorano insieme. Solo il test può dare la certezza se si sia infetti/infettivi o meno, e se questo è negativo non c’è ragione scientifica per limitare la fruizione dei servizi essenziali o lo svolgimento del proprio lavoro.
Le questioni sopra rilevate hanno poi dei risvolti giuridici di non poco conto.
Innanzitutto si configura una discriminazione indiretta dei minori non vaccinati con palese violazione delle norme comunitarie e interne: essi sono posti in una situazione di svantaggio (quarantena e didattica a distanza) senza che ciò sia giustificato da una finalità legittimamente perseguita con mezzi appropriati e necessari per contenere il contagio.

In secondo luogo si configura una palese violazione della privacy, atteso che un dato sensibile come lo stato vaccinale di un minore viene indirettamente evinto dalla quarantena a cui il soggetto stesso è sottoposto.
Lo stesso Garante della privacy, in una nota dello scorso 30 settembre, ha evidenziato “L’Autorità ricorda che, secondo il quadro normativo vigente, agli istituti scolastici non è consentito conoscere lo stato vaccinale degli studenti del primo e secondo ciclo di istruzione…” e poi “L’Autorità ribadisce la necessità che vengano in ogni caso individuate modalità che non rendano identificabili gli studenti interessati, anche al fine di prevenire possibili effetti discriminatori per coloro che non possano o non intendano sottoporsi alla vaccinazione”.
Gli unici titolati a conoscere lo stato vaccinale degli alunni sono pertanto solo ed esclusivamente i genitori (o i tutori) del minore e le autorità sanitarie competenti.
Riteniamo che la differenza di trattamento riservata agli studenti delle scuole, rispetto a quanto avviene tra gli adulti, sia ingiustificata sia alla luce dell’andamento dei contagi nelle scuole, sia alla luce degli studi scientifici compiuti nell’anno scolastico 2020/2021 (link: https://www.orizzontescuola.it/covid-gandini-a-scuola-la-frequenza-dei-contagi-ebassissima-i-ragazzi-si-contagiano-meno-degli-adulti-anche-con-la-variante-inglese/;
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2666776221000697?via%3Dihub)
Non possiamo inoltre esimerci dal notare come questo protocollo si presti a favorire tra gli studenti situazioni di bullismo e di pressione psicologica che la Scuola non può tollerare: il principio pedagogico dell’inclusione non si concilia con la lesione del diritto alla privacy e
con tutte le conseguenze che deriverebbero dal veder diffuso un dato sensibile come la vaccinazione.

Come Rete Nazionale riteniamo necessario ribadire ancora una volta che le vaccinazioni in ambito pediatrico devono essere trattate con cautela e non incentivate con norme ad hoc: l’approccio alla vaccinazione pediatrica anticovid, che è differente dalle vaccinazioni obbligatorie, deve rispettare il principio della libertà di scelta, sia nei confronti delle famiglie che intendono vaccinare i propri figli, sia nei confronti delle famiglie che, per motivi religiosi, etici o sanitari, decidono di non procedere alla vaccinazione dei propri figli minori, sui quali esse esercitano il diritto della potestà genitoriale.

Ricordiamo che il vaccino contro il virus SARS-CoV-2 non nasce come sterilizzante (ossia vaccino che protegge dal contagio), ma come vaccino immunizzante (ossia che protegge dalla malattia grave): ma essendo i giovani soggetti a basso rischio di contrarre la malattia e provato ormai che raramente sono fonte di contagio, riteniamo che l’approccio precauzionale sulla somministrazione del vaccino sia un doveroso atto di tutela nei loro riguardi e debba necessariamente essere sottoposto al vaglio del medico di riferimento.
In una democrazia sana la vaccinazione deve poter essere una libera scelta dell’individuo e delle famiglie (giustificabile per motivi etici, religiosi, sanitari) questa non può essere una condizione ostativa alla presenza in classe degli alunni/e, qualunque sia lo scenario che si presenti.

In premessa e tra le indicazioni operative del protocollo, inoltre, i dirigenti scolastici vengono incaricati di procedere a indicare le quarantene in caso le Asl non riescano a farlo nei tempi previsti. Ne deriva per forza di cose che i dirigenti non solo saranno in possesso di dati sanitari che non dovrebbero conoscere, ma che tale previsione “d’urgenza” rischia di essere l’ordinario modo di procedere che potrebbe indurre ad applicare quarantene indiscriminate in quanto gli stessi dirigenti potrebbero non volersi assumere tale responsabilità. Situazione inaccettabile al terzo anno scolastico pandemico, che si sta già verificando in alcune Regioni, tra le quali la Lombardia dove ci segnalano addirittura la chiusura di interi plessi scolastici.
A tal proposito i dirigenti scolastici hanno già manifestato di essere contrari al nuovo protocollo: “Non siamo medici. Ognuno deve fare il proprio lavoro: noi facciamo i presidi e non possiamo assumerci le responsabilità delle Asl solo perché queste sono in difficoltà a causa della mancanza d’organico”.
(link: https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/11/06/scuola-levata-di-scudi-dei-presidi-suiprotocolli-anticontagio-non-sta-a-noi-tracciare-i-contatti-ognuno-faccia-la-suaparte/6382187/).
In conclusione, vorremmo suggerire soluzioni alternative che comunque garantirebbero sicurezza ma anche equità:
● Disporre la quarantena solo per i sintomatici – questo non abbasserebbe gli standard di sicurezza in quanto gli studi scientifici hanno ampiamente dimostrato che i minori hanno un ruolo marginale nella diffusione del virus.
● Applicare come suggerisce l’ECDC il protocollo Test to Stay e isolare solo i positivi: questo risolverebbe anche la situazione delle quarantene nei servizi educativi 0-6 anni.

Noi riteniamo che la soluzione migliore in relazione anche ai dati epidemiologici del momento in ambito scolastico nonché all’alta percentuale di vaccinati nel nostro Paese (86,4% di prime dosi effettuate) sia sicuramente la prima.
Come riporta infatti anche l’ECDC non è più opportuno concentrare i nostri sforzi verso gli asintomatici, ma la comunità tutta dovrebbe focalizzarsi sulla malattia sintomatica e quindi sul testare ed isolare soltanto i soggetti sintomatici
(https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/TGU-20211019-1878.pdf).

Questo dovrebbe valere per ogni fascia d’età, ma ancora di più per quella pediatrica, soprattutto in ambito scolastico, perché ha ed ha avuto un ruolo assolutamente marginale nella diffusione del contagio.
È invece sempre più chiaro quanto l’isolamento, ma anche il solo essere additati come untori, in particolar modo dai mass media, abbia causato gravi danni psicologici nei bambini e ragazzi: i dati OCSE riportano un aumento dei pensieri suicidi già a sei anni.
L’attuale protocollo andrebbe a privare inutilmente ragazzi negativi della scuola, ma anche di tutte le attività extra scolastiche, cosa gravissima ed ancor più inaccettabile per i ragazzi disabili e con bisogni educativi speciali per i quali si è cercato di garantire, già dopo il primo lockdown e non a caso, la scuola in presenza. Per tali ragazzi, la continuità didattica (già precaria per una gestione storicamente fallace del sosteno), verrebbe
ulteriormente compromessa dalle periodiche quarantene rendendo di fatto impossibile la gestione delle fondamentali routine dei ragazzi. Per disabili e Bes inoltre le attività extrascolastiche rientrano nei loro piani di recupero ed inserimento sociale mandando in frantumi i loro percorsi terapeutici. Ulteriori regressioni e ritardi negli apprendimenti e nei recuperi sono una certezza e un danno per questi ragazzi e per le loro famiglie.
Crediamo quindi che sia fondamentale optare per un cambio di narrazione dove venga tutelata l’infanzia e l’adolescenza, tornando a garantire un sano e armonioso sviluppo: nessuna discriminazione può essere accettata in questa ottica.
Certi che la democrazia passi attraverso il dialogo e il confronto tra cittadini e istituzioni, restiamo a disposizione per ogni chiarimento e contatto e auguriamo a tutti buon lavoro.
Con coscienza e consapevolezza.

I referenti regionali della

Rete Nazionale Scuola in presenza

1) L’ECDC specifica come vada fatto il monitoraggio in ambito scolastico: ‘Test-to-stay’ strategies could additionally be considered in an attempt to minimise disruption and school absenteeism in school settings while also limiting opportunities for further
transmission [88,93,94]. Daily testing has been used successfully to keep children in schools, despite positive cases in a class. In a UK open-label cluster-randomised trial, daily contact testing of school-based contacts was found to be a non-inferior safe alternative
to self-isolation [93].

Traduzione:

Si potrebbero inoltre prendere in considerazione strategie "test-to-stay" nel tentativo di ridurre al minimo i disagi e l'assenteismo scolastico negli ambienti scolastici, limitando allo stesso tempo le opportunità di ulteriori
trasmissione [88,93,94]. I test giornalieri sono stati utilizzati con successo per mantenere i bambini nelle scuole, nonostante i casi positivi in ​​una classe. In uno studio randomizzato in cluster in aperto nel Regno Unito, il test di contatto giornaliero dei contatti scolastici è risultato essere un'alternativa sicura non inferiore
all'autoisolamento [93]