The Last Dance, il “ballo” immortale di Michael Jordan raccontato da Federica Monaco

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Il docufilm in dieci puntate sul mito immortale di Michael Jordan e i Bulls del 1997 intitolato The Last Dance trasmesso da Netflix è stato definito da Rolling Stone “non la miglior serie sportiva dell’anno, ma la miglior serie dell’anno punto, senza qualificativi di genere”. Che l’abbiate vista o no, noi ve la facciamo rivivere, riportandola anche alla nostra realtà, con il racconto della capitana dell’AS Vicenza Federica Monaco. Parole intense di un’atleta e insegnante che consigliamo di leggere a tutti, ma soprattutto ai giovani cestisti e sportivi.

Il direttore

Ho visto la serie “The Last Dance” e già dalle prime due puntate riuscivo a dir soltanto “che spettacolo”, “che mentalità”.

Da quanto ho letto anche su diversi siti internet è stata la serie Netflix più vista di sempre nel nostro Paese, ed è ormai diventata un fenomeno mediatico globale. Ha trovato il plauso di tutto il mondo e per tutti noi cestisti è stata veramente un docu-serie emozionante, da brividi!

Stiamo parlando di una delle migliori pagine di storia sportiva di tutti i tempi, di un uomo, un atleta che ha fatto di tutto per realizzare i suoi obiettivi, i suoi sogni. Un esempio di mentalità vincente per tutti gli sportivi di qualsiasi displina, individuale e di squadra.

Sono una tifosa sfegatata di Jordan e tutte le partite dei campionati giovanili le ho giocate con il polsino nero o rosso proprio come lo aveva lui! Ho sempre avuto una gran “fame” di arrivare agli obiettivi. A volte un bel po’ maniaca del mio lavoro, soprattutto d’estate con lo stop degli allenamenti: palestra pesi, corse mattutine per le strade di Cosenza, o sulla spiaggia nei giorni di vacanza.

Mi piace lavorare sui fondamentali al campetto d’estate, sul parquet durante la stagione e negli allenamenti individuali del mattino, sono sempre stata dell’idea che se non si lavora sul proprio corpo e se non te ne prendi cura da vera atleta, non puoi pretendere di far il passettino in più verso i traguardi prefissati. Si quid agis, bene age! (se fai qualcosa falla bene!)

Un modo di esser leader come Jordan è particolare, un bel po’ duro; ma lui è sempre stato abituato ad arrivare in qualsiasi modo e maniera ai suoi progetti. Si è ritrovato nella posizione di poter fare tutto quello che abbiamo visto nella serie anche per quello che ha fatto e dimostrato in campo, nessuno poteva dirgli nulla per tutta la dedizione che ha sempre messo negli allenamenti e sul parquet durante le partite. O comunque nessuno ha mai avuto il coraggio di dirgli “però sei troppo duro con i tuoi compagni…”.

Evidentemente quel suo atteggiamento da “superiore” portava gli altri compagni a dimostrare sempre di più, con più stimoli, per lavorare sodo. Non sono d’accordo sull’innalzare troppo un giocatore al di sopra degli altri, al di sopra della squadra, sebbene sia il leader. Ma alla fine non parliamo di un giocatore qualsiasi. Parliamo di Jordan. Il signore del basket, che ha vinto 6 anelli NBA.

Per essere un buon capitano e leader non basta essere un buon giocatore di una squadra. Poche persone hanno l’occasione di assumere un ruolo da leader di tale importanza, ed io sono fortunata di esser il capitano di questa società importante.

Se si diventa capitano di una squadra, bisogna imparare a guidare i compagni fuori e dentro il campo. Il mio obiettivo è sempre stato questo. Essere un esempio, in ogni situazione devono vederti dare tutto per vincere una partita.

Allenandomi e correndo sempre alla massima velocità, provando a riconquistare tutti i palloni. Esser la prima della fila durante le sedute di atletica. Se un capitano è pigro o non dà il 100%, i compagni non si sacrificheranno. Proprio come ha sempre fatto il signor Jordan.

Continuerò a far vedere a tutti che sarò sempre disposta ad impegnarmi al massimo, anche in caso di sconfitta. Non è facile trovare le energie quando il punteggio non sorride, quando il campionato prende una brutta piega, ma non si molla!

Quindi le mie compagne hanno sicuramente bisogno del mio esempio, della mia forza di volontà, della sportività, della mentalità vincente, dell’umiltà, del rispetto verso il prossimo.

Un capitano deve saper soprattutto ascoltare, ma tutto ciò bisogna farlo a partire dall’allenamento.

Parola di capitan Fede.

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