Pierangelo Cangialosi sull’ultima pubblicazione di PAIDEIA: “Pensare La crisi. Declinazioni storiche e paradigmi teorici”

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Pensare la Crisi. Declinazioni storiche e paradigmi teorici, a cura di M. Lucivero e P. Cangialosi, Aracne, Roma 2021.
Pensare la Crisi. Declinazioni storiche e paradigmi teorici, a cura di M. Lucivero e P. Cangialosi, Aracne, Roma 2021.

di Pierangelo Cangialosi, Presidente Società Filosofica Italiana, sezione di Verona e Dirigente nazionale del Movimento Federalista EuropeoQuando il curatore di questo volume, Michele Lucivero, mi ha gentilmente domandato di scrivere alcune righe su questa antologia, la memoria mi ha riportato a più di dieci anni fa nel 2010 quando durante una delle nostre riunioni a Schio (VI) proposi alla Società filosofica italiana Sezione di Vicenza di impegnare un piccolo gruppo tra di noi in una riflessione sulla “crisi” che stavamo vivendo.

In quei momenti stava arrivando l’onda lunga della crisi finanziaria del 2008 che, iniziata negli Stati Uniti, stava investendo l’Europa e stava già provocando alcuni fenomeni (tra questi la sfiducia nelle istituzioni democratiche, nella politica, il populismo e un rifiuto generale dei valori dell’Occidente) che poi avremmo visto svilupparsi in tutta la sua ampiezza.

Questa proposta si trasformò poi in una serie di incontri seminariali che avevano l’ambizione di coinvolgere diversi esperti di alcune professioni (dagli economisti ai filosofi, agli esperti di scienze naturali e sociali) delle più svariate tendenze politiche, culturali e religiose.

Si svolsero alcuni incontri prima a Schio e poi a Verona, in alcuni casi con la formula del seminario interno, in altri invece aprimmo la partecipazione al pubblico generale sempre con l’ambizione, propria della SFI, di svolgere un servizio per la riflessione e per l’avanzamento della ricerca filosofica.

Nel frattempo il mondo non stava certo fermo per fare un piacere a noi che lo stavamo analizzando: la crisi ha assunto forme diverse e, per certi versi, si è approfondita in seguito ad una globalizzazione che ha risparmiato pochi lavoratori.

Il fenomeno delle grandi migrazioni, dei cambiamenti ambientali e delle crisi sociali sono sotto gli occhi di tutti. Spesso però non sono evidenti i legami tra queste emergenze. Alcuni interventi di questa antologia, pur affrontando temi specialistici, ci consentono di evidenziare alcuni collegamenti.

In questi anni turbolenti, che iniziano, secondo il mio modesto parere, già dalla fine della Guerra fredda e proseguono con l’inizio delle guerre calde sui fronti del terrorismo e del declino dell’ultima superpotenza rimasta, quello che chiamiamo in termini culturali “Occidente” si è, per così dire, ridotto (forse ritirato?) e ha iniziato a dubitare dei propri valori: il processo democratico è sempre il migliore modo di prendere le decisioni? Diritti umani, democrazia e libertà sono i supremi valori? Dobbiamo e possiamo praticare la democrazia e i diritti umani quando gran parte del corpo elettorale non li considera più valori? Sono domande che tutti ci poniamo.

Questa crisi ha assunto la forma della sfiducia dei cittadini nei propri organi democraticamente eletti. Nel resto del mondo, nel frattempo, sono fiorite ideologie e forme di governo che pretendono di essere “migliori” della democrazia e di poterla superare per efficienza nella risoluzione dei problemi: dal ritorno alle forme pure del Corano al comunismo capitalistico cinese a base confuciana.

Negli ex Paesi dell’Est comunista in Europa rinascono i nazionalismi e si sviluppa il rimpianto dei diritti e dei privilegi che venivano somministrati dagli Stati a regime comunista. Nell’Europa dell’Ovest, che si credeva immune da queste derive ideologiche, si sviluppa una grave sfiducia nei confronti del mai completato processo di integrazione europea che va a saldarsi con i movimenti nazionalisti.

Dell’Unione Europea vengono criticati, molte volte con ragione, la mancanza di democrazia, la non trasparenza dei processi di selezione della classe dirigente, la mancanza di un consenso popolare esteso nei confronti dello stesso processo. L’edificio delle democrazie atlantiste ed europeiste, che sono state rifondate dopo la Seconda Guerra mondiale a seguito di una sconfitta clamorosa e anche vergognosa dell’Europa, riceve dei colpi formidabili e sembra sul punto di crollare.

La domanda di noi filosofi è questa: cosa accade quando c’è una tale distanza tra fatti e valori?

Il termine crisi qui riacquista il suo significato originario di distinzione e cambiamento. Si tratta di quel sottile crinale che ci deve spingere a comprendere gli errori, anche sistemici, e a modificare radicalmente il nostro approccio.

Con l’arrivo del virus poi, per certi versi ancora misterioso, la crisi che era già presente si approfondisce e mette a dura prova quelle istituzioni (democrazia nazionale e UE) che erano già sul banco degli accusati. La sfiducia nella scienza e contro le grandi corporations, che già correva sui fili e sulle onde della rete Internet e dei social media si aggrava. Alla crisi della democrazia, alla sfiducia nelle istituzioni si aggiunge la sfiducia nella scienza come sistema di ricerca e nei suoi valori.

L’epoché (la necessaria sospensione del giudizio in attesa di esperimenti e osservazioni empiriche) viene scambiata per inefficienza, i media con la loro continua fame di notizie mettono in scena questo dramma. L’ansia e la paura pervadono le nostre giornate: ci rivolgiamo allo Stato e al governo nel momento dell’emergenza, ma la nostra impotenza di fronte ad un fenomeno che si riteneva estinto, invece di renderci più modesti, suscita rabbia e sgomento.

Jean Monnet, uno dei padri dell’Unione europea, soleva ripetere che «L’Europa si farà nelle crisi e sarà costituita dalla somma delle soluzioni date a queste crisi»[1].

Questa tempesta, di cui oggi scorgiamo i confini, non finirà molto presto, dovremo temo aggiungere nuovi capitoli.

Si prenda oggi questo contributo alla discussione come quello di un equipaggio che sta tentando di capire dove ci sta trascinando questo vento. Questa lunga notte dovremo ancora attraversarla tutta e noi stessi ne usciremo cambiati. Qui troverete solo lucide analisi non spazi per l’ottimismo o per il pessimismo.

E dopo l’analisi sappiamo che dovremo rimetterci ancora in marcia con fatica.

Pensare la crisi. Declinazioni storiche e paradigmi teorici, a cura di M. Lucivero e P. Cangialosi, Aracne, Roma 2021.

[1] J. Monnet, Mémoires, Fayard, Paris 1976, p. 488.

Indice dell’opera:

Guido Vittorio Savio, La crisi di relazione come soluzione (o di qua o di là);

Teodoro Custodero, Filosofia e natura: il modello Feuerbach in tempi di crisi ecologica;

Nicola Curcio, L’arte come crisi. A partire da un aneddoto di Plinio;

Mauro de Bari, Deriva, crisi e digitale. Il Patrimonio Culturale Digitale;

Fabio Peserico, La bellezza come risposta alla crisi della cultura nichilista;

Michele Basso, Emiliano Brajato, Krisis cosmica e metabolè umana. Pensare la crisi con Platone;

Gianni Porta, Fuga per la sconfitta. La crisi della sinistra tra Stato e organizzazione;

Michele Lucivero, La crisi economica è solo un limite o anche una opportunità?;

Andrea Petracca, Il dispositivo crisi. La dimensione dell’organizzazione e la comunità perduta

Valerio Nuzzo, Il futuro dell’Unione europea dinanzi alla crisi del debito sovrano. La prospettiva di Jürgen Habermas sul significato politico della Grande recessione


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a cura di Michele Lucivero

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