Il legame secolare che unisce il Circeo alla Polonia attraverso il Principe Poniatowski

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Circeo ottocentesco. Franz Ludwig Catel. Veduta dalla Costa Domizia con i Popolani in primo piano.
Franz Ludwig Catel (1778-1856): “Veduta del Circeo dalla Costa Domizia con i popolani in primo piano”. Olio su tela. Credits: Galleria d'Arte Berardi S.r.l.

La storia del Circeo è fatta di stratificazioni sociali e culturali: parte dalla preistoria e dagli insediamenti Neanderthal e arriva sino a noi portandosi dietro il retaggio di antico feudo e la conseguente “scocciatura” dei livelli baronali. Per le alture, grotte e spiagge che disegnano la complessità di questo monte sono passati animali ormai estinti, popolani, papi, templari, principi e baroni, ma anche tantissimi studiosi, scienziati e curiosi. Un territorio così piccolo eppure così affacinante, ricco e misterioso che ha ancora tanti segreti da rivelare; oltre che luoghi “maledetti” oppure impervi e proibiti da visitare.

Nella sua cronistoria non manca un buco temporale in corrispondenza del Medioevo, epoca di cui restano incognite tante evoluzioni. Quello che si sa per certo, però, è che dopo essere stato a lungo un rifugio dorato per le personalità più importanti dell’antica Roma, che qui fecero costruire molte ville di cui sono ancora visibili i resti, il Circeo è passato per diverse mani: dai Saraceni, che saccheggiarono e distrussero, ai feudatari, dall’importante famiglia Caetani alla Reverenda Camera Apostolica, arrivando all’Ottocento e agli anni della reggenza del principe polacco Stanislao Poniatowski.

Dal Cinquecento all’Ottocento – Nel 1501, a causa della storica rivalità tra la famiglia Caetani e quella Aragonese, San Felice Circeo venne distrutta da Federico I d’Aragona. La popolazione fu costretta a migrare verso Sermoneta e Terracina. La ricostruzione vera e propria avvenne solo un secolo dopo ma i lavori (sempre ad opera e onere dei Caetani) cominciarono quasi subito ed è proprio in questo contesto che, nel 1562, Pio IV ordinò l’edificazione delle torri costiere (prima Torre Paola e Torre Fico e, successivamente, Torre Cervia e Torre Moresca) che oggi dominano lo skyline locale. Il Seicento fu un secolo positivo, di restauro e ripopolamento: i residenti aumentarono di ben due terzi grazie all’arrivo di famiglie ischitane, napoletane e campane in generale, oltre che umbre, toscane e laziali. Mentre nel resto d’Italia la peste e la Guerra dei Trent’anni macinavano vittime, il Circeo si ritrovò investito da un’ondata di benessere come forse aveva vissuto solo in epoca romana. Presero il via diverse attività manifatturiere e la popolazione migliorò decisamente le proprie condizioni di vita. Uniche eccezioni: la pesca, che non veniva praticata per la paura degli attacchi dei pirati via mare, e la caccia, riservata esclusivamente al duca. Ma tutto questo non durò a lungo. Il Settecento, per il feudo, fu un passaggio di mano continuo fino ad arrivare alla Reverenda Camera Apostolica (1720) che avrebbe mantenuto il suo ruolo fino alla liberazione di Roma dal dominio del Papato (1870); con una pausa di circa circa 15 anni, in cui reggente fu un principe polacco che si era innamorato del territorio al punto da decidere di amministrarlo.

L’amor che move il sole e l’altre stelle – Sono tanti i luoghi del Circeo intitolati al principe Poniatowski, tra cui una strada in discesa (lungo un percorso che porta al centro storico) e un paio di ville. Sono passati due secoli da quel breve “periodo d’oro” ma i sanfeliciani non hanno mai dimenticato il loro benefattore.

Stanislaw Poniatowski
Stanislaw Poniatowski. Fonte: wikipedia.

Stanislao Poniatowski era il nipote del re di Polonia Stanislao II Augusto e subentrò allo Stato Pontificio nel 1808. Fino ad allora, per volontà di papa Innocenzo XIII, erano già stati portati avanti diversi lavori che miravano a migliorare le precarie condizioni di vita della popolazione che aveva vissuto un lungo periodo di cambi di reggenza e di instabilità: tra le tante iniziative venne programmato anche l’avvio della bonifica delle Paludi Pontine, già tentata nel Cinquecento dalla famiglia de’ Medici ma mai portata a termine; in nessuna di queste due occasioni. Ma non poteva esserci nessun aiuto concreto per un popolo che veniva spesso tassato e depauperato da chi prendeva in affitto il feudo senza minimamente curarsi di chi lo abitasse. Quando Poniatowski acquistò il Circeo (per poco più di 86mila scudi), i residenti erano al limite della sussistenza.

I 14 anni che seguirono sono rimasti nella storia. Il principe, rendendosi conto che la popolazione era aumentata di numero, fece costruire nuove abitazioni nella parte bassa di San Felice, volle la sopraelevazione del Palazzo Baronale (che venne anche decorato da eleganti affreschi trompe-l’œil) e si occupò di sistemare l’intero assetto del circondario tra spostamenti e demolizioni di strutture in rovina. Il paese smise di apparire come un borgo fortificato e cominciò ad identificarsi in un’anima più armonica, gradevole, accogliente. Il principe fece erigere anche il suo casino di caccia (ribattezzato Villa Aguet dal nome dell’ultimo proprietario del feudo) e una residenza (Villa Spada-Poniatowski, che sorge accanto a Torre Vittoria) dove hanno soggiornato persino dei papi. Piantò vigneti e frutteti di vario tipo, migliorò la viabilità con diversi interventi urbanistici, incaricò la costruzione di magazzini e cantine, addirittura spostò l’orologio dal portone del Palazzo Baronale alla Torre dei Templari (dove si trova ancora oggi) per fare in modo che fosse visibile a tutti; affiché anche l’ultimo popolano potesse sempre sapere l’ora. Grazie alla sua lungimiranza, migliorò persino le condizioni del Lago di Paola (aveva versato un’ulteriore somma per acquisirlo e rescindere il contratto che lo legava ad un’altra famiglia) e dei locali predisposti per i pescatori. Tutto questo favorì non solo la popolazione ma attirò anche i forestieri: al servizio del principe arrivarono tanti artisti da Roma che dettero un personale contributo a questa “rifioritura” che poneva le basi per il futuro.

Un episodio su tutti: nel 1812, dopo aver già parecchio rimodernato il villaggio, Poniatowski aveva nominato un enfiteuta/ministro, Giovanni Leopardi, ma se ne disfece quasi subito nonostante fosse un suo uomo di fiducia. Il motivo? Aveva appurato che aveva aumentato gli affitti ai residenti: in pratica, Leopardi aveva imposto un canone di quattro scudi al rubbio per tutti i terreni e i sanfeliciani non avevano esistato a protestare. Il principe prese immediatamente le loro parti. Dopo un furioso litigio, il contratto di enfiteusi venne annullato ma le beghe legali si protrassero fino alla fine della reggenza Poniatowski, motivo per cui quella tassa arbitraria venne comunque mantenuta anche in seguito.

La fine di una (breve) era – In quei brevi ma intensissimi 14 anni, i sanfeliciani giovarono così tanto della presenza del principe che il loro numero superò per la prima volta le 800 unità.

Cassandra Luci tra il 1825 e il 1830.
Cassandra Luci tra il 1825 e il 1830.

Ci sono diverse versioni che spiegano la fine della reggenza Poniatowski. Ad esaminarne un paio, si nota che hanno più di un punto di contatto. Nel 1822, infatti, il principe aveva deciso di trasferirsi a Firenze, allora capitale del Granducato di Toscana, città che sarebbe diventata la sua patria elettiva. Fu costretto, perciò, a rivendere il feudo alla Camera Apostolica perché mancavano legittimi eredi a cui consegnarlo. E non senza qualche estremo tentativo di rivalsa: cercò fino alla fine di ottenere il riconoscimento dei 5 figli avuti fuori dal matrimonio con Cassandra Luci, una donna (per alcuni una popolana, in realtà molto vicina al ceto nobile per discendenza) sposata in prime nozze a Vincenzo Venturini Benloch, creduto morto nella campagna napoleonica di Spagna (ma ritornato in Italia nel 1814). I due si erano innamorati quando lui era già un cinquantenne (lei era di vent’anni più giovane). Fu esplicitamente chiesto a Pio VII di intercedere per l’annullamento dalla Sacra Rota dell’unione tra la Luci e il Benloch, ma questa concessione non fu mai accordata. Ironia della sorte, una volta giunto a Firenze fu proprio il Granduca di Toscana Ferdinando III d’Asburgo-Lorena a dargli la possibilità di riconoscere i figli, “abilitati a godere delle prerogative e onori della Nobiltà, ad essi competente per diritto di sangue“. Alcuni divennero a loro volta principi e cambiarono il cognome da Luci in Poniatowski; ci furono anche legami e unioni con la famiglia di Napoleone. Tuttavia, secondo un’altra versione, nemmeno questa legittimazione sarebbe mai sopraggiunta; in ogni caso, la vendita alla Camera Apostolica sarebbe, quindi, avvenuta quasi in un contesto di risentimento.

Sig. Arciprete, mi sono state oltremodo gradite le cortesi espressioni contenute nel suo foglio (…) sulle quali non faccio che ripeterle quanto ho già ad altri esternato, cioè che non porrò mai in dimenticanza questa interessante località e la sua buona popolazione, ed in modo particolare quelle brave persone che mi hanno dimostrato un maggiore attaccamento, e che goderò di udire le notizie della loro ulteriore prosperità.

Da una lettera del Principe Poniatowski all’Arciprete del tempo – Roma, 14 Giugno 1822

Ci fu un’ultima cortesia che il principe sentì di dovere ai sanfeliciani. Nel Giugno del 1822, infatti, nonostante il feudo fosse stato già venduto, decise di restare nei paraggi (Roma) per occuparsi di un diritto rimasto per anni invendicato: il sussidio dotale per le “zitelle povere”.

Stanislao Poniatowski lasciò questo mondo pochi anni dopo, nel 1833: nel 1830, morto il primo marito di Cassandra, i due amanti erano finalmente convolati a nozze, ma la felicità fu purtroppo molto breve. Il principe è stato sepolto nella Basilica di San Marco, a Firenze, dove sorge il suo monumento sepolcrale. Nel suo amato Circeo non è più tornato, ma nessuno lo ha mai dimenticato.

In una parola, tante e tante altre cose hanno fatto cangiare aspetto al paese e al territorio, di modo che non è possibile precisare l’enorme spesa, ma sicuramente, per quello che in passato sì è inteso dire dai Familiari e Ministri di detto Sig. Principe, deve avervi speso in tutto qualche duecentomila scudi: è divenuta la terra di San Felice e lago di Paola una vera delizia; meriterebbe l’amore di un sovrano per farne, come i Lepidi, i Luculli e Poniatowsky, un luogo di amena e piacevole villeggiatura.

Documento dell’Archivio di Stato di Roma (A.S.R., Camerale III – Busta 2177) in cui sono elencate le opere realizzate al Circeo dal Principe Poniatowski