Fanghi di depurazione all’inceneritore di Schio, ISDE Medici per l’ambiente Vicenza: “Rischio Pfas”

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inceneritore Schio Fanghi di depurazione
inceneritore Schio

A seguito delle dichiarazioni rilasciate alla stampa dal Presidente di Viacqua relative ad un progetto di incenerimento dei fanghi di depurazione delle acque reflue presso l’impianto di incenerimento rifiuti di Schio, ISDE Vicenza si è rivolta ai sindaci di Schio, sede dell’impianto, e di Marano Vicentino, sede dell’Osservatorio permanente sui rifiuti, per ottenere delucidazioni relativamente alla tempistica del progetto, alla quantità e provenienza dei fanghi da incenerire, alle misure previste per una valutazione dell’impatto ambientale e sanitario di tale operazione in via preventiva e in corso di realizzazione. 

Il trattamento dei fanghi di depurazione, anche di sola origine civile, pone infatti numerosi problemi legati alla presenza in tale materiale di sostanze come i PFAS (sostanze perfluoroalchiliche), inquinanti la cui pericolosità e tossicità per l’uomo e per l’ambiente è comprovata da numerosi studi scientifici clinici ed epidemiologici. Questo aspetto è di particolare rilevanza nella nostra regione, interessata, come è noto, da un grave e diffuso inquinamento da PFAS. 

La presenza di PFAS anche nei fanghi di depurazione di sola origine civile è riportata dall’Agenzia Europea per l’Ambiente, confermata dalle analisi effettuate dalla stessa ARPAV nell’ambito del programma di controllo dei PFAS e ribadita con grande preoccupazione nella recente “Relazione sulla diffusione delle sostanze perfluoroalchiliche” della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.

Da tali documenti si evince che nessun fango di depurazione può essere considerato privo di PFAS se non in seguito ad analisi puntuali, complesse e costose effettuate su ogni singolo campione ( esistono migliaia di PFAS diverse, per alcune delle quali non sono state messe ancora a punto procedure analitiche) mentre, come documentato in letteratura scientifica,  l’incenerimento in impianti di questo tipo non solo non porta a degradare i PFAS, ma può anche condurre alla formazione e alla conseguente emissione  di molecole ancor più pericolose di quelli di partenza. Nonostante, dunque, l’incenerimento dei fanghi di depurazione sia autorizzato dall’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) dell’impianto di Schio, tale operazione espone comunque il territorio a rischi per la salute e per l’ambiente, peraltro in un contesto di vuoto normativo per cui, in Italia, non esistono limiti per le emissioni in atmosfera di questi inquinanti ed infatti nella suddetta AIA tali molecole non compaiono nella lista delle sostanze da monitorare nei fumi in uscita. 

Nella risposta fornita da Viacqua ed inoltrata ad ISDE dall’Amministrazione di Schio, si ammette l’esistenza di questo progetto di incenerimento dei fanghi, senza fornire alcun dato relativo alle quantità che dovrebbero essere trattate . In particolare, è grave che nessuna risposta sia fornita da Viacqua in merito alla richiesta di ISDE di rendere note le misure sia preventive che di monitoraggio sulle ricadute ambientali e sanitarie di tale progetto. Tali misure non sembrano dunque essere contemplate in questo progetto, nonostante l’ormai comprovata pericolosità per la salute umana di queste sostanze e l’urgenza di contenerne la diffusione, come ampiamente descritto in una corposa letteratura scientifica, e nonostante il nostro territorio sia già stato pesantemente segnato dalla vicenda del più grave inquinamento della falda acquifera a livello europeo.

Inquietante, infine, la clausola di riservatezza riportata nel protocollo d’intesa che “vincola ciascuna società al mantenimento della riservatezza circa le informazioni che verranno acquisite a qualsiasi titolo durante i confronti che si renderanno necessari”, soprattutto in considerazione del fatto che tali società, entrambe a capitale pubblico, gestiscono rispettivamente l’acqua, bene comune e risorsa indispensabile alla vita, e il ciclo dei rifiuti, le cui potenziali ricadute sulla salute e sull’ambiente sono enormi. 

Alla luce di quanto emerso, riteniamo opportuno ribadire che la scelta di incenerire i fanghi di depurazione espone il territorio al rischio concreto di un’ulteriore disseminazione di inquinanti persistenti, particolarmente grave in un territorio ubicato in alta pianura, cioè in una zona di estrema vulnerabilità della falda all’interno di un sistema idrogeologico di straordinaria importanza.  La conseguente dispersione nell’ambiente di queste sostanze rende l’incenerimento dei fanghi una pratica non accettabile, soprattutto alla luce delle pesantissime conseguenze sulla salute e sul territorio che, nell’ambito della nota vicenda dell’inquinamento da PFAS, sono state arrecate da una grave sottovalutazione della questione e dalla sistematica inosservanza del principio di precauzione. Per questi motivi auspichiamo l’inizio di un percorso tecnico in cui il problema del trattamento dei fanghi di depurazione sia affrontato basandosi sulle evidenze scientifiche e nel rispetto del principio di precauzione e prevenzione, coinvolgendo anche le associazioni attive sul territorio che per prime hanno denunciato la contaminazione ambientale da sostanze perfluoroalchiliche.

ISDE – Medici per l’ambiente sez. di Vicenza