I filosofi e la pandemia. “Agorà. La Filosofia in Piazza”: critiche in forma di disputatio medievale a partire dalla nota di Cacciari e Agamben

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Agamben, Cacciari, Vattimo, Illetterati, Boniolo, Di Cesare
Agamben, Cacciari, Vattimo, Illetterati, Boniolo, Di Cesare

Non sono mancati in questi due ultimi anni spunti di riflessione offerti alla filosofia dalla pandemia: la situazione inedita di limitazione di libertà negli spostamenti, la gestione del potere mediante dispositivi legislativi mai utilizzati prima, come il DPCM, la rivoluzione nei rapporti interpersonali, per i quali valeva – adesso un po’ meno – la regola del distanziamento fisico, il nuovissimo sistema educativo a distanza per mezzo della DAD, insomma tutto questo, e molto altro ancora in realtà, ha modificato e segnato profondamente lo stile di vita di donne e uomini della nostra generazione, così come anche i bambini.

Nei nostri consueti contributi settimanali di “Agorà. La Filosofia in Piazza”, nel corso di questi due anni, abbiamo cercato di mettere in evidenza con un approccio filosofico la rivoluzione occorsa nella vita quotidiana, ad esempio sotto il profilo giuridico con Andrea Tarantini, spirituale con Matteo Losapio, psicologico con Sabrina Germi, educativo con Valeria Mazzai e Nicolò Vedovi, in relazione all’aggiornamento linguistico con Floriana Ceresato, con riferimento ai meccanismi cognitivi che permettono di accedere ad atteggiamenti contrari all’evidenza scientifica con Mario D’Angelo, per finire con l’analisi puntuale, quasi cronachistica, della situazione scolastica condotta insieme ad Andrea Petracca.

Eppure, ad un certo punto arriva la nota congiunta di Massimo Cacciari e Giorgio Agamben del 26 luglio 2021, affidata al sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, a risvegliare la verve dei filosofi e delle filosofe nel prendere parte ad un dibattito pubblico a mezzo stampa con commenti al vetriolo e bordate accademiche che rievocano le tenzoni medievali.

Proprio come una disputatio de quodlibet medievale, infatti, i due filosofi decani (nel senso di membri anziani e autorevoli di istituzioni accademiche, senza riferimento alcuno ad eventuali omofonie ignominiose) con una snella e concisa nota di 2.800 caratteri spazi inclusi, senza riferimenti bibliografici e fonti citate, si pongono come i maestri che dettano la pista per la quaestio, cioè il tema su cui si svolgerà la discussione e attivano una serie di opponentes (opponenti) in grado di sollevare obiezioni sulla quaestio, generando così il dibattito.

Del resto, il nostro Teodoro Custodero già un anno fa aveva messo l’accento su un concetto piuttosto ambiguo di libertà espresso da Giorgio Agamben, il quale dalle pagine del sito Quodlibet, che è anche la casa editrice del volume che raccoglie le riflessioni sulla pandemia di questi ultimi due anni[1], non mancava di tuonare contro i regimi liberaldemocratici, i quali, dietro lo spauracchio dell’emergenza sanitaria, non si risparmiano misure fortemente liberticide. Insomma, come dire, chi conosceva già precedentemente le frequentazioni del filosofo cresciuto a pane e biopolitica, che si è dimesso, facendo scalpore, da Università americane e italiane per protesta, a causa dei sistemi di controllo imposti, non si meraviglierebbe affatto della posizione prettamente foucaultiana del filosofo, che ha da sempre denunciato lo Stato d’eccezione[2] sotteso ad ogni regime politico.

Sarà stata, dunque, probabilmente, la firma del mestrino (non volevo scrivere maestrino) Massimo Cacciari a scatenare letteralmente la disputatio, dal momento che già il giorno successivo la filosofa romana Donatella Di Cesare, già nota per numerose battaglie sociali e culturali, al punto da avere una scorta (poi revocata) a causa di minacce di morte da parte di ambienti antisemiti, interveniva sulla questione. La filosofa affida alle colonne de L’Espresso un articolo molto circostanziato, in cui insiste sul significato e sulla pratica reale della discriminazione, così come avviene quotidianamente a carico di numerose persone per il colore della loro pelle o per le inclinazioni sessuali, non certo per il fatto di non volersi vaccinare per ragioni che hanno a che fare con paranoie pseudoscientifiche e\o ingenuamente libertarie. Del resto, la vera battaglia contro ogni tipo di discriminazione, avverte Di Cesare, anche per mezzo dei suoi canali social, dove è molto attiva, sarà quella in favore del “coimmunismo”, vale a dire per la vaccinazione gratuita degli immigrati, dei senzatetto e di tutti i cittadini dei paesi poveri, ancora lontani anche dal solo privilegio di scegliere sull’immunizzazione.

Ma le risposte degli altri opponentes non sono tardate ad arrivare, alcune davvero feroci, come quella di Giovanni Boniolo, docente di filosofia della scienza padovano, affidata a scienzainrete.it, in cui smonta punto per punto, frase per frase le pseudoargomentazioni dei colleghi, scendendo nel merito e nel metodo di un argomentare che gli pare privo di quelle più elementari tecniche di costruzione di un articolo. Più moderato, ma ugualmente critico, è il contributo del filosofo Luca Illetterati, che affida la sua risposta a Il Mattino di Padova, poi riportata anche sul sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Ora, al di là del contenuto, questa tempestività di Boniolo e Illetterati nel rispondere per le rime a Cacciari e Agamben (che pure ha insegnato a Venezia dal 2003 al 2009), agli occhi di un esterno affascinato da quelle realtà, ha il sapore di una vecchia diatriba tra accademici veneziani e accademici padovani, tanto vecchia quanto la stessa università di Padova, che dal 1222 di disputatio ne deve aver viste parecchie.

Certamente più centrato sulle conseguenze politiche della nota dei due filosofi è l’intervento di Giorgio Cremaschi, già sindacalista e militante di Potere al Popolo, il quale affida a Micromega una riflessione in cui attribuisce ai due filosofi la patente di «liberali e liberisti reazionari». Sul tema, infine, segnaliamo anche la risposta del torinese Gianni Vattimo, apparsa su La Stampa, il quale pur comprendendo le ragioni che spingono i due filosofi a criticare il green pass, non si risparmia critiche sull’opportunità di tale dichiarazione, dopo aver assistito ad una vera e propria catastrofe sanitaria.

Insomma, dobbiamo confessare che ci è piaciuto confrontare le posizioni di esimi filosofi su questioni che hanno a che fare con le occupazioni della vita quotidiana, proprio come abbiamo cercato di fare noi, piccoli cultori di pratiche filosofiche, in questi anni con Agorà. La Filosofia in Piazza.

Ora, però, accadeva nel Medioevo che, dopo alcuni giorni dalla pronuncia della quaestio, il maestro interveniva pubblicamente con la determinatio magistralis per rimarcare l’autorevolezza della sua posizione e, soprattutto, per rimarcare il suo ruolo accademico in una relazione più articolata e compiuta…che è quello che tutti ci aspettiamo, alla fine della giostra, da Massimo Cacciari e Giorgio Agamben.

[1] G. Agamben, A che punto siamo? L’epidemia come politica, Quodlibet, Macerata 2021.

[2] G. Agamben, Lo Stato d’eccezione. Homo sacer, vol. II\1, Bollati Boringhieri, Torino 2003.


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a cura di Michele Lucivero

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