La giornata nazionale per le vittime di incidenti del lavoro … dopo tre giorni si ricade nel silenzio

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Così scrive Giuseppe Conte al presidente dell’ANMI, Zoello Forni: “Il tema della sicurezza sul lavoro è infatti uno dei pilastri sui quali non può non reggersi una società che si definisce progredita, moderna, civile. Nel 2020 subire un infortunio  invalidante o, peggio ancora, perdere la vita mentre si sta svolgendo il proprio lavoro non può essere più considerato accettabile”.

E, nel messaggio di Sergio Mattarella allo stesso Zoello Forni, si può leggere: “L’impegno per garantire la massima sicurezza sul lavoro non deve arretrare di fronte a nessun evento emergenziale, perché la tutela della salute di chi lavora costituisce un bene primario su cui si misura la civiltà delle economie avanzate. L’auspicio è che, nonostante le condizioni difficili create dalla pandemia, si tragga la spinta per aumentare gli investimenti sulla sicurezza, avvalendosi dei progressi offerti dalle nuove tecnologie e degli avanzamenti compiuti in questi anni dalla ricerca scientifica”.

Sono dichiarazioni che dimostrano (o, almeno, dovrebbero farlo) una sorta di risveglio dell’attenzione riguardo quello che da anni denunciamo come una delle tragedie del nostro paese: gli infortuni, i morti, le malattie professionali che ogni giorni colpiscono chi vive del proprio lavoro. Una specie di “nuova presa di coscienza” rispetto a quello che è un reale e drammatico problema del paese.

Non possiamo che rallegrarci di questa attenzione che, di solito, non viene concessa a questa immane tragedia che colpisce lavoratrici e lavoratori. Un vero e proprio massacro che raramente è effetto della tragica fatalità essendo un risultato di un sistema che considera la sicurezza sul lavoro un costo e chi lavora non più persona ma “capitale umano”. Definizione quest’ultima che è simbolo della trasformazione di “qualcuno” in “qualcosa”.

Anche gli organi di informazione nazionali, in questi ultimi giorni, si sono interessati al “problema”. Anche questo può essere indice di un risveglio della coscienza? La presa d’atto, finalmente, che il lavoro è diventato sempre più insicuro, faticoso, alienante, precario e che è per questo e di questo che si muore? Forse è così. È la nostra speranza, ma il dubbio rimane, chiediamo scusa, perché queste pur importanti dichiarazioni delle massime cariche dello Stato sono di ieri, 11 ottobre, e vengono esternate in occasione della 70ma giornata nazionale per le vittime di incidenti del lavoro.

Il dubbio che ci rimane è che già da domani tutto ritornerà nell’ombra dell’indifferenza e nelle tenebre dell’ignoranza. Perché questo è quello che succede abitualmente di fronte alle decine e decine di infortuni e decessi che si verificano nei luoghi di lavoro ogni settimana.

Così, per non restare nell’ignoranza e per non alimentare l’indifferenza è necessario essere, almeno, informati di quello che realmente accade. Vi invitiamo a consultare il sito “Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro” gestito da Carlo Soricelli (cadutisullavoro.blogspot.com) che riporta giornalmente il tragico report.

Oggi, per esempio, si può leggere:

12 ottobre sono 23 i morti sui luoghi di lavoro questo mese, 437 sui luoghi di lavoro dall’inizio dell’anno. Dall’inizio dell’anno sono morti 848 lavoratori, compreso itinere e sulle strade (+ altri 437 morti per coronavirus) tutti i morti sul lavoro sono registrati da 13 anni in apposite tabelle excel con identità, luogo e data della tragedia, professione, età e nazionalità)

e anche:

Domenica 11 ottobre 2020

Giornata delle morti sul lavoro con sei morti sul lavoro tra sabato e domenica. Fanno la solita confusione sul numero delle morti che sono sempre di più di quelle che diffondono.

Sono stati sei i morti sul lavoro mentre si celebrava la giornata, davvero triste. Tra l’altro non sono neppure capaci di avere una situazione aggiornata a ieri, ma solo quella relativa ai morti sul lavoro nei primi otto mesi del 2020. In questo momento tra i morti sui luoghi di lavoro, quelli sulle strade e in itinere e i morti per infortuni causati dal coronavirus arriviamo a contare oltre 1000 morti complessivi come potete vedere in apertuna dell’Osservatorio. Io (nella foto) che svolgo questo lavoro volontario da 13 anni non ho nessun interesse da tutelare economico e non solo, come chi diminuisce i morti per giustificare la mancanza di risultati nonostante le enormi somme di denaro che lo Stato spende per la sicurezza

Tutti dobbiamo ringraziare Carlo Soricelli per il prezioso e appassionato lavoro volontario che conduce da 13 anni. Senza le sue informazioni puntuali e documentate non conosceremmo la realtà e la verità di quello che succede nel nostro paese per la mancanza di sicurezza nel lavoro. Non saremmo a conoscenza delle tragedie che colpiscono migliaia di persone e le loro famiglie. Donne e uomini come noi, non certo “capitale umano” come confindustria si ostina a definirli.

Auspichiamo che l’attenzione prestata alla questione della sicurezza nei luoghi di lavoro in questi ultimi giorni da parte della “grande informazione” prosegua con il dovuto rigore e non si limiti ad essere un “atto dovuto” né un “esercizio di stile” in occasione di qualche “celebrazione”.

Chiediamo al governo, al presidente del consiglio Conte, al presidente della Repubblica Mattarella di far seguire alle loro dichiarazione qualche fatto. Niente di eccezionale ma agire è indispensabile. Noi lo facciamo lottando contro l’ingiustizia della precarietà.

14 ottobre 2020

Tre giorni dopo …

La “grande informazione nazionale”, i responsabili del governo del nostro paese, i rappresentanti istituzionali, oggi tacciono. È passata la giornata dedicata alle vittime del lavoro nella quale hanno pubblicato e dichiarato la loro attenzione e la costernazione di fronte a chi muore sul lavoro, e così sono potuti tornare a fare quello che facevano prima: non parlare del massacro che ogni giorno avviene nei luoghi di lavoro.

Eppure in questi tre giorni altri lavoratori sono morti per varie cause mentre svolgevano il loro lavoro. Ma questo, evidentemente, rientra nella “normalità” di una situazione di insicurezza diffusa.

Del resto con gli articoli e le dichiarazioni varie che hanno “sprecato” nello scorso fine settimana, lorsignori si sono “lavati la coscienza”, hanno fatto “il loro dovere”. Si sono assolti e non si sentono responsabili di niente, neppure della loro sostanziale indifferenza.

Povera Patria.

Giorgio Langella (dipartimento lavoro PCI)

Dennis Vincent Klapwijk (dipartimento lavoro FGCI)

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.