Marlane Marzotto, ci potrà essere una vera Giustizia?

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Bisogna cercare nelle pieghe della rete per poter trovare alcune notizie. Il riferimento è a come sta procedendo il secondo processo per i morti della Marlane di Praia a Mare.

Innanzitutto sarebbe utile, per inquadrare il problema, leggere alcuni estratti dalle motivazioni della sentenza Marlane emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro il 25 settembre 2017 (assoluzione di tutti gli imputati), depositata in cancelleria in data 01 febbraio 2018. Il numero della pagina corrispondente o ogni citazione si riferisce alla parte intitolata “FATTO” delle motivazioni. Gli estratti sono stati scritti ricopiando l’originale senza apportare correzioni.

“Nella relazione di consulenza tecnica d’ufficio, depositata presso il giudice del lavoro di Paola, dal Prof. Rosario Nicoletti e dall’ing. Raffaele Magnanimi (…) viene analizzata e descritta compiutamente e puntualmente tutta l’attività e le condizioni di lavoro della Marlane. Attraverso una serie di analisi su campioni prelevati all’interno all’interno della fabbrica, è emerso l’utilizzo e la presenza di sostanze altamente nocive e cancerogene, come le ammine aromatiche usate per colorare i tessuti (Fenilendiammina, Anilina) e di metalli pesanti, presenti nelle malte cementizie, tra cui Cadmio, Piombo, Cromo, Nichel, Cobalto, Mercurio, dannosi per la salute. La relazione di consulenza distingue tra i periodi di attività della fabbrica, denotando grandi insufficienze nel periodo dal 1960 al 1997 (…), con un parziale, progressivo miglioramento nelle condizioni di lavoro nel periodo 1997-2004. L’indagine ha preso in esame l’ambiente interno, ma è significativa del tipo di sostanze utilzzate, e quindi fornisce riscontro al tipo di sostanza rinvenuto all’esterno dell’impianto. (pag.19). All’esterno della fabbrica, si sono concentrate le attenzioni della prof.ssa Rosanna De Rose e del dr. Giacomino Brancati, consulente della procura di Paola.

La d.ssa De Rose (…) ha quindi indicato che “dagli scassi [effettuati sotto la propria supervisione] quelle che era evidente …è che… il sottosuolo risultava rimosso”, ossia non si presentava più come in natura, risultando all’attenzione evidenti degli orizzonti particolarmente <rossastri>, anomali come colore e come granulometria del materiale, rispetto al normale orizzonte organico di superficie del terreno, che solitamente è di colore nerastro. (…) per esempio, nell’area K a sessanta centimetridi profondità (…) veniva rilevato un orizzonte di colore nero, e <untuoso al tatto>: si tratta di uno degli orizzonti che ha mostrato contenere alti tenori in alcuni metalli pesanti, quali vanadio e nichel, superiori alla norma. Nello scavo effettuato nell’area L veniva alla luce un vecchio canale di scolo dell’acqua utilizzato salla Marlane nei primi anni di attività, in cui era rimasto del sedimento, e il campione prelevato mostrava elevati tenori di cromo totale, arsenico e zinco, superiori alla norma (da tre a cinque volte maggiori dei limiti consentiti). Nell’area Z è stato trovato materiale nerastro, fibroso, con tenoti molto elevati in cromo totale (45.433 ppm rinvenuti, rispetto al limite di 800 ppm). Sempre nell’area Z, il campione Z2/2 mostra alte concentrazioni di cadmio. Nel campione W A/4 atli tenori di zinco. Ancora, nel campione A/5 tenori molto alti in cromo VI, sia pur con la precisazione che non si tratta in questo caso di un campione rilevato sul terreno ma all’interno di un bidone interrato, con presenza di materiale granulare di colore giallastro. Nel campione Z4/2 è stata rinvenuta una quantità elevata di ammine aromatiche, “una percentuale di colorante azoico enormemente elevata”, 646 grammi su chilogrammo di campione estratto dal terreno, a 170 centimetri di profondità. Secondo il parere espresso sall’esperta, trattandosi di coloranti azoici, e quindi di materiali usati dalle industrie, nell’attività di colorazione dei tessuti, il legame con la Marlane risulta quasi ovvio. A domanda se quando nella relazione la De Rosa parla di <disastro ecologico> si riferisce a quanto rilevato esattamente nell’area della Marlane, la consulente del PM non ha avuto dubbi: “è quello che possiamo dire” [pag. 40 trascrizioni]. (pagg. 19-20)

Il dr. Giacomino Brancati, invaricato dal PM di effettuare lo studio successivo, di c.d. caratterizzazione, al fine di oggettivare un’attualità di rischio (…) ha concluso per l’esistenza di un indice di rischio )Hazard Index) ‘non accettabile’ per i bambini residenti, in relazione a diversi fattori contaminati, tra cui Arsenico, Cromo VI, Mercurio, Piombo, Nihel e Vanadio e non accettabile negli adulti residenti per Arsenico e Mercurio dal suolo superficiale e l’HI per Mercurcio dal suolo pofondo e dalla falda, oltre ad un rischio non accettabile per la risorsa idrica sotterranea, in relazione praticamente a quasi tutti i metalli pesanti rinvenuti.

In conclusione, il dr. Brancati rileva che il sollevamento di polveri dal suolo di superficie comporta il rischio che i cittadini, adulti e bambini che abitano nelle aree residenziali di Tortora Marina e di Praia a Mare, a ridosso dello stabilimento, siano esposti all’inalazione ed ingestione di polveri contaminate e quindi ad un rischio <non accettabile>, con pericolo del tutto immanente per la risorsa idrica sotterranea, che amplia ancor più l’area di rischio, al di fuori del perimetro dello stabilimento. (pag. 21)

A ciò va aggiunta la riscontrata presenza in concentrazioni altissime nel suolo di cinque classi di metalli pesanti, per le loro caratteristiche non degradabili in forme non tossiche e nocivi per la salute umana: mercurio, piombo, cadmio, cromo, arsenico. (…) Si tratta in particolare di derivati dall’uso massiccio di bicromato di sodio, sostanza nella quale è presente il Cro,o allo stato di ossidazione VI, fatto dall’azienda Marlane al ritmo di 10-13 Kg al giorno (…) ciò spiega perché sul sito circostante l’area Marlane siano stati rinvenuti quantità eccessive di CrVI, sostanza altamente tossica e cancerogena.

Non ultimo, è da rilevare anche la riscontrata presenza di amianto, rinvenuto sotto forma di crisotilo nei campioni Z-2-3 e Z-4-4, come fibre di crocidolite nel campione I,4.

Non appaiono in grado di sovvertire il quadro appena descritto i contributi tecnici offerti dalle difese degli imputati (…) ch si limitano a individuare marginali aspetti di presunta incoerenza delle conclusioni cui sono giunti i consulenti del PM.

Dunque, la presenza massiva di contaminati nell’area antistante lo stabilimento Marlane appare conclamata e lo sversamento costante nel tempo – pur non potendone determinarsi quantità e qualità in relazione aspecifici periodi – di fattori altamenti inquinanti sul terreno circostante la fabbrica, ha contribuito a causare un diffuso inquinamento ambientale e una situazione di rischio significativo per la popolazione dell’area, soprattutto per la presenza di sostanze volatili, e di polveri sottili impregnate dai coloranti azoici e dai loro sottoprodotti, dai metalli assorbiti, dai policlorobifenili e dagli idrocarburi policiclici aromatici, trasportabili dal vento e in grado di depositarsi nelle vie respiratorie dell’uomo. La mancata rimozione dei residui di derivazione industriale della lavorazione, l’evidente loro mancato smaltimento e l’accumulo nel corso degli anni, porta a concludere che – soprattutto in riferimento ad epoche antecedenti, in cui l’impianto manifatturiero operava a pieno regime, e in cui minore era l’attenzione al rispetto dell’ambiente – l’indiscriminata operazione di smaltimento in loco, abbia determinato le condizioni per il verificarsi di un <disastro ambientale>, non solo per la presenza del colorante 2-metil-4-metossibenzennamina, ma per la presenza massiva di coloranti azoici, tra i quali la sostanza 2-metossi-4-[(2-meti-4-nitrofenil)diazenil]benzennamina, le varie ammine aromatiche, il cromo esavalente, l’amianto, i metalli pesanti, PBC e IPA, tutte sostanze di cui la nocività, tossicità e in alcuni casi la cancerogenicità sono ampiamente riconosciute dagli studi di settore e dalla comunità scientifica. (pagg. 23-24)”

(Il testo è riportato così come scritto nelle motivazioni)

Per quanto riguarda il secondo processo per “omicidio plurimo e lesioni colpose” di 33 dipendenti della Marlane, finalmente, si trovano un paio di articoli che informano di due fatti importanti.

Il primo cita una perizia nella quale si esclude “di poter dimostrare che i decessi e l’insorgenza dei tumori siano collegabili in via esclusiva alle mansioni svolte all’interno della ex-Marlane” (cfr. Gazzetta del Sud online “Morti alla ex Marlane di Praia a Mare, i periti escludono responsabilità” del 1 giugno 2021).

(https://calabria.gazzettadelsud.it/articoli/cronaca/2021/06/01/morti-alla-ex-marlane-di-praia-a-mare-i-periti-escludono-responsabilita-c64cc52b-6daf-4c3d-abbe-6468f15306a0/).

Il secondo (Gazzetta del Sud online “Praia a Mare, ex Marlane. La parte civile non molla: Confidiamo nel Pm” del 2 giugno 2021) che inizia con queste frasi: “Morti senza pace. E senza giustizia. Sono quasi duecento gli operai dell’ex stabilimento “Marlane” di Praia a Mare che hanno contratto gravi patologie tumorali. In 180 sono morti a causa del cancro, atri 20 sopravvivono. La magistratura inquirente non è riuscita a dimostrare che i decessi registrati in tutti questi anni siano collegabili alle attività lavorative svolte dalle vittime nell’impianto industriale. Nessuna delle perizie disposte in sede dibattimentale o nel corso di incidenti probatori ha dimostrato in modo inconfutabile l’esistenza d’un nesso di causalità tra le morti dei dipendenti e il ciclo produttivo del sito.”

(https://cosenza.gazzettadelsud.it/articoli/cronaca/2021/06/02/praia-a-mare-ex-marlane-la-parte-civile-non-molla-confidiamo-nel-pm-67a9b3fb-16f3-4dac-8eb9-c7e5dd28e3d5/)

Sembra ovvio che sorgano alcuni dubbi e domande alle quali, si capisce, non viene data risposta. Come è possibile che (circa) 200 operai e operaie della Marlane abbiano contratto gravi patologie tumorali (solo una ventina sono ancora vivi) su un totale di poco più di 1000 addetti? È, questa, una percentuale normale? E se si leggono le motivazioni della sentenza del primo processo (per disastro ambientale), si può escludere che esista un nesso tra condizioni di lavoro e malattia? Non sarebbe più logico pensare che, forse, un effetto così devastante abbia una causa? E se la causa non è “nello stabilimento” dove va cercata?

La questione è semplice. Al massimo la colpa è “dello stabilimento” definito spesso “maledetto”. Non esiste nessun responsabile in carne ed ossa. Solo entità che non si possono giudicare né condannare. Di fatto è “la fatalità”, solo le “macchine assassine” a far ammalare e uccidere chi le usa per lavoro. Succederà, forse, anche per Luana D’Orazio? Risulterà che sarà stato l’orditoio ad assassinarla?

Certo che viviamo in un sistema strano. Nei luoghi di lavoro si muore (a oggi, 3 giugno 2021, da inizio anno sono 289 i morti per infortunio – cfr. Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro) ma, in definitiva, è sempre un caso, qualcosa di malvagio che ha poco, o niente, a che fare con le condizioni di lavoro e con lo sfruttamento. I processi che vengono iniziati finiscono dopo anni se non decenni, così da risultare spesso e volentieri inutili e finire con la prescrizione o con assoluzioni perché non si riesce a dimostrare la causa-effetto.

Eppure, una ragione ci deve essere perché, nei luoghi di lavoro, si muore con una frequenza indecente.

Eppure, nulla si fa. Non ci si mobilita, non si fanno leggi adeguate. Non si investono le risorse necessarie per aumentare i controlli e la prevenzione. Si permettono orari di lavoro sempre più faticosi, lavori mal retribuiti, sfruttamento intensivo. Non esiste il reato di omicidio sul lavoro.

Forse, se si obbligasse a prestare attenzione alla salute e alla sicurezza di chi lavora e non al profitto d’impresa le cose migliorerebbero. O no?

PS. Per quanto riguarda il “caso Marlane” può essere utile guardare questi tre brevi video:

https://www.youtube.com/watch?v=WV0WBEGKwfE (sentenza primo processo)

https://www.youtube.com/watch?v=2086ilHGjao

https://www.youtube.com/watch?v=70u5bNODyqA

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.