Prima Meloni venne a prendere gli scoppiati dei rave party e fummo contenti…

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Rave party, credits BresciaToday
Rave party, credits BresciaToday

Ma no, per carità, non esageriamo con paragoni dai toni forti, scomodando addirittura il famoso sermone di Martin Niemöller sull’indifferenza degli intellettuali tedeschi ai provvedimenti dei nazisti per questa marginale questione dei rave party. Suvvia, non alziamo inutili polveroni solo per cercare di mostrare che vi è una pur debole opposizione al governo di estrema destra della Presidente Giorgia Meloni.

Sia chiaro, non vi è alcuno spettro del fascismo che si aggira oggi per l’Italia. Non c’è assolutamente il pericolo che la libertà sia messa in discussione o a repentaglio da norme restrittive. Quantomeno, non vi è questo pericolo da settembre 2022, perché sono anni ormai che i governi di centrosinistra e di centrodestra, compresi quelli dei rivoluzionari pentastellati, in virtù di una qualche emergenza da crisi, sia essa economica, sanitaria o militare attraverso la decretazione d’urgenza cercano di far passare progressivamente norme liberticide e lesive della dignità umana.

Non è il caso di dimenticare con un colpo di spugna sulla memoria, infatti, le iniziative politiche dei governi precedenti per gestire l’immigrazione, prima, e la pandemia, dopo. Non dimentichiamo il controverso reato introdotto con l’articolo 12 del Testo Unico dell’Immigrazione (d.lgs. 286/1998), secondo il quale «chiunque promuova, diriga, organizzi, finanzi o effettui il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato, ovvero compia altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso in Italia o in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona». Non dimentichiamo nemmeno il divieto di assembramento, la stretta contro la movida, il green pass obbligatorio per i dipendenti pubblici, restrizioni per i commercianti, tutto ciò che negli ultimi due anni ha permesso, in fondo, alla destra di vincere le scorse elezioni.

Eppure il primo provvedimento, il primo decreto in assoluto pensato dal Consiglio dei ministri nella seduta esecutiva del 31 ottobre 2022, il primo atto formale fortemente voluto dalla Presidente Giorgia Meloni, dopo nemmeno aver approntato tutta la squadra di governo con la nomina dei sottosegretari, riguarda non il caro vita, non la questione energetica, non tutto ciò su cui si era impostata la campagna elettorale, ma, ancora una volta, la giustizia e l’ordine pubblico.

È davvero una curiosa ironia della storia quella che vede oggi con il governo più a destra della Repubblica italiana mettere le mani innanzitutto sul Codice penale in vigore, cioè quello che fu redatto nel 1930 da Alfredo Rocco, proprio durante il fascismo. Si trattava di un Codice penale che sostituiva quello sabaudo e che inaspriva le pene contro lo Stato, rendeva reato l’antifascismo, militarizzava gran parte della società civile, introducendo il controllo della polizia e dei servizi segreti e che puniva fortemente il dissenso[1].

Dal 1930 ad oggi il Codice penale fascista di Rocco è rimasto sostanzialmente immutato, salvo alcune norme che hanno inasprito le pene contro mafiosi e terroristi, così come rimase in vigore dopo il 1945 gran parte del sistema giuridico fascista. Anche le personalità di spicco del fascismo, cioè i prefetti, i generali delle forze dell’ordine e i questori, rimasero sostanzialmente al loro posto. Ma ve lo immaginate un esercito con all’interno quei quattro comunisti che, più numerosi tra tutti gli antifascisti, avevano fatto la Resistenza? Davvero impensabile, infatti poi quelli che non si piegarono all’amnistia di Palmiro Togliatti del 1946 finirono incastrati e furono processati come terroristi!

Ma adesso, diciamoci la verità, tutto questo clamore sui rave party sembra davvero esagerato. Suvvia, in fondo, chi non trova veramente fastidioso il chiasso assordante di quei festoni impressionanti con migliaia di straccioni e straccione che si muovono come orde da tutta Europa con i loro camper e si radunano per ascoltare musica a palla davanti a muri di casse acustiche in condizioni fisiche e psichiche pesantemente alterate da sostanze allucinogene. Peraltro, questi personaggi da rave party, provenienti da centri sociali e realtà affini, sono sempre stati perlopiù indifferenti alla politica, spesso ai margini delle dinamiche elettorali, per cui nessuno si è mai curato, di fatto, di comprendere realmente il loro mondo culturale e le loro istanze generazionali. Per cui, alla fine, chi se ne fotte se viene impedito a quei quattro straccioni che organizzano i rave party di “invadere” capannoni abbandonati e campagne per le loro feste, anzi siamo pure contenti, metti che si accampino nella nostra campagna, sai la devastazione che lasciano, mica sono così puliti, coscienziosi e ordinati come quelli del Jova Beach Party, che raccolgono pure la spazzatura alla fine della festa!

Eppure, sempre senza indugiare nelle solite paranoie antifasciste, qualche sospetto che si voglia andare anche oltre il Codice penale fascista di Rocco ci viene, perché l’art. 5 del decreto varato dal governo della signora Giorgia Meloni, recante Norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali non solo non parla di rave party, ma stabilisce linguisticamente cosa sia un’invasione e, successivamente, sancisce che questa invasione deve essere punita con la reclusione: «L’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica. Chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000».

Per carità, nulla di nuovo sotto il sole, manifestazioni e scioperi di operai, studenti e studentesse rappresentano da tempo pericoli per l’ordine pubblico, al punto da picchiarlə, come accaduto all’interno dell’Università “La Sapienza” di Roma, o arrestarlə, come accaduto durante la manifestazione contro i PCTO a Torino. Solo che adesso si vuole definire meglio a livello penale ciò che prima era solo implicito e non chiaramente normato.

A destra, si sa, ci sono persone serie, che sanno assumersi le proprie responsabilità, come ebbe a dire il 3 gennaio 1925 colui che, assumendosi tutta la responsabilità dell’omicidio Matteotti, proprio grazie ad una invasione di poco più di una cinquantina di persone ottenne il potere dal re: «Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento ad oggi»[2].

Certo, però, che se ci fosse in metropolitana una improvvisata del mio gruppo punk preferito, gli Anti-Flag, io non me lo perderei; sarebbe il massimo se poi cantassero Emigre, quella canzone che fa:

«First they came for the communists, and I did not speak out
Then they came for the socialists, and I did not speak out
Next they came for the trade unionists, and I did not speak out
And then they came for me!»
«Prima sono venuti per i comunisti e io non ho parlato
Poi sono venuti per i socialisti e io non ho parlato
Poi sono venuti per i sindacalisti e io non ho parlato
E poi sono venuti a prendermi!»

Sarebbe proprio il caso di augurarci in bocca alla lupa!

[1] M. Avagliano, M. Palmieri, Il dissenso al fascismo. Gli italiani che si ribellarono a Mussolini, il Mulino, Bologna 2022.

[2] Ivi, p. 23.


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a cura di Michele Lucivero

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