Mensa scolastica a Lodi e immigrati, Giuristi Democratici: “con sollievo notiamo che il Comune di Vicenza non pone gli stessi ostacoli”

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I Giuristi Democratici di Vicenza – è scritto in una nota stampa dell’Associazione – condannano gli atti posti in essere dal Comune di Lodi che ha discriminato i bambini stranieri frequentanti le scuole, limitando di fatto l’accesso alla mensa ed allo scuolabus con un’applicazione forzata e cavillosa delle norme giuridiche, a scopi strumentali e politici.
In sostanza, il Regolamento comunale di Lodi per l’accesso alle prestazioni sociali risulta essere stato modificato introducendo l’obbligo, per la richiesta di servizi quali lo sconto per la mensa scolastica e lo scuolabus, di produrre oltre al solo ISEE (che per gli italiani e i comunitari è sufficiente) anche un certificato che attesti l’assenza di redditi all’estero. Ossia nel paese d’origine. La norma prevede:
“i cittadini di Stati non appartenenti all?Unione europea devono produrre ? anche in caso di assenza di redditi o beni immobili o mobili registrati ? la certificazione rilascia dalla competente autorità dello Stato esterno ? corredata di traduzione in italiano legalizzata dall?Autorità consolare italiana che ne attesti la conformità”

Questa richiesta di una apposita certificazione, astrattamente si presenta come conforme alla legge, perché non fa che riprodurre quanto previsto dall’art. 3 del DPR 445/2000 (con sollievo notiamo che il Comune di Vicenza non pare richiederlo).
Il problema sta nell’applicazione rigida, che si traduce in un requisito spesso impossibile e dunque in una discriminazione.
Infatti, per molti immigrati è difficile ottenere la certificazione dei redditi nel paese d’origine, soprattutto è difficile ottenerla in tempi utili per accedere allo sconto della quota mensa e dello scuolabus.
A quanto risulta, siccome i genitori in molti casi non potevano quindi acquisire la certificazione, pur in presenza di ISEE bassi (che potevano bastare per certificare il reddito, eventualmente assieme ad una autocertificazione sui redditi esteri o al limite alla prova di invio della richiesta del certificato al paese d’origine) hanno visto applicarsi la tariffa massima della mensa (5? al giorno) e quella dello scuolabus (circa 200? al mese). 
I Dirigenti Scolastici si sono trovati a dover teoricamente escludere dal locale della mensa i bambini i cui genitori non hanno pagato la retta più salata.

La Corte di Cassazione ha già avuto modo di chiarire, occupandosi di diritto al Gratuito Patrocinio, che lo straniero ha diritto nel caso di prestazioni urgenti (come questa della mensa) ad autocertificare i redditi esteri dopo aver presentato la domanda all’autorità straniera per evitare un pregiudizio dato dai tempi di risposta. (Cassazione 22.2.18 n. 8617).

Lo stesso poteva fare il Comune di Lodi se voleva chiedere la certificazione.

L’applicazione delle norme fatta dal Comune di Lodi, in quanto discriminatoria appare incostituzionale per violazione del diritto allo studio (art. 34 “La scuola è aperta a tutti”) ed all’eguaglianza (art.3).

La scuola è proprio l’ambiente dove si crea quella integrazione culturale e sociale tra i futuri cittadini adulti, di cui c’è massimo bisogno. E quindi l’accesso va agevolato, non limitato in modo irragionevole.
Leggiamo con sollievo che il Dirigente di un istituto si è opposto a questa prassi aberrante, quantomeno facendo mangiare i bambini, anche quelli che avevano solo il panino da casa, negli stessi locali. Ma il Comune non ha mutato condotta sulle certificazioni richieste e sarebbe quindi solo grazie a una raccolta fondi nazionale organizzata da un coordinamento di cittadini lodigiani che le famiglie dei circa 180 bambini stranieri possono ora pagare il buono mensa più caro.
Sarebbe anche stato presentato un ricorso contro il regolamento da parte di un’associazione locale.

Si tratta, in ogni caso, di uno sgradevole precedente che può estendersi a tutte le situazioni dove i genitori devono documentare i redditi esteri per accedere a prestazioni basilari come asili nido etc.
Deve sempre prevalere il diritto effettivo alle prestazioni fondamentali, specie verso i più vulnerabili, come i bambini.