Molto “verde”, poca crescita. Il Fatto Quotidiano: cosa manca al Recovery fund per stimolare la crescita della produttività e del Pil

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Green Deal europeo
Green Deal europeo

Il settore che dovrebbe assorbire più risorse è quello della “green economy”, cui andrebbero ben 74 miliardi. È un tema oggi molto sentito, ma le risorse destinate appaiono eccessive e le modalità di spesa criticabili. L’Italia ha già fatto molto per ridurre le emissioni di CO2; a livello planetario l’effetto delle nostre misure sarà comunque minuscolo e costosissimo rispetto a molte altre alternative. Ridurre le emissioni di CO2e migliorare la qualità dell’aria è ottima cosa ma di per sé non contribuirà all’incremento né della produttività né del PIL. Può avere anzi effetti depressivi sulla crescita perché incentivi e vincoli, alterando le scelte di mercato, aumentano i costi, i primis quelli dell’energia e dei trasporti. Ricordiamo che gli incentivi al fotovoltaico hanno comportato un forte aumento del costo dell’energia per famiglie e imprese. Se l’obiettivo fosse ridurre le emissioni di CO2 la misura più efficace (e senza costi per la finanza pubblica) sarebbe estendere l’applicazione della carbon tax: gli operatori sono stimolati a investire laddove è possibile ridurre le emissioni al minor costo. Gli incentivi di mercato sono però impersonali e danno poca visibilità a chi li proponga. Ecco allora che tra le spese già deliberate figurano molti bonus, come quello del 60% per l’acquisto di bici e monopattini, gli incentivi per le auto elettriche o a basso consumo, la deduzione del 110% per la riqualificazione degli edifici etc. Chi le propone si presenta come un campione della green economy e non si fa nemici come avverrebbe se proponesse invece di ridurre le agevolazioni fiscali sui combustibili di cui godono alcuni settori.

Tutte queste misure vanno nella direzione desiderata, ma con quali criteri vengono scelte? Sarebbe opportuno esplicitare gli obiettivi e che per ogni misura venga resa pubblica una stima dei risultati attesi e dei costi. Anche per evitare la falsa impressione che la “green economy” sia una nuova frontiera che offra guadagni per tutti: ci guadagna chi compra la bici o l’auto elettrica con l’incentivo o chi ristruttura l’edificio col 110% del costo a carico dello Stato. I costi sono della collettività ma nessuno li percepisce direttamente.

C’è poi il rischio che le misure proposte siano regressive, cioè implichino un trasferimento di reddito dai “poveri” ai “ricchi”. Chi ha acquistato, ad esempio, un’auto Tesla da 60 mila euro con migliaia di euro di incentivi statali è certo un benestante, ed ha in qualche modo beneficiato anche delle tasse pagate da chi ha redditi bassi: una redistribuzione perversa che non pare giustificata dal minuscolo miglioramento climatico ottenuto con l’auto elettrica. Esistono c modi più equi e assai meno costosi per raggiungere lo stesso risultato. La misura che dovrebbe assorbire più fondi, ben 40 miliardi, è quella che promuove l’efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici. Si tratta di interventi che non verrebbero fatti senza l’incentivo presumibilmente perché non si ripagherebbero con i risparmi di energia. Quindi per la collettività c’è una perdita, che dubito si giustifichi col beneficio di una riduzione delle emissioni di CO2. Da questa misura trarranno benefici, chi più chi meno, solo alcuni proprietari di immobili, certamente non appartenenti alle classi più povere: è anche questa una misura regressiva. Questa misura è molto efficace se l’obiettivo è quello di sostenere la domanda in tempi brevi. Però, terminata la spesa, non si vede come il miglioramento ottenuto negli edifici possa contribuire ad alzare l la potenzialità di crescita dell’economia. Considerazioni analoghe si possono fare a proposito di un altro grande capitolo di spesa: quello delle nuove linee ferroviarie ad alta velocità, principalmente al Sud. Queste faranno risparmiare un po’ di tempo ad una ristretta cerchia di utenti ma contribuiranno poco ad accrescere la produttività e il Pil. In questo caso poi, lo spreco per linee destinate a essere largamente sottoutilizzate sarà molto maggiore, e il beneficio ambientale risibile rispetto ai costi.

Bisognerebbe evitare che i fondi europei siano usati per finanziare vecchi progetti dettati da convenienza politiche. Meglio indirizzare le risorse per incentivare investimenti e innovazione. Vi sono poi le riforme (giustizia, P.A., scuola etc.). Il dibattito dovrebbe spostarsi sugli obiettivi piuttosto che su chi dovrà governare le spese.

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