Pornografia, Michele Lucivero: strumento di liberazione o di oppressione?

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In un contesto, come quello occidentale, caratterizzato da una notevole libertà sessuale, dovremmo chiederci qual è effettivamente il limite della decenza, dell’osceno, oltre il quale possiamo parlare di pornografia o di una grave offesa alla morale?

Tuttavia, prima di entrare nella questione relativa alla definizione che oggi comunemente accettiamo di pornografia, è interessante sottolineare che il richiamo all’etimologia greca, alla porneia, termine usato dall’evangelista Matteo e dall’apostolo Paolo indistintamente rispetto a moicheia, che sarebbe, invece, tecnicamente, la sola relazione adultera, indica qualsiasi tipo di fornicazione, di adulterio, di dissolutezza, libertinaggio, quindi chiama in causa qualsiasi rapporto sessuale che non sia esplicitamente finalizzato alla riproduzione: in tal senso, stando all’etimologia, che ovviamente è condizionata e pregiudicata dalla storia che l’ha prodotta, e pertanto inutile ai fini della comprensione attuale, sarebbe porneiala masturbazione, il rapporto extraconiugale, perfino il rapporto coniugale anale, orale…e ci fermiamo qui solo per questioni di spazio.

Il linguista recentemente scomparso TullioDe Mauro, dal canto suo,ritiene che sia pornografia la trattazione o rappresentazione esplicitain scritti, disegni, film, fotografie, ecc., di soggetti di carattere erotico o ritenuti osceni, mettendo in evidenza il fatto che deve essere ritenuto pornografico solo il materiale esplicito, ma bisogna riconoscere che nel tempo e nello spazio la variabilità è enorme in relazione alle parti del corpo che sono esplicitamente pornografiche: in passato era esplicito, e quindi osceno, mostrare una caviglia e, del resto, il codice penale, all’art. 529, ritiene che sia osceno ciò che offende il pudore e la morale pubblica, una formulazione soggetta a moltissime interpretazioni e restrizioni, anche da parte di amministrazioni comunali, che talvolta si richiamano a questi articoli per evitare, ad esempio, che si circoli in costume da bagno all’interno dei centri storici.

Vi sono, tuttavia, altre definizioni di pornografia, c’è chi si sofferma sullo scopo primariodelle rappresentazioni, che consente, ad esempio, di escludere dal novero della pornografia il materiale medico-anatomico, perché non è finalizzato ad eccitare, come anche alcune rappresentazioni artistiche, pensiamo a Pigrizia e lussuriao L’origine del mondodiCourbetdel 1866 oppure a L’abbracciodi Egon Schieledel 1917 o a Lezione di chitarra del 1934 di Balthus, il cui riferimento alla sessualità è sì esplicito, ma non è finalizzato ad eccitare.

Altri autori aggiungono allo scopo primario la dannositàdel materiale pornografico, infatti il contenuto esplicitosarebbe lesivo della moralità del cittadino, lo corrompe e lo incita alla violenza, soprattutto, sostengono alcune filosofe, tra cui Martha Nussbaum, è dannoso per le donne perché la pornografia contribuisce a diffondere una mentalità sessista e riduce la donna a merce sessuale, al silenzio, in particolare in tutte le forme pornografiche in cui la donna è ritratta in posture sessuali di servilismo, ridotta a parti del corpo, come genitali, glutei. Del resto, questo tipo di critica si rivolge anche al cosiddetto soft-porn, cioè all’erotismo patinatodella pubblicità, giacché anche se il contenuto non è esplicitamente sessuale, esso obbedisce alla logica della mercificazione della donna, che è resa oggetto di piacere.Anche le stesse donne che lavorano nel mondo della pornografia, che credono di aderire liberamente, non sarebbero del tutto libere, ma condizionate dal modo di pensare della società patriarcale, vittime di un meccanismo mercificante che è nelle mani dell’uomo. In tal senso la pornografia contrirebbe all’alienazione della donna, poiché essa finisce per assumere comportamenti finalizzati al piacere dell’uomo, in una forma, anche estetica, di narcisismoe infantilizzazione, perché la società vuole che sia sempre bella, giovane, senza rughe, disponibile[1].

Per tutti questi motivi gli ambienti conservatorisono concordi nel ritenere che lo Stato debba censurare il materiale pornograficoed evitare che i messaggi distorti giungano ai cittadini e possano pervertirli. Si tratta di una prospettiva che potremmo definire di paternalismo legale, una forma di Stato etico, in cui lo Stato decide cosa è morale e cosa non lo è. È interessante osservare che, sebbene con motivazioni diverse, anche il movimento femministasi è espresso contro la pornografia, per la censura, incontrando l’appoggio strumentale dei conservatori.

Al contrario, il pensiero liberale, che potrebbe anche condividere gli effetti dannosi della pornografia, ritiene che lo Stato non possa intervenire con leggi speciali in tale materia, se non vi sono palesi violazioni della libertà dei soggetti coinvolti nelle riprese e nel consumo, cioè se tutto è fatto consensualmente e liberamente. Del resto, il materiale pornografico va ricercato con un atto deliberato del soggetto, per cui se uno non ha voglia, non lo cerca e non lo guarda.

Vi è, d’altro canto, chi ritiene che la pornografia sia un bene per la donna perché le ha permesso una certa emancipazione sessuale, contribuendo alla rivoluzione sessuale, ad esprimere i suoi desideri e a modificare i costumi sessuali, per cui oggi la donna può essere anche, sempre all’interno della pornografia, Mistress, situazione che ridimensiona la questione della sottomissione della donna all’uomo, assegnandole un ruolo primario nel gioco sessuale, anche di rivalsa, che inevitabilmente ha dei risvolti nella percezione sociale della donna e sulla sua sicurezza.

[1]Cfr. V. Tripodi, Filosofia della sessualità, Carocci, 2011 Roma.

Michele Lucivero è filosofo e docente di ruolo presso la scuola pubblica

Per progetto Sexteen (La sessualità degli adolescenti. Quanti punti di vista?)

Qui primo approfondimento:

Il sexting, prof. Michele Lucivero: la spettacolarizzazione dell’intimo

Qui il secondo:

Adescamento online: il desiderio proibito e la ricerca della cura 

Qui il terzo

La prima volta del sesso, ovvero la verginità tra virtù e tabù, Michele Lucivero: la donna è più “interessata” col secondo uomo

Qui il quarto

Identità di genere: maschio o femmina li creò… ma poi venne la teoria gender!

Qui il quinto

Il piacere sessuale, Michele Lucivero: la linea sottile tra il desiderio e la lussuria

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Il bacio, Michele Lucivero: simbolo d’amore non universale

A seguire i prossimi

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Michele Lucivero
Laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Bari e poi in Forme e Storia dei Saperi Filosofici presso l’Università degli Studi del Salento, dove ha conseguito anche il Dottorato di Ricerca in Etica e Antropologia. Storia e Fondazione. Ha conseguito anche il Diploma di Scienze Religiose presso l’Istituto “Italo Mancini” dell’Università degli Studi di Urbino. Abilitato all’insegnamento di Filosofia e Storia e specializzato nella Didattica per le Attività di Sostegno presso l’Università di Padova, attualmente è docente di ruolo nella scuola pubblica. Dirige con Michele Di Cintio la collana Pratiche Didattiche e Percorsi Interculturali presso la casa editrice Aracne di Roma, all’interno della quale ha pubblicato e curato diversi volumi di taglio didattico su argomenti storici, filosofici, antropologici e sociologici. Dopo aver trascorso gli ultimi dieci anni a respirare il profumo del muschio montano vicentino dal 2018 è tornato a bearsi dell’aroma della salsedine pugliese. Giornalista pubblicista da giugno 2021