Strage di braccianti, Pci e Fgci: “perché due manifestazioni?

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Pochi giorni fa, in Puglia – scrivono in una nota congiunta Giorgio Langella (segretario regionale Veneto PCI) e Dennis Vincent Klapwijk (responsabile lavoro nazionale FGCI) – si è consumata una strage di lavoratori immigrati. Sedici giovani, braccianti, pagati pochi euro per raccogliere i pomodori sono morti, uccisi in due incidenti stradali. Erano stipati, come schiavi, nei furgoni che li dovevano riportare nelle baracche dove sono costretti a vivere. 
Pagavano per questo trasporto, pagavano i caporali per poter lavorare. Vivevano e lavoravano in condizioni difficili da definire. Condizioni inaudite che sono diventate ormai normali in tante campagne del nostro paese. Anche se il ministro dell’interno e viceprimoministro Matteo Salvini sostiene che gli immigrati, nel nostro paese, fanno la pacchia, le condizioni che questi lavoratori subiscono sono al limite dello schiavismo, se non oltre.

Ieri, 8 agosto, si sono svolte due manifestazioni nelle zone della strage. La mattina, uno sciopero indetto da USB subito dopo il primo incidente (nel quale hanno perso la vita quattro braccianti), ha visto l’adesione praticamente totale dei braccianti che, in centinaia e centinia, hanno marciato in corteo vicino ai campi che li vedono lavorare in condizioni inconcepibili, senza diritti, per pochi euro. Gli slogan gridati «Basta morti sul lavoro» e «Schiavi mai» sono indicativi della rabbia e della determinazione dei braccianti scesi in sciopero. È stata la manifestazione dei ?berretti rossi? (diventati il simbolo dei braccianti), un corteo conflittuale come deve essere. Una difesa tangibile dei diritti di chi lavora, contro le mafie, lo sfruttamento di caporali e padroni. Non solo ?resistenza? ma lotta per conquistare condizioni umane, consapevolezza dei propri diritti e della forza che si può avere quando ci si unisce. Un passo in avanti nella costruzione di una coscienza di classe tra lavoratori spesso considerati ?inferiori?, ?animali da soma?, poco più (e spesso meno) di ?cose?.

Verso sera una seconda manifestazione ha percorso le vie di Foggia. Una manifestazione promossa dai sindacati confederali con l’adesione di varie associazioni. Una manifestazione più ?ufficiale? (diremmo più ?garbata?) che ha visto la partecipazione di personaggi noti della politica, dell’associazionismo, dello spettacolo.

Ora, qualche domanda sorge spontanea.

Perché la necessità di fare due manifestazioni? Non sarebbe stato meglio e più giusto partecipare tutti uniti allo sciopero iniziato la mattina? Che problemi ci sarebbero stati se braccianti e personaggi famosi, politici e sindacalisti avessero marciato assiame vicino a quei campi che vedono ogni giorno forme di sfruttamento inumane? Forse non si ritiene accettabile che sia stato un sindacato come USB a promuovere quello sciopero e quella manifestazione? E se così fosse non c’è qualcosa di profondamente sbagliato in una distinzione di sigle tra ?buone? e ?cattive?? Si risponda a queste domande perché la divisione, la distinzione, il non riconoscere chi lotta, magari per obiettivi comuni, sotto bandiere diverse, fa il gioco dell’avversario.

Invece di ?chiedere? a chi comanda un po’ di buonsenso e di ?carità? (più o meno cristiana), invece di sentirsi appagati da qualche bella parola, si scelga da che parte stare. Si scenda nelle strade anche fisicamente al fianco di chi è sfruttato, si lotti con loro, si faccia tutto il possibile per abbattere questo stato di cose. E se la lotta viene promossa da un sindacato più conflittuale e critico verso il sistema cosa importa? Quella è la strada che si deve percorrere.

Unità della classe lavoratrice non perché qualche personaggio abbia più visibilità rispetto a qualcun altro, ma perché tutti i lavoratori possano diventare i veri dirigenti di questa nostra ?povera patria?.

(in memoria di Soumaila Sacko, bracciante, sindacalista USB, assassinato in Calabria il 2 giugno 2018)