“Arte culi ‘n aria”, la racconta Umberto Riva nel suo libro: “dentro e fora per a’ cusina”, glossario e prefazione

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Arte culi 'n aria
Arte culi 'n aria
La locandina di "Arte culi 'n aria" di Umberto Riva
La locandina di “Arte culi ‘n aria” di Umberto Riva

Prefazione e glossario di “arte culi ‘n aria“, una serie di.. articuli così come li ha scritti (prima pubblicazione il 13 aprile 2019, ndr) il “nostro” Umberto Riva per te che nel piacere della tavola, vedi qualcosa di più (ora quegli articoli sono raccolti insieme alla “biografia” tutta particolare del “maestro” vicentino Umberto Riva nel libro “Arte culi ‘n aria” acquistabile in alcune librerie ed edicole da noi selezionate e anche comodamente nel nostro shop di e-commerce).

Le ricette e la buona cucina. Sedersi a tavola, aprire il menù o prestare attenzione al maestro di tavola, al cameriere, alla “parona” o al “paron” che carta e matita in mano suggeriscono i piatti del giorno. Piatti storici di cucina locale, regionale, piatti della cucina internazionale.
Tutto in nome della gola.

Le ricette esistono, si possono scrivere nero sul bianco. Tre etti di…, una presa di…, una cucchiaiata di…, cinquanta grammi di.., aggiustare con…, ecc…. Ma la cipolla in questa stagione sa più da cipolla, lo stoccafisso in ammollo……, il vialone è a fine annata……….

Ed ecco che le ricette vengono aggiustate. Ecco la sensibilità di chi sui fornelli, compie ogni giorno un miracolo, “’n miracolo par la panza”. E’ bellissimo scrivere ricette, è cultura, una insostituibile cultura per chi ci vuole imitare, per chi nel tempo vuole conoscere.

La storia “del magnar ben”.

Per mangiare raffinato, ci vuole un gran cuoco, grandi prodotti, grandi cucine.
“Par magnare ben, basta voja de far ben, tanta fantasia, tanta fame”.

Se escludiamo per i signori, quelli ricchi (magari solo ricchi), la cucina, quella con la “C” maiuscola, non ha mai occupato in un passato anche sufficientemente recente, un posto importante nella quotidianità.
La gente, quella che con un termine antipatico si definisce comune, era  interessata alla cucina soprattutto per fattori di sopravvivenza.
“O te magni, o te mori”.

Se da questa necessità non è nata una cucina da prima pagina, non è detto che in compenso, non ne siano risultati piatti gustosi, remuneranti oltre che per lo stomaco anche per il palato.
C’era poco a disposizione, ma quel poco e povero, usato con fantasia e dedizione, a volte risultava insaporito da quel modo di cucinare che, ben condito da un sano appetito, faceva, delle cose più semplici, piatti “quasi d’alta cucina”.

Ricordi, episodi, personaggi di quel mondo potrebbero essere piccola cosa se non fosse per il piacere di confrontarsi con il presente ove tutto, perché troppo, viene a noia. È rivivere costumi e costumanze di un altro tempo, di un tempo che se non di ieri era solo dell’altro ieri, ma che al presente, nel mondo di Bengodi, sembra annegato nel più remoto e profondo dei passati.

Storie. La memoria dei disagi e del malessere è la più corta. Di racconti ce ne sarebbero a migliaia. Ma, qui, ne sono stati scritti pochi soprattutto per evitare la noia.

In questo narrare, i personaggi si mescolano al cuocere e al gustare con infinito piacere e profonda sensualità, ed è particolarmente dedicato a coloro che ne hanno vissuto, anche se in giovanissima età.

Il paradigma era: quando la pancia è piena, la vita è in discesa. Allora le piccole cose diventavano grandi e quelle che si stimavano grandi diventavano immense.
Si godeva, si godeva di ciò che si poteva avere e si ringraziava Dio ed il prossimo perché ciò che si otteneva, era felicità.

Una cosa era fondamentale. Servire con l’antipasto, col primo, coi secondi e col “companadego”, col dolce e col caffè, sempre, proprio sempre, “un piato de bona siera”.

Ciò che troverete assieme alle vere ricette, non sono ricette. Usando tanta fantasia e una sterminata buona volontà, si potrebbero definire tentativi di ricette. Invitiamo coloro che oseranno leggere (sappiate che chi non lo farà, sarà a lungo fustigato), a credere alla buona volontà non tanto alle ricette, perché si tratta di ricordi più o meno sbiaditi da tempo, spesso anche imprecisi e filtrati dalla arteriosclerosi.

La cucina é arte. Esiste arte povera ed arte ricca. Importante é che trionfi l’arte.

L’arte é vita.

La cultura è libertà. Il più importante elemento della cultura è il rispetto, rispetto delle persone, delle idee, delle religioni, degli usi, dei costumi, delle tradizioni, di tutto ciò che è proprio dell’umanità.

La cultura è la spina dorsale della civiltà, è la spina dorsale di una nazione sicché una nazione senza cultura è una nazione debosciata.

Chi non ha rispetto non ha cultura e chi non ha cultura potrà avere ricchezza ma non ha e mai avrà civiltà.

Sperando di avervi incuriositi e prima di proporvi la prima ricetta di “Dentro e fora per a’ cusina“, cioè quelle Verze.profumo di paradiso, vi lasciamo al glossario, indispensabile come una… dispensa.

GLOSSARIO – PAROLE ED ESPRESSIONI

La lingua veneta, e vicentina, è onomatopeica. Certe espressioni, anche se a volte letteralmente traducibili, non rendono, né foneticamente né immaginativamente, il contenuto.
Il glossario non é in ordine alfabetico, ma vede l’uso di parole ed espressioni, racconto per racconto, anche se in ordine diverso. Cercate e troverete, altrimenti che ci divertiamo a fare! Alcune espressioni dialettali, trovano la traduzione direttamente nel racconto.
Ci saranno delle ripetizione e delle manchevolezze, non chiediamo scusa, ché a noi sta bene cosi’.

– par pan tenero e biscoto per cuocere pane fresco e biscottato

– ‘n miracolo par la panza un miracolo per il piacere della pancia

– un camin pa ‘e brasoe un camino per cuocere alle brace

– aque acque curative

– caenon de oro catena d’orologio d’oro

– voja de far ben voglia di impegnarsi e lavorare

– o te magni o te mori o mangi o muori

– companadego contorno

– un piato de bona siera un sorriso per augurare buon appetito

– ‘e verse in tecia ‘e spusa le verze cotte in tegame puzzano

– ‘e xe tanto bone sono tanto buone

– verse sofega’ co ‘l coesin verze stracotte con cotechino

– ga ciapa’ ‘a brosema coperte di brina

– de far su el mascio insaccare il maiale

– osi ossa

– cren rafano

– poenta polenta di mais

– brustola’ abbrustolita

– vin fato co ‘l mescola vino casareccio

– cafe fato co ‘l bacheto caffe’ fatto nella cuccuma

– graspa grappa

– ‘a sena del mascio cena di solo maiale

– radeseo rete che contiene gli intestini

– sparagagna parte anteriore della cassa toracica

– poceta piccolissima pozzanghera

– peara’ salsa piccante a base di pane grattugiato midollo d’ossa e pepe (tipica veronese)

– tacaiso appiccicoso

– ‘l ocio l’occhio

– no ‘l se rompese non si rompa

– spusare de suore puzzare di sudore

– culo sedere, per il Ruzzante “preterito”

– sae groso sale grosso da cucina

– fete de mascio e figa’ fette di maiale e fegato

– vin roso da tajare co ‘l corteo vino rosso intenso (clinton o baco’)

– graspa de contrabando grappa fatta in casa

– cote in antian cucinate in tegame

– cosa see? cosa sono?

– lumeghe lumache

– suga’ co ‘l canavaso asciugate col canovaccio

– steco stuzzicadenti o stecco di legno

– ‘a so morte il meglio

– tuto ne ‘l steso antian tutto cotto nello stesso tegame

– pipare bollire lentamente (blup, blup)

– supa de tripe zuppa di trippe

– bon goto de vin buon bicchiere di vino (il “goto”, bicchiere povero di forma particolare)

– vache mucche in generale (con 4 zampe)

– mesogiorno e meso ore dodici e trenta

– sentarse co ‘n pie soto la carega e que ‘altro in vanti sedersi con un piede sotto la sedia e l’altro in avanti

– ‘na canavasa par no sporcarse ‘e braghe un canovaccio per non ungere i pantaloni

– ‘na crose de ojo una croce (un po’) d’olio

– ‘na scianta de peare una presa di pepe

– magnare e pociare mangiare ed intingere pane nella bagna

– pa ‘l bacan co ‘a caena de oro da kilo taca’ al gile’ per il mediatore di bestiame che aveva una catena d’oro pesante un chilo attaccata al gilet (segno di ricchezza)

– carta oleata pergamino (carta impermeabile inventata da Edison)

– pignata pentola

– ‘neta ‘a casa, spasa in tera, lava i veri, fa la lisia, vage drio al mario, tendege ai tusi, fa da magnare e lava i piati, taca i botoni, stira e cusisi, e dopo ge xe i feri de ‘a lana e rogne sempre nove

spolvera, pulisci la casa, spazza i pavimenti, va a far la spesa, spolvera, lava i vetri, fa il bucato,  fa va fare la spesa, accudisci al marito, sta attenta ai figli,  fa da mangiare e rigoverna le stoviglie, attacca i bottoni, stira e cuci, e dopo fa la maglia e problemi sempre nuovi

– solo ‘na sciata pochissimo

– ‘na broca de garofano spezia di garofano secca

– ‘na ciopa de pan un pezzo di pane (“ciopa” e’ un pane bitorzoluto e piuttosto secco)

– se podea far de manco de lavarlo era gia’ pulito, non serviva lavarlo

– ‘a cortea de ‘e tajadee e’ un coltello da cucina ideologicamente e morfologicamente particolare

– moscarola pensile con telaio in legno e rete anti mosche ed insetti in generale

– tola pa ‘e tajadee tavola su cui si impastava e si spianava la pasta

– mescoa mattarello

– no ‘e fasea in tempo a secarse masa non facevano a tempo a seccarsi troppo

– curava    puliva e preparava

– inscartosava avvolgeva in carta

– regaje regalie

– ratateuille interiora dei polli

– va da ‘a siora Catina se par piasere ‘a te da’ mezo bicere de vin bianco

va dalla signora Caterina se per piacere ti da’ mezzo bicchiere di vino bianco

– ‘e tajadee co i figadini tagliatelle coi i fegatelli

– un quartin de gaina, un tocheto de manzo e tanti osi da rosegare

un quanto di gallina, un pezzetto di manzo e tante ossa da rosicchiare

– do sculieri de vin togo due cucchiai di vino rosso buono (Togo famoso ammiraglio giapponese della guerra russo nipponica)

– no le xera robe da siori, ma gnanca da pori cani

non erano cose da ricchi, ma neanche da morti di fame

– ‘na sbranca de grani de ua frambua pasia in granaro

una manciata di chicchi d’uva fragola passita nel granaio

– onta e bisonta unta e due volte unta

– cuketa piccolo contenitore in vetro povero che a volte assume forme fantasiose,

ad esempio quella di uno stivale.

– radeci in tecia radicchio cotto in tegame

– bon goto de nero bicchiere di vino rosso

– sconta nascosta

– da puareti fat pai siori roba da poveri apprezzata dai ricchi

– cosi’ i se cusina gualivi così cuociono uniformemente

– peàre pelare (pèare è pepe)

– spiumoti penne piccole non sviluppate

– ‘e ardee fettine di lardo

– poenta onta polenta fredda ricucinata nell’olio bollente, nello spiedo si fa nella leccarda

– el sfritegase sciansando la cusina

il friggere dell’olio quando cadono gocce d’acqua, che provocano strolli che schizzano le pareti della cucina

– sora i serci

sopra la piastra in ghisa della cucina economica fatta a cerchi

– varda ‘a se gonfia come un grostolo guarda si gonfia come un crostolo

– beki e durei ciucia’  becchi e durelli ben succhiati

– ciuciare i osi succhiare le ossa

– no ‘a xe creansa non è educazione

– tacaiso colloso, appiccicaticcio

– megola midollo delle ossa

– dame i osi pa ‘l can dammi le ossa per il cane

– cosi’ disea me pare cosi diceva mio padre

– minestron minestra di verdure in varie versioni

– pesto de lardo pesto fatto con lardo

– spigeto de ajo spicco d’aglio

– rameto de rosmarin un rametto di rosmarino

– fasoi apena scaola fagioli freschi appena estratti dal baccello

– mesi in moja co ‘na punta de bicarbonato messi in ammollo con un po’ di bicarbonato

– poke patate e ‘n poca de seoa poche patate e poca cipolla

– voendo, anca ‘na gamba de sejno volendo anche un po’ di sedano

– beo, bon e fiso bello, buono e denso

– ‘l cuciaro staga in pie da solo il cucchiaio deve rimanere piantato diritto in piedi

– pignaton pentolone

– ‘l panaro il tagliere

– queo ke non strangoa, ingrassa ciò che non ti va di traverso, nutre

– ben lavà pulitissimo

– co ‘na foieta de salvia, ‘n gioso de ojo e ‘na sculiera’ de aseo

con una foglia di salvia, un goccio d’olio e una cucchiaiata di aceto

– coesa cotenna del maiale prelevata dal lardo

– dagene un toco anca a to sorea da un pezzo anche a tua sorella

– el spunciava, ma el xera bon e po’ dixe, magna ke xe tuto bon, te fa ben e te deventi grando

pungeva, ma era buono e poi, come si dice, mangia che è tutto buono, ti fa bene e crescerai

– quando ‘l xe fiso, ‘l xe coto quando diventa consistente, sarà cotto

– ‘l sa da brusin gusto del bruciato quando si attacca al fondo

– ‘na goduria un godimento

– un paro de aciuge, ‘na sculiera’ de conserva, quatro sinque foiete de salvia e desfrito

un paio di acciughe, una cucchiaiata di conserva, quattro cinque foglioline di salvia e un soffritto di cipolla, tanta cipolla

– i fasoi i scomisiava a desfarse i fagioli cominciavano a sfarinare

– garibaldini pasta secca, piccoli sedanini (come Barilla numero 47)

– va ben anca su ‘l armaro in camara ricordandose de meterge soto ‘na strasa se no se vede ‘l stampo de ‘l culo de ‘e scuee su ‘a vernisa

va bene anche sull’armadio della camera ricordandosi di appoggiarle su uno straccio altrimenti si vedrà lo stampo del fondo delle scodelle sulla vernice

– fare ‘a grosta fare la crosta

– ‘na crose de ojo una croce d’olio

– da lecarsi i mostaci e da ciuciare ‘a scoeaa  da leccarsi i baffi ed anche la scodella

– da mastegare, se te voi ke i sia boni buoni solo se si possono masticare

– tola de ‘e tajadee tavola su cui si preparano le tagliatelle

– skisapatate schiacciapatate

– formaio grata formaggio grattugiato

– botega da casolin negozio di generi alimentari

– de magnare i gnochi degustare gli gnocchi

– pociare intingere il pane

– gnochi anco oggi si mangia gli gnocchi

– i ge ciamava el singano lo chiamavano lo zingaro

– el conoseva l’arte de cusinar el gato sapeva come si cucinava il gatto

– mejo se quindese meglio se quindici

– i foresti i non vicentini

– el nono Toni disea il nonno Antonio diceva

– ‘l formaio xe bon se ‘l camina da solo il formaggio e’ buono solo se cammina

– teceta de fero smalta’ tegamino in ferro smaltato

– col covercio con coperchi

– ’l magnare par mesogiorno il pranzo

– xera formaio verde era gorgonzola

– bai vermetti

– quei che se ne intende gli intenditori

– Nani strase deto anca verniseta soprannomi intraducibili

– frutarola fruttivendola

– ‘l vezena vecio, queo co ‘a lgrima formaggio vezzena vecchio, con il grasso

– gnanca ‘ndavo a scola prima delle elementari

– sfritegava il rumore dell’acqua sulla piastra bollente

– giosa goccia

– la se irusinise diventa preda della ruggine

– ‘a fasa faccia

– speremo che i ‘a frisa speriamo la friggano

– farsora pentola per fritti

– goloseti cose golose (termine veneziano)

– movete che deventa tuto fredo e no xe pi’ bon muoviti che si raffredda e non sarà piu’buono

– scaolare i bisi togliere i piselli dal baccello

– no magnarli crui che te vien ‘l mal panza  non mangiarli crudi che ti provocano male alla pancia

– da ‘a tecia de i bisi in antian dal tegame dei piselli cotti in umido

– meterge metterci

– lecare anca ‘l piato leccare anche il piatto

– toco de storia un pezzo di storia

– suda’ bollito

– co ‘a giosa con la goccia

– i sparasi co i ovi asparagi con uova

– i xera cosi’ boni che se magna’ tuto anca el manego

erano talmente buoni che si e’ mangiato tutto, anche il manico

– pociando la feta intiera intingendo la fetta non tagliata a bocconi

– freschin odore tipico d’acqua ferma