Digital tax e dazi, il ricatto statunitense di Trump e il consenso dei sovranisti di destra Salvini e Meloni

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Trump e guerra
Trump

I padroni del mondo dettano la loro legge. Quella che scavalca qualsiasi altra legge, qualsiasi regola, ogni Costituzione. Alla faccia della democrazia. È sempre stato così. Gli USA hanno sempre agito in nome e per conto di grandi multinazionali mobilitando, quando necessario, anche eserciti e la violenza che li contraddistingue.

Lo hanno fatto, ad esempio, in Cile nel 1973 scatenando il colpo di stato di Pinochet (allora era la ITT Corporation – telecomunicazioni e alta tecnologia per la difesa – ad esigere che si abbattesse il governo socialista di Allende), lo hanno fatto con le guerre del golfo (petrolio), con il colpo in Bolivia recentissimamente (litio) … Non c’è niente da fare, per chi comanda in Stati Uniti (il presidente? Le grandi corporazioni? Entrambi?) non solo il sudamerica ma tutto il mondo deve diventare il “cortile di casa”.

Certo, con l’Europa non possono mica scatenare una guerra con armi tradizionali, ma una guerra economica per difendere i capitalisti e le multinazionali varie si, la fanno. Il problema è l’assoluta inconsistenza di questa Unione Europea basata sul denaro e il potere delle finanziarie e l’adeguamento (sarebbe più giusto definirla sudditanza) al volere dell’impero di oltre oceano. Abbiamo, come europei, sempre chinato il capo (e, anche, tutto il resto) di fronte alla potenza della autodefinita “più grande democrazia” del pianeta. Abbiamo partecipato alle loro guerre, spendiamo miliardi (a decine … a centinaia) per comprare i loro armamenti e per mantenere la NATO.

Lo facciamo, come europei, perché l’Unione Europea che “abbiamo” costruito fonda le proprie radici sulla finanza e null’altro. Non ha peso politico proprio, tanto meno nei rapporti internazionali. Fa, in pratica, quello che altri comandano. La solidarietà tra le nazioni sulla quale doveva fondarsi, è solo un labile e pallido ricordo. Non esiste.

Il ricatto statunitense, in pratica, toglie denaro agli stati europei (mancati introiti dalle giuste tasse ai padroni del web) e, quindi, a tutti noi cittadini europei. Questo furto, per anni accettato dai “nostri” governi, va a tutto favore dei padroni del mondo. È l’altra faccia dell’imperialismo, forse meno brutale ma parimenti devastante di una guerra armata.

Ai nostri “governanti” sarebbe da chiedere perché dobbiamo restare nella NATO e quanto ci costa. Domandiamoci anche perché, in questi giorni, si celebrano i 70 anni dalla sua nascita. Rendiamoci conto che stiamo celebrando una organizzazione che produce guerra, morti, distruzione in giro per il mondo e lo fa, sempre, non per “portare la democrazia” ma per depredare le ricchezze di paesi sovrani non allineati con il volere imperiale.

E un’altra cosa bisognerebbe chiedere ai sovranisti di destra di casa nostra. Cosa dite del ricatto lanciato da Trump a paesi europei compreso il nostro? Bastano le affermazioni di Salvini (che chiede “dialogo” e, in pratica, ritiene normale e giustificato che il presidente statunitense decida di imporre dazi se paesi sovrani decidessero di tassare i giganti statunitensi del web) o della Meloni (che dà la colpa unicamente a Merkel e Macron e assolve Trump)?

Affermazioni che non hanno nessun riferimento alla necessità di uscire dalla Nato e alla doverosa opposizione alla protervia e all’arroganza statunitense almeno per riaffermare che l’Italia, nonostante tutto, vuole essere un paese sovrano e non un vassallo. Le dichiarazioni di questi politicanti sono, invece, un insieme di slogan vuoti e inconsistenti.

A leggerle verrebbe da pensare che il loro sovranismo non sia solo un atteggiamento “da operetta” ma significhi un miserabile prostrarsi di fronte al sovrano dell’impero.

Si abbia almeno coscienza che, in questa loro palese sudditanza, non c’è proprio nulla di patriottico.

Da ansa.it: “Ancora una volta Donald Trump entra in rotta di collisione con gli alleati europei alla vigilia di un vertice dei leader. E mentre è in volo sull’Air Force One verso Londra, per partecipare al summit della Nato, sgancia la sua bomba: se la Francia va avanti con la digital tax che colpisce i big americani del web – da Google a Facebook passando per Amazon – verrà colpita a partire da gennaio con dazi fino al 100% su beni per un valore di 2,4 miliardi di dollari. Non solo: da Washington fanno sapere che la rappresaglia potrebbe riguardare anche altre capitali che dovessero seguire la strada di Parigi, tra cui Roma. Il rappresentante Usa al commercio Robert Lighthizer, che ha presentato le conclusioni dell’indagine ordinata dal tycoon, cita insieme all’Italia anche la Turchia e l’Austria. Quanto basta a rendere ancor più rovente del previsto il clima londinese nel quale in realtà si dovrebbero festeggiare i 70 anni dell’Alleanza Atlantica.”

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.