Finito rapporto privilegiato con BPVi Zonin Spa cerca fondi, Business Insider: soccorso veneto da Alessandro Benetton?

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Che ne sarà della Casa Vinicola Zonin (Cvz), una delle principali aziende italiane del settore, dopo i guai dell’ex presidente della Banca Popolare di Vicenza Gianni Zonin? E’ di questi giorni (leggi nostro lancio) la notizia che i figli del fondatore Domenico, Francesco e Michele (nella foto d’archivio con padre e madre, ndr) si sono messi alla ricerca di un partner con l’obbiettivo di far crescere il gruppo anche attraverso acquisizioni e poi sbarcare in Borsa. E che per individuare il partner giusto è stata investita Mediobanca che sta sondando una serie di fondi internazionali per vedere se sono interessati all’operazione che prevede la sottoscrizione di un aumento di capitale da 50-70 milioni.

In realtà le cose non sono così rosee come vengono dipinte dal momento che la famiglia Zonin ha assolutamente bisogno di una nuova iniezione di capitali, in mancanza della quale rischia di non riuscire a far fronte al debito che è arrivato ai livelli di guardia. Il cavalier Gianni Zonin, infatti, negli anni d’oro in cui era presidente della Banca Popolare di Vicenza, è riuscito a far crescere la sua azienda vinicola a colpi di acquisizioni di nuove terre e possedimenti comprati principalmente a debito. Un debito che nel corso degli anni è andato oltre i livelli cui solitamente accede un comune imprenditore e che faceva leva sulla posizione di rilievo di Zonin nel mondo bancario italiano.

Oggi la Cvz ha nove possedimenti terrieri distribuiti su sette regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Toscana, Puglia, Sicilia) e nella East Coast degli Stati Uniti (Barboursville, Virginia) per un totale di oltre 3000 ettari ed esporta più dell’85% della sua produzione attraverso un network di distribuzione che fa perno sulle filiali estere in Gran Bretagna, Usa, Giappone, Cina e Cile. Il fatturato nel 2017 ha sfiorato i 200 milioni ma il problema è che per costruire questo piccolo impero del vino italiano Zonin si è dovuto accollare più di 180 milioni di indebitamento. I quali, rapportati a un ebitda (margine lordo) di circa 27 milioni porta a un multiplo di oltre 6 volte, troppo alto e obbiettivamente sostenibile. Bisogna ridurlo almeno a 3,5 volte.

Per questo motivo, tra il 2015 e il 2016, quando tutti i problemi della Popolare di Vicenza sono esplosi, Zonin ha cercato di salvare l’azienda trasferendo le quote di controllo della Cvz ai figli attraverso un ?patto di famiglia’. Un accordo contestato dai vertici della banca (in liquidazione e, soprattutto, i soci, ndr) che ne hanno chiesto la revoca al Tribunale di Vicenza dopo aver ottenuto i sequestri conservativi.

In quei mesi convulsi la prima mossa dei figli Zonin è stata quella di tamponare la situazione con le banche italiane che chiedevano i rientri dei crediti attingendo liquidità da istituti esteri (dunque impegnando le filiali non italiane del gruppo) per finanziare il circolante e il servizio del debito. Ma ora questa situazione non è più sostenibile e c’è assolutamente bisogno di un aumento di capitale da 50-70 milioni che riequilibri strutturalmente la situazione finanziaria.

Il problema, al vaglio dell’advisor Mediobanca, è assegnare una valore alla Cvz che possa attrarre un azionista di minoranza con poca governance visto che i figli Zonin vogliono rimanere con la maggioranza (che non dovrebbe essere messa in discussione dalle revocatorie) e continuare a gestire la società. Il nuovo investitore sarebbe chiamato a versare capitale direttamente nella società operativa a valle senza entrare in contatto con l’eventuale procedura giudiziaria. Ma è chiaro che se il Tribunale dovesse decidere per la revoca anche solo di una quota di minoranza delle holding di famiglia, va da sè che il prezzo di vendita della Cvz ne sarebbe influenzato. Il tribunale potrebbe per esempio contestare che il prezzo a cui è stata venduta la partecipazione di minoranza al piano di sotto è troppo basso e pregiudica i diritti dei ricorrenti.

Già, ma allora a quale prezzo si può concludere questo affare, a patto che si possa. La valutazione che in questi giorni Mediobanca sta comunicando ai potenziali investitori si aggira intorno ai 300 milioni. Una cifra frutto della differenza tra 480 milioni di valore dell’attivo a cui bisogna sottrarre circa 180 milioni di debito. Le nove proprietà terriere sono state valutate intorno a 170 milioni, il centro operativo e gli stabilimenti di Gambellara circa 80 milioni, i marchi del gruppo altri 180 milioni. In più c’è il Castello di Albola oltre ad altri appezzamenti che potrebbero essere sfruttati sotto il profilo turistico e che valgono nel complesso un’altra cinquantina di milioni.

In pratica si chiede al potenziale investitore di versare 50-70 milioni per avere una quota della Cvz tra il 15 e il 20% pagando un multiplo Ev/ebitda di 18 volte, che sale a 24 volte se si considera che l’ebitda vero è di circa 20 milioni calcolando in circa 7 milioni la parte di margine che va a remunerare le aziende agricole di famiglia che gestiscono i possedimenti.

Si tratta di un prezzo obbiettivamente alto visto che le transazioni del settore si attestano su un multiplo compreso tra 10 e 12 volte. Dunque è probabile che parta una trattativa con i potenziali interessati che porti il prezzo a livelli più ragionevoli.

La novità di queste ore è che tra i fondi che hanno guardato la società quello più gradito alla famiglia Zonin è certamente la 21 Investimenti guidata da Alessandro Benetton, cui è stato sottoposto il dossier da Mediobanca. Una sorta di soccorso veneto, verrebbe da dire, vista la situazione piuttosto complicata che sta attraversando la famiglia Zonin e le necessità impellenti che difficilmente possono essere spiegate a un investitore estero.

A ciò si aggiungano i buoni rapporti tra la famiglia Benetton e Mediobanca, amicizia suggellata da una quota azionaria nella merchant bank di piazzetta Cuccia e una ancora più consistente e appena arrotondata pari al 3% di Generali. Con 70 milioni di nuova finanza la Cvz vorrebbe abbattere il debito per circa 40 milioni, di cui 12,3 andranno a chiudere prodotti derivati con posizioni negative. Mentre 20-30 milioni servirebbero per acquistare una nuova proprietà in California, in modo da arricchire il ventaglio dei prodotti offerti, e stringere joint venture in Cile, altra terra famosa per i suoi vini.

Ma prima di arrivare a tutto ciò bisognerà vedere se i figli Zonin e Alessandro Benetton riusciranno a mettersi d’accordo sul prezzo e se le cause in corso non andranno a influenzare tutta l’operazione.

di Giovanni Pons, da Business Insider