Fondazione Roi: cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia? Mons. Pizziol fermi Gasparini, Rucco eserciti moral suasion: il Chiericati è di Vicenza! Fuori il “vecchio”, dentro prof. Golin o Barbieri e dr.ssa Monti

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«La prima non è buona. Il consiglio di amministrazione della Fondazione Roi, chiamato ieri a nominare i nuovi ruoli di presidente e vice, ha prodotto una fumata nera. Ovvero, nessuno dei quattro componenti del nuovo cda è stato indicato nelle figure di vertice, segno di uno stallo, che si è verificato in occasione dell’indicazione di un quinto componente»: così scrive il collega Gian Maria Collicelli sul CorVeneto facendo intuire, come previsto da noi su queste pagine in tempi non sospetti, che i due ex-consiglieri già in quota Zonin e ora imprudentemente (e impudentemente) rinominati, cioè Giovanna Rossi di Schio (Fai – Fondo ambiente italiano) e Mons. Francesco Gasparini (Diocesi di Vicenza), hanno fatto blocco “contro” i nuovi, il direttore dei musei civici del Comune Mauro Passarin (membro di diritto) e Paolo Menti (in quota Accademia olimpica). 

Non avendo consentito un accordo sul quinto componente da cooptare e non avendo, di conseguenza, proceduto alla nomina del presidente, per oggi, 16 novembre, è stata la convocata una nuova riunione del Cda, per sbloccare la situazione, che evidenzia, comunque e da subito, la solita lotta di potere e, soprattutto, il freno alla discontinuità (con un passato fallimentare per il più importante ente culturale della città) azionato da chi, i due consiglieri confermati, nulla ha fatto per evitarlo o per denunciarlo.

Costoro, anzi e in aggiunta, tutto hanno fatto per impedire l’azione di responsabilità nei confronti di Gianni Zonindelle precedenti sue gestioni della Fondazione, a cui il marchese Giuseppe Roi “consegnò” beni per 100 milioni di euro di cui 30 cash, che, con Zonin alla presidenza dal 2009 al 2016, consentirono l’acquisto (da chi?, dalla Banca?, da soci privilegiati?) in evidente conflitto di interessi di 29 milioni di euro di azioni della Banca Popolare di Vicenza, poi azzerate, e dell’ex cinema Corso.

Se, cambiando, di poco, l’ordine dei fattori, il prodotto della Roi non cambia ci rivolgiamo al vescovo di Vicenza, mons. Beniamino Pizziol, che ci assicurò che mons. Gasparin avrebbe fatto quanto indicato dalla Diocesi e che ne avrebbe risposto a lui, per riportare sulla retta via il suo discutibile rappresentante, anche lui in palese conflitto di interessi, essendo direttore dei musei diocesani, che nulla hanno a che fare, anzi…, col museo civico di palazzo Chiericati, a cui per statuto, infranto dalle gestioni precedenti, è interamente dedicata la fondazione.

E ci appelliamo anche al sindaco Francesco Rucco, che dai banchi dell’opposizione fu l’unico, insieme, soprattutto, alla battagliera consigliera del M5S, Liliana Zaltron, a denunciare la gestione impantanata anche del cda subentrato a quello di Zonin, perché utilizzi tutta la sua moral suasion per neutralizzare l’oscurantismo di Francesco Gasparin e Giovanna Rossi di Schio.

Finché loro rimarranno imperterritamente incollati alle loro poltrone per evitare un chiaro e trasparente giudizio su un indifendibile passato, è indispensabile far designare un quinto componente con cui stringere un patto di ferro insieme al rappresentante dell’Accademia Olimpica per guardare al futuro senza i macigni che dall’interno sono stati stretti intorno al collo del marchese Roi che non merita questo trattamento.

In passato i poteri locali, leggasi il mondo di Achille Variati, impedirono (leggi qui o di sotto nell’articolo che riportiamo) ai vertici della banca post Zonin di insediare due consiglieri designati da Gianni Mion nero su bianco già in ottobre 2016, e cioè due accademici, uno della Sorbona, Gian Antonio Golin, per giunta con rapporti professionali con Fai nazionale, l’altro, Giuseppe Barbieri, professore a Cà Foscari, entrambi vicentini di grande prestigio internazionale ma lontani dalle sabbie mobili locali.

Lo impedirono con la stessa formula gattopardesca adottata oggi dai rappresentanti della diocesi e del Fai (“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi“) e allora oggi Rucco, se mons. Pizziol non lo vuole aiutare, utilizzi anche da solo e pro bono la forza che ebbe Variati per imporre lui un nome, almeno uno, visto che il direttore dei musei civici è membro di diritto e non lasciato al suo libero discernimento da uno statuto assurdo, peraltro confezionato anche dai due trasformisti odierni.

Rucco, che è pur sempre il “titolare” di palazzo Chiericati e dei musei civici a cui Roi lasciò i suoi averi, ora dilapidati dal vecchio regime per almeno il 30% e per giunta distribuiti nel tempo per favori e prebende anche al museo diocesano, indichi insieme a Paolo Menti fra i due suddetti uno dei due consiglieri per la cui qualità e indipendenza garantisce proprio il “niet” di Variati e il cui elevato profilo culturale, per giunta internazionale, non può sfuggire a un sindaco che ama la cultura, tanto da essersene mantenuta la delega.

Se, poi, occorresse anche una figura orientata alla gestione e al controllo non trascuri il nuovo cda a trazione comunale, come sarebbe giusto che fosse viste le volontà di Roi, di inserire nell’organigramma della Fondazione, al posto di nomi ancora una volta legati al vecchio, come quello del suo eterno commercialista, Giovanni Sandrini, bravo a rappresentare Zonin anche in Cattolica Assicurazioni, ma meno bravo nell’individuare passaggi oscuri nei bilanci della Roi, il nome di Margherita Monti, presidente dei dottori commercialisti di Vicenza, di ben altro spessore, parrebbe, e indipendenza del predecessore Marco Poggi, fan dell’acquisto di azioni BPVi e anche lui legato a quella cupola di interessi da cui Vicenza deve uscire, costi quel che costi, per riprendere a respirare.

La gestione non gattopardesca della Fondazione Roi sarà in tal senso un banco di prova e una cartina di tornasole della discontinutà promessa in campagna elettorale da Rucco.

Se non glielo consentiranno, preveniamo l’obiezione, non si accontenti del quieto vivere e lo denunci pubblicamente!

Nell’articolo a cui ci riferivano e che ora riproponiamo ci sono i motivi per espellere da Vicenza il gattopardo che ne simboleggia il suo vero e primario degrado.

 

Bocciate a Gianni Mion le nomine BPVi di Giuseppe Barbieri e Gian Antonio Golin nel cda della Fondazione Roi in mano agli “zoniniani”: altri 4 consiglieri, il commercialista Giovanni Sandrini e l’avv. Enrico Ambrosetti. Perché?

Sul bilancio 2016 della Fondazione Roi, di cui non c’è ancora ad oggi notizia, c’è ancora la spada di Damocle della mancata denuncia dei conti dei Cda targati Zonin inclusi gl ultimi, quelli del 2015, approvati da quattro dei sette membri oggi in carica nel parzialmente nuovo, ma minoritario, Cda e cioè il Giovanni Carlo Federico Villa, l’architetto Emilio Alberti, la signora Giovanna Vigili de Kreutzenberg Rossi di Schio (alias Giovanna Rossi di Schio) e mons. Francesco Gasparini. I rischi corsi con questa “strategia della disattenzione“, se non contraddetta da fatti nuovi, saranno di sicuro stati valutati dai tre nuovi consiglieri scelti dalla Banca Popolare di Vicenza al posto di Gianni ZoninMarino Breganze e Annalista Lombardo e cioè il neo presidente Ilvo Diamanti, il suo vice, ma “uomo forte” del gruppo, Andrea Valmarana e Giovanna Grossato. Ce lo auguriamo per loro e per la BPVi, che di “colori grigi” intorno alla sua azione specifica è l’ultima cosa di cui ha bisogno. 

Se, però, le mancate dimissioni dei quattro consiglieri che hanno convissuto con Zonin, molti criticabili anche per specifici motivi che qui spesso abbiamo analizzato e tutti in sospetto di stare in questo Cda come gli epigoni dell’ex presidente sono riamasti nel Cda della Popolare il maggior tempo che hanno potuto (per fare cosa ora sembra chiaro non solo a noi…) aggiungono consistenti venature di grigio ai vertici della Fondazione Roi attuale, la fino ad oggi mancata azione di responsabilità ipotizzabile verso i precedenti Cda getta un secchiata di oscurità se non direttamente sui tre nuovi consiglieri, di sicuro “brave persone”, sui passi che hanno portato alla contrastatata nomina di due di loro cone abbiamo già anticipato .

Al loro posto Gianni MionFrancesco Iorio e Salvatore Bragantini avevano, infatti, proposto, nero su bianco già in ottobre 2016, due accademici, uno della Sorbona, Gian Antonio Golin, l’altro, Giuseppe Barbieri, professore a Cà Foscari, presidente in pectore della Roi e dato per contattato anche da Il Corriere del Veneto. I due professori universitari, lo scrivevamo il 29 aprile avendone avuto conferma all’interno dell’attuale Cda, «oltre al loro prestigioso curriculum, per giunta nel settore specifico dell’arte, e alla vicentinità, qualità che con l’onestà condividono con Diamanti e Grossato, vantavano anche una opportuna maggiore “distanza” dalla melma locale che ha invaso la Roi (cfr. il nostro libro/dossier appena uscito “Roi. La Fondazione demolita“)». 

Questo abbiamo scritto senza smentite, che non ci possono essere avendo noi rappresentato i fatti così come sono avvenuti, e allora facciamo una domanda a Gianni Mion, uomo schietto ma molto meno di basso profilo di quanto ami mostrarsi lui che da presidente della BPVi, posseduta ad oggi dal Fondo Atlante, che dovrebbe essere totalmente estraneo ai poteri e alle influenze locali che, tra l’altro, ben poco hanno fatto per salvare la nuova banca, potrebbe risponderci.

Eccola: “Egregio presidente, perchè ha cambiato le designazioni iniziali di Giuseppe Barbieri alla presidenza e di Gian Luigi Golin in Cda?. Se lia veva scelti, per iscritto, ne avrà avuto ottome ragioni. Chi e perchè ha fatto cambiare le sue determinazioni a dicembre 2016? Grazie, presidente.

Senza questa risposta e senza, magari, qualche cenno concreto di reale cambiamento di rotta (le dimissioni dei 4 ex zoniniani e l’esposto sui “conti senza carte” e con molti movimenti cash come ci ha dichiarato Valmarana) quale significato chiarificatore e certificatore avrebbe il bilancio 2016, predisposto, anche questo come in passato, dal dr. Giovanni Sandrini, dell’omonimo studio?

Il professionista vicentino oltre ad essere stato, lo si legge proprio nel sito dello studio, “docente, a contratto, nel maggio 2008 al corso di perfezionamento in impresa Vitivinicola e Competizione Internazionale presso il CIVE (Centro Interuniversitario per la Viticoltura e l’Enologia) dell’Università degli Studi di Verona“, settore molto… gambellarese, ha fatto, soprattutto, parte come “consigliere di amministrazione e componente del comitato Finanza della Società Cattolica di Assicurazione S.c.r.l.“, grazie a Gianni Zonin che in quel consiglio il 19 luglio 2012 indicò lui oltre all’avvocato Enrico Ambrosetti, legale sempre della Fondazione Roi, oltre che avvocato di fiducia dello stesso pluri presidente.

Caro Mion, una sua risposta chiara e le azioni conseguenti sarebbero molto gradite dai vicentini che ad oggi vedono la “nuova” Fondazione voluta dal “povero” marchese Giuseppe Roi gestita da un cda “gattopardesco” composto da 4 membri in quota Zonin e da tre consiglieri di cui due non da lei inizialmente indicati, affiancati, per giunta, da da un commercialista in vecchi rapporti con la vecchia banca e rappresentata da un legale che per Zonin, ma con i soldi rimanentu della Roi, ha presentato anche denunce che non esitiamo a definire temerarie, per lo meno per quella milionaria che ci riguarda e che ci sta danneggiando e costando non poco.

P.S. Quei magnifici sette hanno già sottoscritto l’adesione alla transazione della BPVi rinunciando ad ogni azione legale nei confronti di Zonin & c. ma questo non deve voler dire che tutto vada nel dimenticatorio anche per la mala gestio della Fondazione su cui noi siamo sicuri che lei e i tre nuovi, più o meno designati consiglieri, non abbia patteggiato…

Noi no, ma i vicentini?