Giuseppe Conte: un intervento da statista e per l’Italia davanti a un Salvini che gesticola. Qui i video della seduta al Senato

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Giuseppe Conte: un intervento da statista e per l’Italia davanti a un Salvini che gesticola mentre il premier dimissionario parla (per i video ringraziamo Euronews). Continua la diretta dal Senato (pubblicato alle 16.07, aggiornato alle 20.07).

L’intervento iniziale di Giuseppe Conte

L’intervento di Matteo Salvini

Tutti gli interventi dopo quello iniziale di Conte

Qui il testo completo del discorso di Conte

Comunicazioni al Senato della Repubblica del Presidente del Consiglio
prof. avv. Giuseppe Conte

Gentile Presidente, gentili Senatrici, gentili Senatori,

ho chiesto di intervenire per riferire sulla crisi di governo innescata dalle dichiarazioni del Ministro dell’Interno, leader di una delle due forze di maggioranza.
Ho sempre limpidamente sostenuto che, in caso di interruzione anticipata dell’azione di governo, sarei tornato qui, nella sede istituzionale dove inizialmente ho raccolto la fiducia.
Questa iniziativa non cela il vezzo di un giurista né tantomeno è dettata da un moto di orgoglio personale. Nasce dalla convinzione che il confronto in quest’Aula – franco, trasparente – sia lo strumento più efficace per garantire il buon funzionamento di una democrazia parlamentare.
Non si tratta di rendere omaggio a mere regole di forma, bensì di rispettare regole che implicano “sostanza politica”, poste a presidio della piena tutela dei diritti di tutti cittadini.
Il giorno 8 agosto 2019 il Ministro Salvini, dopo avermi anticipato la decisione nel corso di un lungo colloquio, ha diramato una nota con la quale ha dichiarato che la Lega non era più disponibile a proseguire questa esperienza di governo e ha sollecitato l’immediato ritorno alle urne elettorali.
A conferma di questa decisione, la Lega ha depositato in Parlamento una mozione di sfiducia nei confronti del Governo.
Siamo al cospetto di una decisione oggettivamente grave, che comporta conseguenze molto rilevanti per la vita politica, economica e sociale del Paese.

Ed è per questo che merita di essere chiarita in un pubblico dibattito che consenta trasparenti assunzioni di responsabilità da parte di tutti i protagonisti di questa crisi.
La politica dei nostri giorni si sviluppa, per buona parte, sul piano comunicativo, affidandosi a un linguaggio semplificato. E’ il segno inevitabile dei tempi.
Ma io ho garantito sin dall’inizio che questa sarebbe stata un’esperienza di governo all’insegna della trasparenza e del cambiamento, e non posso permettere che questo passaggio istituzionale così rilevante possa dipanarsi a mezzo di conciliaboli riservati, di comunicazioni affidate ai social o di dichiarazioni rilasciate per strada o nelle piazze, senza un pieno e ufficiale contradditorio.
L’unica sede in cui il confronto pubblico può svolgersi in modo istituzionale e trasparente è il Parlamento, dove siedono i Rappresentanti della Nazione e, quindi, dei cittadini.
La decisione della Lega di interrompere questa esperienza di governo al fine di tornare urgentemente alle urne elettorali è oggettivamente grave – l’ho appena anticipato – per le seguenti ragioni:
1) innanzitutto, questa crisi interviene a interrompere prematuramente un’azione di governo che procedeva operosamente e che già nel primo anno aveva realizzato molti risultati e molti ancora ne stava realizzando;
2) questo governo era nato per intercettare l’insoddisfazione dei cittadini che, con il voto del 4 marzo 2018, avevano manifestato il desiderio di un “cambio di passo” rispetto alle politiche pregresse e per questo mirava a realizzare un ampio disegno riformatore, che ora viene bruscamente interrotto;
3) questa decisione vìola il solenne impegno che il leader della Lega aveva assunto all’inizio della legislatura, sottoscrivendo il contratto di governo con il Movimento 5 Stelle; ricordo che il contratto prevede, in caso di divergenze, l’impegno delle parti di “discuterne con la massima sollecitudine e nel rispetto dei principi di buona fede e di leale cooperazione”;
4) i tempi di questa decisione espongono a gravi rischi il nostro Paese: una crisi in pieno agosto espone a elezioni anticipate in autunno. Considerando i tempi costituzionalmente necessari per la convocazione delle nuove camere e per la formazione del governo, il rischio di ritrovarsi in esercizio provvisorio è altamente probabile. Nell’ambito di una congiuntura economica internazionale non certo favorevole, il nuovo governo si ritroverebbe nella difficoltà di contrastare l’incremento dell’Iva e con un sistema economico esposto a speculazioni finanziarie e agli sbalzi dello spread.
5) Aggiungo che questa crisi interviene in un momento delicato dell’interlocuzione con le Istituzioni europee. Siamo in avvio di legislatura e proprio in questi giorni si stanno concludendo le trattative per le nomine dei commissari e per la copertura di altre delicate posizioni. Mi sono sin qui personalmente adoperato per assicurare all’Italia un rilievo centrale nel nuovo assetto, in linea con il prestigio e la forza economica e culturale del nostro Paese. E’ evidente che l’Italia corre ora il rischio di partecipare a questa trattativa in condizioni di oggettiva debolezza.
Sono queste le ragioni che mi inducono a valutare come fortemente irresponsabile la decisione di innescare la crisi di governo. Per questa via, il Ministro dell’Interno ha mostrato di inseguire interessi personali e di partito.
E’ pienamente legittimo, per una formazione politica, mirare a incrementare il proprio consenso elettorale.
Ma affinché un sistema democratico possa perseguire il bene comune e possa funzionare secondo criteri di efficienza, ogni partito è chiamato a operare una mediazione, filtrando gli interessi di parte alla luce degli interessi generali.
Quando una forza politica si concentra solo su interessi di parte e valuta le proprie scelte esclusivamente secondo il metro della convenienza elettorale, non tradisce solo la vocazione più nobile della politica, ma finisce per compromettere l’interesse nazionale.
Quando si assumono così rilevanti incarichi istituzionali – peraltro sottoscrivendo un contratto di governo e dando avvio al governo del cambiamento – bisogna essere consapevoli che si assumono specifici doveri e responsabilità nei confronti dei cittadini e verso lo Stato, che non è possibile accantonare alla prima convenienza utile.
Far votare i cittadini è l’essenza della democrazia. Sollecitarli a votare ogni anno è irresponsabile.
Le scelte compiute e i comportamenti adottati in questi ultimi giorni dal Ministro dell’interno – mi assumo la responsabilità di quel che affermo – rivelano scarsa sensibilità istituzionale e grave carenza di cultura costituzionale.
Perché aprire la crisi in pieno agosto, quando ormai da molte settimane – certamente già all’esito delle elezioni europee – era chiara l’insofferenza per la prosecuzione di una esperienza di governo, giudicata ormai limitativa delle ambizioni politiche di chi ha chiaramente rivendicato “pieni poteri” per guidare il Paese?
La scelta di rinviare fino a oggi la comunicazione di una decisione evidentemente assunta da tempo – mi duole affermarlo con tanta nettezza – è un gesto di grave imprudenza istituzionale, innanzitutto irriguardoso nei confronti del Parlamento e, in ogni caso, suscettibile di precipitare il Paese in una vorticosa spirale di incertezza politica e di instabilità finanziaria.
Peraltro questa decisione è stata annunciata dal Ministro dell’Interno subito dopo avere incassato l’approvazione, con la fiducia, del decreto-legge “sicurezza bis”, con una coincidenza temporale che suggerisce opportunismo politico.
Palesemente contraddittorio appare, infine, il comportamento di una forza politica che, pur dopo avere presentato al Parlamento una mozione di sfiducia nei confronti del Governo, non ritiri i propri Ministri. Come si può conciliare la presentazione di una mozione di sfiducia con la permanenza in carica dei propri Ministri ?
Amici della Lega, per preparare e giustificare la scelta di far ritorno alle urne elettorali, avete tentato, maldestramente, di accreditare l’idea di un “governo dei no” e del “non fare”.
Pur di battere questa fatua grancassa mediatica avete macchiato quattordici mesi di intensa attività di governo. In questo modo avete offeso non solo il mio impegno personale, ma anche la costante dedizione dei vostri stessi Ministri e Sottosegretari, che mi hanno affiancato sino all’ultimo giorno nelle attività di governo.
In questo modo avete offeso la verità dei fatti.
Avete oscurato le misure per rafforzare la sicurezza che i cittadini attendevano da tempo; le norme anticorruzione, il protocollo di azione per la “terra dei fuochi”, il codice rosso contro la violenza alle donne.
Avete oscurato tutte le varie misure adottate per accelerare e rilanciare gli investimenti: il decreto crescita, lo “sblocca cantieri”, il decreto semplificazioni, il decreto Genova, il piano “ProteggiItalia” contro il dissesto idrogeologico, le norme per sboccare i fondi per l’edilizia scolastica, per sbloccare gli avanzi di amministrazione dei comuni.
Avete calpestato le misure di protezione sociale che insieme abbiamo adottato: quota 100, decreto dignità, reddito di cittadinanza, rimborsi ai risparmiatori truffati dalle banche.
Avete offuscato la miriade di iniziative che sono valse a sbloccare opere ferme da anni: il Tap, il Terzo valico, le autostrade Asti-Cuneo e Ragusa- Catania, il quadrilatero Marche-Umbria, gli aeroporti di Crotone, Foggia e Reggio Calabria, il porto di Gioia Tauro; le varie misure di risoluzione delle crisi aziendali, per rilanciare il Sud, per tenere fuori la politica dalla sanità, per rafforzare la ricerca, per rendere più efficiente la pubblica amministrazione e per sbloccare le assunzioni nel pubblico impiego; ricordo che adesso disponiamo, finalmente, di un unico piano tariffario per le concessioni autostradali che ci consentirà di controllare più efficacemente gli effettivi investimenti ed eventuali aumenti dei pedaggi.
Avete cancellato i vari provvedimenti con cui abbiamo avviato la riforma fiscale e abbiamo investito nell’innovazione tecnologica.
Avete oscurato gli interventi di riforma della governance dello sport, e i successi ottenuti con l’assegnazione a Milano-Cortina delle Olimpiadi invernali 2026 e delle Atp finals di tennis a Torino.
Questo è un governo che ha lavorato intensamente sino all’ultimo giorno e ha prodotto numerose, significative riforme.
Altroché “governo dei no”. La verità è un’altra: all’indomani della competizione europea, il Ministro dell’Interno e leader della Lega, forte del successo elettorale conseguito, ha posto in essere un’operazione di progressivo distacco dall’azione di governo, un’operazione che ha finito per distrarlo dai suoi stessi compiti istituzionali e che lo ha indotto alla costante ricerca di un pretesto che potesse giustificare la crisi di governo e il ritorno alle urne.
Questa decisione, tuttavia, ha compromesso il lavoro già avviato per la definizione della legge di bilancio, che avrebbe introdotto una più incisiva riforma fiscale, contenente quella che con formula semplificata viene definita flat tax, ma anche una riforma della giustizia tributaria e la necessaria riduzione del cuneo fiscale, misure di sostegno agli investimenti e all’export, un piano di rilancio per il Sud, vari interventi nel segno della spending review, un progetto articolato e compiuto di privatizzazioni.
Parimenti compromesso risulta l’ampio disegno riformatore affidato al Parlamento, dove sono in corso di esame vari disegni di legge di delega, che, una volta approvati, avrebbero consentito al Governo di adottare vari decreti legislativi contenenti codici di settore mirati a riordinare la legislazione e a semplificare la burocrazia in tutti i principali settori di attività. Lo scioglimento anticipato delle Camere arresterebbe anche le riforme del codice di procedure civile e del codice di procedura penale, oltreché del CSM, pensate soprattutto per accelerare i tempi della giustizia e rendere così più competitivo il nostro Paese anche agli occhi degli investitori stranieri.
Il Paese ha urgente bisogno che siano completate le misure per rendere sempre più efficace il piano degli investimenti e per favorire la crescita economica. Abbiamo predisposto vari strumenti, che con questa incertezza rischiano di non essere adeguatamente valorizzati: la cabina di regia interministeriale “Strategia Italia”, la task force della Presidenza del Consiglio “InvestItalia”, la centrale di progettazione presso l’Agenzia del demanio.

Caro Ministro dell’Interno, caro Matteo, promuovendo questa crisi di governo ti sei assunto una grande responsabilità di fronte al Paese.
Hai annunciato questa crisi chiedendo “pieni poteri” per governare il Paese e ancora di recente ti ho sentito invocare le piazze a tuo sostegno.
Questa tua concezione mi preoccupa.
Innanzitutto, le crisi di governo, nel nostro ordinamento repubblicano, non si affrontano e regolano nelle piazze, ma nel Parlamento.
In secondo luogo, il principio dei pesi e contrappesi è assolutamente fondamentale perché sia garantito il necessario equilibrio al nostro sistema democratico e siano precluse derive autoritarie.
Caro Matteo ispiri la tua azione alle concezioni sovraniste. Permettimi di richiamare il pensiero di un sovrano illuminato, Federico II di Svevia: “Quantunque la nostra maestà sia svincolata da ogni legge, non si leva tuttavia essa al di sopra del giudizio della ragione, che è la madre del diritto”.
Non abbiamo bisogno di uomini “con pieni poteri”, ma di persone che abbiano cultura istituzionale e senso di responsabilità.

Se tu avessi mostrato cultura delle regole e sensibilità istituzionale, l’intera azione di governo ne avrebbe tratto giovamento.
Ci sono stati vari episodi e atteggiamenti che ti ho sempre fatto notare, riservatamente, ma a volte anche pubblicamente.
Ad esempio, quest’anno ho provato a partire anzitempo per elaborare una adeguata manovra economica: l’azione di governo se ne sarebbe avvantaggiata enormemente. Ti ho chiesto di indicarmi i delegati della Lega a sedere ai vari tavoli governativi: mi hai fatto attendere due mesi, invano, prima di indicarmi i nomi.
Se avessi accettato di incontrare le parti sociali a Palazzo Chigi, insieme agli altri componenti del Governo, avremmo senz’altro accreditato, agli occhi del Paese, maggiore coesione della squadra di governo ed evitato che fosse compromessa l’efficacia dell’azione comune.
Se tu avessi accettato di andare al Senato per riferire sulla vicenda russa, una vicenda che oggettivamente merita di essere chiarita anche per i riflessi sul piano internazionale, avresti evitato al tuo Presidente del Consiglio di presentarsi al tuo posto, rifiutandoti, per giunta, di condividere con lui le informazioni di cui sei in possesso.
In coincidenza dei più importanti Consigli europei a cui ho preso parte, non sei riuscito a contenere la tua foga comunicativa e hai reso pubbliche dichiarazioni sui temi all’ordine del giorno, creando un controcanto politico che ha rischiato di generare confusione e certo non ha contribuito a rafforzare l’autorevolezza del nostro Paese.
In molteplici occasioni hai invaso le competenze degli altri Ministri, creando sovrapposizioni e interferenze che hanno finito per minare l’efficacia dell’azione.
Hai criticato pubblicamente l’operato di singoli Ministri, incrinando la compattezza della squadra di governo, quando io stesso ti avevo pregato, all’indomani della competizione elettorale europea, di riferirmi direttamente e riservatamente nel caso avessi avuto osservazioni sulla composizione della squadra.
La cultura delle regole e il rispetto delle istituzioni certamente non si improvvisano. Ma sono qualità fondamentali per aspirare al ruolo di Ministro dell’Interno o di Presidente del Consiglio dei Ministri.
Chi ha compiti di responsabilità deve lavorare a soluzioni concrete e sostenibili, senza rincorrere o, addirittura, sollecitare le reazioni emotive dei cittadini.
Permettimi un’ultima osservazione, che, in verità, non ti ho mai riferito perché non riguarda specificamente i nostri compiti di governo.
Chi ha compiti di responsabilità dovrebbe evitare, durante i comizi, di accostare agli slogan politici i simboli religiosi. Questi comportamenti non hanno nulla a che vedere con il principio della “libertà di coscienza religiosa”. Piuttosto, sono appaiono episodi di “incoscienza” religiosa, che rischiano di offendere il sentimento dei credenti e, nello stesso tempo, di oscurare il principio di laicità, tratto fondamentale dello Stato moderno.

Amici del Movimento 5Stelle, mi sto rivolgendo alla Lega perché è il partito che ha preso l’iniziativa di interrompere l’azione di governo, ma invito anche voi a fare tesoro di questa esperienza.
Quando si assumono incarichi di governo, bisogna essere pienamente consapevoli delle responsabilità che ne conseguono. Occorre evitare, in particolare, di lasciarsi condizionare da sondaggi, se del caso, non favorevoli.
Bisogna lasciare che le valutazioni sull’operato di governo siano fatte alla fine, a consuntivo.
Mi sono soffermato a lungo sulla cultura delle istituzioni. Sottolineo che quando il Presidente del Consiglio si presenta in Aula per rendere una informativa richiesta dal Parlamento, come avvenuto al Senato in occasione della vicenda russa, il rispetto delle istituzioni impone di rimanere in Aula ad ascoltarlo e non c’è ragione che possa giustificare un allontanamento.

Signora Presidente, gentili Senatrici, gentili Senatori,
la crisi in atto compromette inevitabilmente l’azione di questo Governo, che qui si arresta. Ma c’è ancora molto da operare.
L’Italia sta attraversando un periodo di grandi trasformazioni, un “tempo di passaggi” come direbbe Habermas.
C’è gran bisogno di Politica, con la “P” maiuscola: che significa capacità di progettare il futuro, esprimendo, ad un tempo, visione prospettica ed efficacia realizzativa.
Occorre lavorare per offrire ai nostri giovani giuste opportunità di vita personale e professionale, perché ogni giovane che parte e non ritorna è una sconfitta per il futuro del nostro Paese. Se non riusciremo a trattenerli, esporremo l’Italia a un destino di inesorabile declino.
Le nostre scuole devono diventare laboratori di apprendimento, dove il “come imparare” sia ben più importante del “cosa imparare” e i nostri giovani conservino l’attitudine a migliorare costantemente le proprie conoscenze.
E’ necessario orientare il nostro sistema di formazione verso le competenze digitali che saranno sempre più richieste anche nel mercato del lavoro.
L’intero comparto della ricerca va risolutamente potenziato, realizzando un sistema di coordinamento più efficace tra università ed enti di ricerca, anche attraverso un’agenzia nazionale.
E’ necessario proseguire nelle politiche di inclusione sociale al fine recuperare al circuito lavorativo le fasce della popolazione attualmente emarginate, in modo da consentire il pieno sviluppo della persona e realizzare il principio di eguaglianza sostanziale di cui al secondo comma dell’art. 3 Cost.

Le famiglie che hanno persone con disabilità non possono rimanere abbandonate a se stesse e, anche in quest’ambito, occorre procedere con la massima sensibilità politica per lenire questo disagio familiare e sociale.
Contemporaneamente al progetto di “autonomia differenziata”, che andrà doverosamente completato senza sacrificare i principi di solidarietà sociale e di coesione nazionale, è necessario varare un piano di rilancio del Sud, che contenga un più organico progetto di valorizzazione degli investimenti e di incremento dell’occupazione anche nelle aree più disagiate del Paese.
La politica deve adoperarsi per elaborare un grande piano che attribuisca all’Italia una posizione di leadership nel campo dei nuovi modelli economici eco-sostenibili.
Partiamo avvantaggiati. In Europa già ci distinguiamo per l’utilizzo delle energie rinnovabili. Dobbiamo puntare all’utilizzo delle tecniche scientifiche più innovative e sofisticate per consolidare questo primato. Abbiamo progetti all’avanguardia nello sfruttamento dell’energia dai moti ondosi, possiamo sfruttare nuove tecniche di produzione in base alla c.d. biomimesi.
L’obiettivo da perseguire deve essere una efficace “transizione ecologica”, in modo da pervenire a un’articolata politica industriale, che, senza scadere nel dirigismo economico, possa gradualmente orientare l’intero sistema produttivo verso un’economia circolare, che favorisca la “cultura del riciclo” e dismetta la “cultura del rifiuto”.
Lo sviluppo equo e sostenibile deve spingerci a integrare in modo sistematico, nell’azione di governo, un nuovo modello di crescita, non più “economicistico”. Dobbiamo incentivare le prassi delle imprese socialmente responsabili, che permetteranno di rendere il nostro tessuto produttivo sempre più competitivo anche nel mercato globale. Confido che la cabina di regia “BenessereItalia”, che ho da poco istituita, possa tornare ben utile a questi scopi, anche in futuro.

E’ necessario promuovere le infinite vie del turismo, valorizzando la incredibile ricchezza del nostro patrimonio naturale, storico, artistico. Questa valorizzazione deve passare anche attraverso il recupero delle nostre più antiche identità culturali, delle nostre tradizioni locali, della bellezza dei nostri borghi e dei piccoli comuni. Mi piace ricordare che, con recentissima delibera, abbiamo stabilito che il prossimo 26 ottobre sia la giornata nazionale dedicata alle tradizioni popolari e folcloristiche.
Occorre perseguire una politica economica e sociale espansiva, senza mettere a rischio l’equilibrio di finanza pubblica e, con esso, il risparmio dei cittadini.
Più in generale, la politica deve reagire alle sfide del mondo globale rilanciando un ventaglio di proposte e soluzioni che, più volte nei miei interventi, ho riassunto con la formula “nuovo umanesimo”. Non sto qui a riassumerle, ma è stata questa la stella polare che mi ha guidato in questi mesi di governo.
Anche sull’Europa, occorre un rinnovato slancio di responsabilità.
Gli ideali che avevano nutrito le fasi iniziali del processo di integrazione stanno via via perdendo la loro forza propulsiva e il comune edificio europeo sta attraversando una fase particolarmente critica.
A questa crisi non si può certamente rispondere con un europeismo che, in più occasioni, ho definito “fideistico”, ma nemmeno si può opporre uno scetticismo “disgregatore”, volto a compromettere le conquiste raggiunte in questi sessant’anni, semmai invocando un velleitario ritorno a sovranità nazionali chiuse e conflittuali, con sterili ripiegamenti identitari.
Occorre invece rilanciare il progetto europeo, restituendo ad esso piena capacità attrattiva. Non si può puntare solo al rigore finanziario, ma occorre riconsiderare modelli di sviluppo e di crescita che si sono rivelati fallimentari. Abbiamo bisogno di un’Europa più sostenibile, più solidale, più inclusiva e, soprattutto, più vicina ai cittadini, che mostri considerazione anche per coloro che abitano le numerose periferie, non solo geografiche.
Occorre lavorare per rafforzare i diritti delle donne, per affrontare le nuove questioni sociali e riconoscere i nuovi diritti, ai quali l’ordinamento europeo deve offrire tutela e protezione, grazie al suo raffinato sistema di tutela multilivello, che – credetemi – è unico al mondo per intensità e completezza.
Mosso da questa profonda convinzione ho cercato, in questi quattordici mesi, di indirizzare la politica dell’Italia lungo il tracciato di un europeismo critico, ma sempre costruttivamente orientato.
Con questo spirito ho affrontato le fasi più delicate di confronto con l’Europa, riuscendo ad evitare all’Italia, per ben due volte, una procedura di infrazione per debito eccessivo, che si sarebbe rivelata particolarmente dannosa. Anche la recente designazione di Ursula von der Leyen a Presidente della Commissione europea è un’operazione alla quale l’Italia ha offerto un apporto decisivo: nel Consiglio europeo di fine giugno, mi sono personalmente speso per questa soluzione, scongiurando soluzioni complessivamente meno favorevoli al nostro Paese.
Sforziamoci di cogliere tutte le opportunità che abbiamo davanti, piuttosto che contrastare queste nuove sfide in modo sterile, compromettendo, alla fine, i nostri stessi interessi nazionali.
L’Italia ha la possibilità di svolgere un importante ruolo anche sul piano internazionale.
Possiamo giocare un ruolo chiave, per ragioni storiche, geografiche e culturali, nell’ambito del Mediterraneo allargato. E’ una regione attualmente segnata da crisi umanitarie e insidiosi conflitti, ma rimane comunque una terra di opportunità e, nell’interesse comune, occorre lavorare per garantire sicurezza e prosperità.

Occorre continuare negli sforzi di promozione di una soluzione politica che ponga fine al conflitto militare che è in corso in Libia.
L’Italia deve farsi interprete, in Europa, del ruolo positivo che l’Africa può giocare nelle dinamiche internazionali, promuovendo un nuovo modello di “cooperazione tra pari”, che superi i modelli del passato basato su approcci asimmetrici.
Con varie visite di Stato ho promosso il miglioramento delle relazioni con Paesi che offrono grandi opportunità di sviluppo al nostro sistema economico, tra cui la Cina (abbiamo aderito anche alla Via della Seta introducendo i nostri standard europei), l’India, la Cina, il Vietnam, la Federazione Russa. Ma la nostra politica estera, pur in un quadro geo-politico in forte movimento, deve rimanere fedele ai due pilastri del rapporto transatlantico e del rapporto con l’Unione Europea, di cui siamo Paese fondatore.

Mi avvio a conclusione.
All’inizio di questa esperienza, quando il Presidente della Repubblica mi conferì l’incarico, dichiarai che sarei stato l’“avvocato del popolo”, promettendo di difendere, con il massimo impegno, tutti i cittadini, che da subito, pur non conoscendomi, mi hanno dato fiducia. Di questo li ringrazio.
Proprio in ragione di questo impegno devo oggi concludere: la decisione della Lega, che ha presentato la mozione di sfiducia e ne ha chiesto l’immediata calendarizzazione, oltreché le dichiarazioni e i comportamenti, chiari e univoci, posti in essere in queste ultime settimane, mi impongono di interrompere qui questa esperienza di governo.
Ascolterò ovviamente con estrema attenzione tutti gli interventi che seguiranno.
Ma voglio preannunciare che intendo completare questo passaggio istituzionale nel modo più lineare e conseguente.

Mi recherò, dopo il dibattito parlamentare, dal Presidente della Repubblica per comunicargli ufficialmente l’interruzione di questa esperienza di governo e rassegnare nelle sue mani le mie dimissioni da Presidente del Consiglio.
Il Presidente della Repubblica, supremo garante degli equilibri costituzionali, guiderà il Paese in questo delicato passaggio istituzionale.
Colgo l’occasione per rinnovargli la mia più profonda gratitudine per i consigli e il sostegno di cui mi ha costantemente onorato.
Ringrazio tutti i Parlamentari che hanno fatto parte delle forze di maggioranza per avermi dato la possibilità di servire l’Italia.
Ringrazio anche tutti i Parlamentari delle forze di opposizione: mi avete criticato, avete dissentito dalle mie opinioni, ma ogniqualvolta sono intervenuto in quest’Aula ho sempre colto nel vostro atteggiamento, nelle vostre parole, considerazione nei miei riguardi.
Questo incarico, questa esperienza mi lascia una grande eredità. Mi ha arricchito enormemente. Mi trasmette, e spero possa trasmettere anche ai più giovani che ci ascoltano, grande fiducia per il futuro del nostro Paese.
Ho potuto sperimentare di persona che, pur in un contesto molto complicato, è possibile fare politica senza inseguire affannosamente il consenso sui social, senza dover dipendere drammaticamente dal titolo di un giornale, senza mai insultare un avversario politico o inventarsi nemici dietro ogni angolo.
Potrò testimoniare che per quanto nell’immediato sembrino efficaci gli slogan comunicativi, ancora più efficaci si dimostrano i ragionamenti politici basati sulla forza delle argomentazioni.
Potrò testimoniare che quando si è chiamati a operare scelte dolorose, si può comunque ricevere l’apprezzamento dei cittadini se si riesce a spiegare loro, in piena trasparenza, che queste scelte sono ispirate dall’interesse generale e non dal tornaconto personale.

Potrò testimoniare che anche di fronte a posizioni radicalmente opposte, vi è sempre spazio per un confronto costruttivo, per giungere a un punto di mediazione, da intendere non come semplice via di mezzo, ma come la soluzione più meritevole nell’interesse di tutti i cittadini.
Potrò testimoniare che se gli incarichi istituzionali sono vissuti non come posizioni di privilegio, ma come quotidiane occasioni di servire lo Stato, i sacrifici compiuti vengono ampiamente ripagati non solo dall’amore che si prova per la propria Patria, ma anche dall’affetto delle persone perbene, che sono la stragrande maggioranza.
Potrò testimoniare che se si assolve con “disciplina e onore”, come prevede la Costituzione, l’impegno quotidiano che comporta un munus publicum, i cittadini ci perdonano anche eventuali errori e manchevolezze personali.
Potrò confermare, inoltre, che la politica è davvero quella nobile arte che consente – cito liberamente Martin Buber – di perseguire percorsi di razionalità nel riconoscimento delle diversità.
Ringrazio, infine, le persone a me più care, gli affetti più stretti, per i sacrifici che ho loro imposto, mio malgrado, e per i quali non erano affatto preparati.
Questo incarico mi ha consentito di conoscere meglio l’Italia, il Paese in cui sono cresciuto, il Paese che amo immensamente. La nostra Patria ha enormi potenzialità di crescita e un immenso capitale economico-sociale-culturale che ci viene apprezzato in tutto il mondo, direi anche più di quanto noi stessi non facciamo. Dobbiamo solo tutti impegnarci, ciascuno nel proprio quotidiano, per accrescerne ancor più il prestigio.
Viva la nostra Patria. Viva l’Italia.