Il Movimento 5 stelle nella morsa a tenaglia e l?irresistibile ascesa di Salvini.

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Lo dico con tutta la pena possibile: Luigi Di Maio, non ha saputo resistere alla smania di protagonismo… Al tempo in cui Beppe Grillo volle ritirarsi dalla “piazza”, fu ricostituito in fretta e furia il vertice del Movimento: furono fatte elezioni, cambiati gli statuti, composte le liste – gli attivisti 5 stelle furono costretti a cambiare pelle dal giorno alla notte. Ogni posizione soggettivamente ideologica fu compressa nella cruda realpolitik imposta da Di Maio e dai suoi amici. Ormai solo un pugno di fedelissimi si preparava a dare la scalata al M5S e al governo dell’Italia.

Dopo il successo elettorale azzoppato dalla legge Rosato voluta dagli altri partiti, e dopo l’assillo quotidiano “dell’obbligo” di dare risposte al paese col consenso che si aveva, anche la Lega – che intanto sondava le volontà degli Italiani – fu pronta. E allora, per far digerire ai grillini l’apparentamento indesiderato, il Movimento elogiò persino la correttezza e l’efficienza leghista. Una pubblicità dell’avversario inedita e mai ricambiata, se si pensa alle innumerevoli volte in cui Salvini e i suoi hanno alluso a problemi con il partner di governo, alle sue incapacità, ai suoi veti. Alle proprie catene. Dalla sua comoda posizione, e senza avere la responsabilità del Movimento di fronte al Paese, contro se stessa e contro un contratto firmato, la Lega ha fatto l’opposizione interna, quando ormai non era più possibile poterne fare una esterna.

All’esterno invece c’erano gli altri. C’era innanzitutto Silvio, il vero sodale leghista, e c’era l’altro Matteo, Renzi, alleato dell’alleato. Una salda coalizione non esplicitamente dichiarata di soggetti politici contro il M5S. E tutti da anni combattevano la rivoluzione a 5 stelle, tutti svalutavano le capacità dei grillini, tutti infangavano la loro celebrata onestà. Contro di loro avevano tentato riforme, ai loro danni avevano fatto una legge elettorale. Avevano preteso che governassero senza avere i numeri, e quando stavano per comporre il governo, tutti avevano disprezzato il loro apparentamento con la Lega. Poi, non appena Gentiloni si preparò alla cerimonia del campanellino, ogni fonte d’informazione cominciò a fomentare la paura dello spread. Dall’esterno e dall’interno si stava realizzando la manovra a tenaglia che nel giro di pochi mesi è riuscita ad invertire i consensi tra Lega e Movimento 5 Stelle.

Adesso lo chiamano, Capitano. Le pagine social di Salvini concentrano un popolo incapace di avere un’idea politica, ma ognuno di loro pretende di conoscere soluzioni ai problemi più disparati, proprio come il loro Capo. E il Capitano alimenta la loro fiducia. Salvini parla alla radio di prima mattina, si connette col suo popolo nei corridoi di Montecitorio, legge da una poltrona (forse del suo ministero), è in diretta alla tv, stringe mani e abbraccia entusiasti e speranzosi per strada, sotto il palco, in mezzo alle bandiere, fa un comizietto in periferia, posta le foto del frugale desinare, partecipa al talk show di fine serata. Non si sa quando abbia il tempo di lavorare, ma chiede ancora il mandato per farlo: chiede agli italiani “carta bianca”, cioè la maggioranza assoluta per il proprio cazzeggio.

E’ nata la Lega Italia. Vagonate di meridionali che incredibilmente applaudono, che salutano il salvatore e che si confondono tra i tanti altri che inneggiano. E il Capitano, sudato, abbraccia la gente, tocca tutte le mani, tutte le braccia stese, “l’ambìto premio è conquistato… tutto il popolo esulta...”. Domani passerà nelle stanze di palazzo Chigi, dove troverà quei responsabili e compunti stellati che tentano ancora di governare, di fare una legge, giusta e epocale, ma il Capitano sorriderà. Aprirà il telefonino e si rivolgerà agli italiani, e dicendo cose che non conosce a coloro che non potrebbero capire, annuncerà che il tempo è cambiato e la vittoria è vicina. Ognuno intende che il nemico da superare sono i 5 stelle: ogni neo-leghista, ogni vetero piddino, ogni incrudito berluschino.

L’incanto è spezzato. Il popolo che aveva finto di aver capito il progetto di democrazia compiuta dei grillini, adesso comincia a voltare loro le spalle. No, non sono stati solo i dubbi sulla colf della compagna di Fico, i lavoratori in nero e le carriole di sterro del padre di Di Maio, o anche il tunnel del Brennero di Toninelli e la tipografia fantasma della Castelli, no: nulla poté la macchina del fango quando il M5S stava da solo contro tutti gli altri. Adesso invece i provvedimenti a 5 stelle, se non sono bocciati dall’opposizione nazionale e dai vincoli europei, sono annacquati dall’alleato, stemperati nella prassi amministrativa che equipara ogni azione politica, ogni decreto. E il sogno della rivoluzione? Ora che il Movimento si è fatalmente sporcato, il popolo, nella sua corsa verso l’immortale chimera, oggi insegue la faccia di Salvini. La faccia più fortunata della storia politica italiana, contemporaneamente al governo e all’opposizione, pompata dai giornali, esaltata dalla parte politica originaria, blandita dagli avversari di sinistra e protetta dagli alleati di governo.

E’ probabile che la coscienza maturata nel popolo grillino impedisca al Movimento di scendere al di sotto di una certa percentuale di consensi, ma ormai dal vecchio sud antileghista vedo già torme di garibaldini pronti ad acclamare un nuovo liberatore. E il “blocco elettorale” che Salvini sta predisponendo come alleanza tra l’egoismo dei voti nordisti e le speranze di quelli sudisti ha già consegnato l’Italia in mano alla destra.