Manovra fiscale e giustizia, Walter Mauriello (pres. di Meritocrazia Italia): “Una prima ricognizione e alcune proposte”

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L’emendamento alla legge di bilancio anticipa l’entrata in vigore della riforma della Giustizia, prima prevista per il 30 giugno 2023. Udienza a trattazione scritta e video conferenza saranno applicabili in via anticipata il 28 febbraio 2023 anche ai processi pendenti.

Ciò comporterà, inevitabilmente, una repentina rivoluzione degli uffici giudiziari, in particolare di alcuni organi quali Giudice di pace e Tribunale per i minorenni, che si troveranno improvvisamente catapultati in un processo telematico, non di rado sprovvisti finanche dei terminali informatici utili a sostenere un’udienza a distanza.
Secondo le previsioni del CSM, la scelta comporterà uno sforzo organizzativo consistente e difficilmente attuabile in assenza di adeguate risorse umane e materiali.
E infatti la vacanza di personale negli uffici della giustizia è evidente anche laddove si prevede la riduzione di un semestre del periodo di tirocinio dei magistrati. Anche in questo caso l’emergenza di reperire risorse umane potrebbe comportare una preparazione lacunosa, con evidenti ripercussioni sul corretto funzionamento della macchina giudiziaria.

Non poca rilevanza assume l’intervento sulle intercettazioni.
Si sposta il baricentro investigativo con l’art 123 bisSpese per attività demandate ai servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica»), che ha suscitato accese polemiche nei giorni scorsi.
Si inserisce nel d.l. n. 144 del 2005 l’art. 4 bis, volto a disciplinare le specifiche modalità di svolgimento delle intercettazioni preventive dei servizi di informazione. Le spese passano in carico al Ministero dell’Economia.
Ma il cambiamento prospettato non sarebbe solo di natura economica, investendo anche profili sostanziali: nelle mani del Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma si concentra il potere di autorizzare le Agenzie d’intelligence a procedere con investigazioni nei confronti di cittadini non indagati, con intrusione anche nei luoghi di privata dimora qualora si autocertifichi che le intercettazioni sono «indispensabili» per l’indagine. A ciò si aggiunga che i servizi possono trattenere i nastri, senza depositarli in Procura per la distruzione, sino a trenta giorni.
Si prevede che, su richiesta motivata dei direttori dei servizi, comprovante particolari esigenze di natura tecnica e operativa, il procuratore possa «autorizzare il differimento del deposito […] per un periodo non superiore a sei mesi» e una volta avvenuto il deposito la Procura non è più obbligata a distruggere in ogni caso le conversazioni; è previsto che possa autorizzare la conservazione di tutti i dati, comunicazioni comprese, fino a 24 mesi.
Non mancano le critiche anche a questo nuovo modus operandi, se si considera che tale dettato normativo potrebbe costituire un passe-partout per un accesso ancora indisciplinato alla privacy di cittadini non iscritti nel registro degli indagati.
In ogni caso, occorre sottolineare la necessità, nella fase delle indagini, in un’ottica garantista, della tutela dell’indagato a non subire una condanna mediatica preventiva. La pubblicità dei percorsi investigativi prima dell’inizio del processo crea un inevitabile clamore mediatico, tale da compromettere, il più delle volte, la serenità del giudizio, minando anche le scelte difensive. In quest’ottica si auspica almeno:
– l’introduzione del divieto di pubblicare notizie relative alla indagine almeno fino alla sentenza di primo grado;
– l’introduzione del divieto delle intercettazioni telefoniche a/o ambientali tra difensore ed i suoi assistiti, con espresso divieto di trascrizione;
– una più rigorosa regolamentazione delle pubblicazioni delle intercettazioni, che dovrebbe essere consentita solo per casi di rilevante interesse pubblico e comunque ad indagini concluse;
– l’introduzione di limiti temporali più stringenti delle attività di intercettazione, con un massimo di masi tre, fatta eccezione per i reati più gravi e di grande impatto sociale;
– una migliore garanzia di corrispondenza tra quanto intercettato, registrato e trascritto nelle attività investigative;
– la previsione di una effettiva responsabilità penale del personale di cancelleria per i reati concernenti le fughe di notizie che riguardano lo stato delle indagini in corso.

Si lavora anche sul perdono fiscale, che potrebbe comportare l’estinzione di ben tre ipotesi di reato: l’omessa dichiarazione dei redditi, l’omesso versamento, nonché la dichiarazione infedele. Mef e Giustizia sono gli ideatori della nuova sanatoria, nata in un momento economicamente difficile per combattere l’evasione. In questo modo, chi non ha presentato la dichiarazione o ne ha presentato una falsata potrà comunque estinguere il reato versando l’intero debito tributario più la sanzione accessoria. La sola omissione di una rata vanificherebbe l’intera procedura.
Il progetto politico ha come ratio quella di favorire il recupero dei crediti, premiando il contribuente che abbia provveduto a riparare al proprio errore.

A diversa logica si ispirano gli artt. 148 e 150 bis della legge di bilancio.
Il primo, rubricato «Fondo a favore di iniziative di recupero e reinserimento di detenuti, internati, loro famiglie, recupero di tossicodipendenti e integrazione di stranieri sottoposti ad esecuzione penale» istituisce, presso il Ministero della Giustizia, un Fondo con dotazione pari a 4 milioni per il 2023 e 5 milioni per ciascuno degli anni 2024 e 2025, destinato al finanziamento di progetti volti:
a) al recupero e al reinserimento dei detenuti e dei condannati;
b) all’assistenza educativa, culturale e ricreativa in favore dei detenuti, degli internati e delle loro famiglie;
c) a progetti di cura e assistenza sanitaria e psichiatrica in collaborazione con le regioni;
d) al recupero di soggetti tossicodipendenti;
e) all’integrazione degli stranieri sottoposti ad esecuzione penale, alla loro cura e assistenza sanitaria.
Il comma 1 ter dispone che, con decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore della disposizione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e trasporti, il Ministro della salute, il Ministro del lavoro, il Ministro dell’università e ricerca e previo parere della Conferenza Stato-regioni, sono definite le modalità e stabiliti i requisiti necessari per l’accesso dei progetti ai finanziamenti. Il comma 1 quater prevede la copertura finanziaria per gli oneri (pari a 4 milioni per il 2023 e 5 milioni per ciascuno degli anni 2024 e 2025) derivanti dalla presente disposizione». Sotto diversi aspetti questa innovazione potrebbe comportare un cambiamento in positivo delle attuali condizioni dei detenuti e una riformulazione degli stessi trattamenti penitenziari, con la possibilità di concentrarsi sul reale recupero della persona attraverso programmi variegati e di godere di attività, strutture e risorse adeguate al pieno reinserimento del rieducato.
Quando si parla di carcere ed esecuzione di misure o pene detentive, il problema attualmente più diffuso e noto alla cronaca è quello del sovraffollamento carcerario. Si tratta, invero, di una patologia che ha radici lontane e che la pandemia ha, da ultimo, fatto balzare vigorosamente ai disonori della cronaca.
Non possono essere differiti nuovi e seri investimenti sia nell’edilizia carceraria, ristrutturando gli edifici esistenti, riconvertendo in istituti di pena edifici dismessi già adibiti ad altre funzioni, costruendo nuovi immobili all’uopo destinati, sia nell’assunzione e nella formazione del personale, militare e civile, operante all’interno delle strutture.
Si auspica un ripensamento incisivo delle misure alternative alla detenzione, ampliandone l’ambito di applicazione e soprattutto, al fine di renderle concretamente efficaci, rafforzando le strutture territoriali di sostegno e controllo, dagli Uffici Esecuzioni Penali distrettuali, ai Servizi Sociali, alle Forze dell’Ordine.
Va ribadita l’urgenza di prevedere:
– il potenziamento delle infrastrutture carcerarie, mediante modernizzazione di aule scolastiche, aule informatiche, spazi comuni, attrezzature sportive, biblioteche e strutture per lavoro infra murario (laboratori, officine, ecc.), oltre alle strutture sanitarie interne;
– il supporto psicologico costante della popolazione detenuta;
– maggiore possibilità di contatti visivi e telefonici con familiari;
– incentivi a progetti ad hoc che valorizzino le soft skill di ogni individuo, con il supporto di nuove tecnologie, così da favorire un più facile reinserimento nel tessuto sociale;
– progetti educativi e sociali, che riducano i rischi della devianza, trattamenti socio-terapeutici esterni per chi ha problemi di dipendenza, case famiglia per detenute madri, accordi con le centrali della cooperazione sociale, dell’artigianato e del mondo dell’industria per facilitare inserimenti lavorativi di persone in esecuzione penale;
– la riduzione del ricorso all’isolamento e totale eliminazione delle ‘celle di punizione’;
– forme di prevenzione degli abusi;
– soluzioni alternative al carcere per madri detenute;
– l’implementazione di personale, in primis quello medico, con periodica valutazione psicologica;
– l’implementazione del numero di direttori e vice-direttori, affinché ogni Istituto abbia i propri dirigenti;
– una formazione più qualificata agli operatori del mondo carcerario, fornendo loro strumenti adeguati a svolgere al meglio un lavoro difficile, logorante e pericoloso;
– una reale attuazione della ‘sorveglianza dinamica’, consistente non nel semplice controllo statico dei detenuti da parte della Polizia penitenziaria, bensì incentrato sulla conoscenza e sull’osservazione della persona.

L’art. 150 bis prevede che il rimborso delle spese legali all’imputato assolto sia liquidato in un’unica soluzione entro l’anno successivo a quello in cui la sentenza è divenuta irrevocabile (anziché ripartito in tre quote annuali) e incrementa, a decorrere dal 2023, da 8 a 15 milioni di euro il relativo Fondo (istituito nello stato di previsione del Ministero della giustizia dall’art. 1, comma 1020, della legge di bilancio 2020). Con ciò si è inteso riconoscere un immediato ristoro a coloro che siano stati ingiustamente fagocitati da un processo, per evitare che il protrarsi dei tempi amministrativi possano comportare un ulteriore danno alla persona.
L’iniziativa è meritevole di approvazione nell’ottica riequilibratrice della posizione del processo penale rispetto agli atri riti, ma vanno sollevate alcune perplessità nei modi di attuazione. Non si possono escludere, infatti, dubbi circa l’imparzialità e l’indipendenza del Magistrato che dovrà emettere la sentenza di assoluzione che poi consentirà l’apertura dell’iter del rimborso.
È assolutamente necessario introdurre una separazione delle carriere dei magistrati al fine di scongiurare possibili conflitti di interesse tra chi ha dato avvio al processo e chi è chiamato poi giudicare.
Inoltre non può negarsi una sorta di disparità di trattamento tra le posizioni del difensore di fiducia e il difensore d’ufficio: mentre il primo potrà beneficiare di una liquidazione fino ad € 10.500,00 il secondo, qualora l’imputato sia ammesso al gratuito patrocinio, avrà un trattamento economico molto inferiore.
Occorrono correttivi volti a riequilibrare il sistema secondo le direttive indicate.

L’art. 148 bis, poi, autorizza il Ministero della Giustizia a bandire, nell’anno 2023, procedure concorsuali per l’assunzione di un contingente di 100 unità di personale del Dap, da inquadrare nei ruoli di funzionario giuridico-pedagogico e funzionario mediatore culturale; mentre l’art. 150 quater autorizza ad indire procedure concorsuali e ad assumere a partire dal 1° ottobre 2024, un contingente di 800 unità di personale non dirigenziale, di cui 327 da inquadrare nell’Area dei «Funzionari» e 473 da inquadrare nell’Area degli «Assistenti».
A tal fine è autorizzata la spesa di euro 8.138.000 per l’anno 2024 e di euro 32.550.000 annui a decorrere dall’anno 2025. Per lo svolgimento delle relative procedure concorsuali è autorizzata la spesa di euro 3.000.000 per l’anno 2024.

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Fonte: Manovra fiscale e giustizia

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