Popolari venete in LCA, liquidatori: i buchi sentenziano che pagati Intesa Sanpaolo e Stato nulla resta. Peccato originale del crac: si sa in Vaticano?

Un'altra domanda senza risposta: chi ha guadagnato, tanto, non restituendo i prestiti ricevuti dalle due banche popolari venete?

2715
Carmelo Barbagallo (Vigilanza di Banca d'Italia) in commissione d'inchiesta sulle banche negò pressioni su Veneto Banca per consegnarsi a BPVi, ora entrambe in Lca
Carmelo Barbagallo (Vigilanza di Banca d'Italia) in commissione d'inchiesta sulle banche negò pressioni su Veneto Banca per consegnarsi a BPVi

In parecchi ricorderanno questa data, il lontano 25 giugno 2017, quando Banca Popolare di Vicenza S.p.a e Veneto Banca S.p.a venivano messe in liquidazione coatta amministrativa (LCA) da due decreti del Ministero dell’Economia e delle finanze, rispettivamente il n. 185 e il n. 186. Compito dei liquidatori dele due ex banche popolari venete era, quindi, quello di attuare le cessioni previste dal D.L. 99/2017.

Si aprì la strada alle domande di insinuazione al passivo della liquidazione, che si riversarono come un fiume in piena sulle procedure.

La più recente informativa delle due LCA, la sesta per la precisione, riporta per Banca Popolare di Vicenza in LCA con i dati al 31 dicembre 2022 e quelli più significativi alla data del 31 dicembre 2023 un numero elevatissimo di istanze, ben 22.450, mentre per Veneto Banca in data 28 Giugno 2024 le istanze pervenute sono 13.000.

Banca Intesa Sanpaolo acquista a un euro lBPVi e Veneto Banca e incassa un super bonus
Banca Intesa Sanpaolo a cui sono state conferite le parti attive di BPVi e Veneto Banca in LCA

Molti ora si chiederanno che ne sarà delle istanze presentate anni fa, la risposta della sesta informativa delle due liquidazioni è un coro unanime: “Per doverosa trasparenza, anche in questa occasione si precisa altresì che – tenuto conto delle passività derivanti dalla cessione a ISP (Banca Intesa Sanpaolo, ndr), degli attivi della LCA e delle informazioni rese disponibili da AMCO (ex SGA, società di gestione degli NPL, di proprietà dello Stato tramite il Mef, ndr)sulle prospettive di monetizzazione dei crediti ceduti ai sensi del DM n. 221/2018 – non sono al momento ravvisabili concrete prospettive di soddisfacimento dei creditori diversi da quelli rientranti nelle categorie di cui ai precedenti numeri 1) e 2).

Nel periodo oggetto della presente informativa, non sono stati effettuati riparti/restituzioni in favore dei creditori.”.

In sostanza pagati, forse, Intesa Sanpaolo e lo Stato (in totale 4.750 milioni più costi scivoli del personale, ndr) non resta nulla, al di là di tutte le disquisizioni che si possono fare sul fatto che gli azionisti siano o meno creditori delle liquidazioni.

Ma come siamo arrivati a questo punto? La domanda è lecita e la risposta sta nelle analisi condotta dalle Liquidazioni sull’attivo e sul passivo delle due banche.

Non faremo un’analisi dettagliata di bilancio, ma cercheremo solo di fornire i numeri essenziali, quelli che servono a evidenziare l’anello debole delle due banche.

BPVI S.p.a in LCA ha un saldo negativo del patrimonio netto di 2.646,8 milioni di euro, Veneto banca S.p.a. in LCA ha un saldo negativo del patrimonio netto di 3.191,5 milioni di euro.

Vediamo come i liquidatori giustificano il primo dato per BPVi in LCA:Le perdite risentono di oneri straordinari di assoluto rilievo: la rilevazione di € 2.441,1 milioni per il debito verso lo Stato italiano a fronte del contributo da questo erogato a Intesa Sanpaolo allo scopo di tenerla indenne dagli assorbimenti patrimoniali e dagli oneri di ristrutturazione connessi all’acquisizione del cd. Insieme Aggregato da Banca Popolare di Vicenza; la svalutazione di € 2.309,1 milioni del credito verso AMCO relativo al corrispettivo da incassare per le cessioni dei non performing loans (“NPL”) effettuate ai sensi del DL 99/2017 e del DM 221/2018, basata sulle stime di recupero periodicamente comunicate dalla Cessionaria. Come prima indicato, al 31/12/2022 residuano attività per € 2.520,5 milioni, tra cui il credito verso AMCO di € 1.667,5 milioni relativo al residuo corrispettivo della cessione di crediti deteriorati, e passività per € 5.166,9 milioni, di cui € 3.921,5 milioni verso ISP (per il saldo del finanziamento dello Sbilancio e per il finanziamento High Risk) e verso lo Stato italiano (per i contributi erogati a ISP) da rimborsare prima dei creditori chirografari ai sensi del DL 99/2017, da cui deriva, come prima ricordato, un saldo negativo (patrimonio netto) di € 2.646,8 milioni.

Quanto ai risultati del processo liquidatorio, si informa che dall’avvio della LCA al 31/12/2022 sono stati incassati dalla monetizzazione degli attivi € 2.616,6 milioni (€ 2.907,9 milioni al 31/12/2023).”

Vediamo ora Veneto Banca S.p.a in LCA: “Le perdite risentono di oneri straordinari di assoluto rilievo: la rilevazione di € 2.343,9 milioni per il debito verso lo Stato italiano a fronte del contributo da questo erogato a Intesa Sanpaolo allo scopo di tenerla indenne dagli assorbimenti patrimoniali e dagli oneri di ristrutturazione connessi all’acquisizione del cd. Insieme Aggregato da Veneto Banca; la svalutazione di € 2.240,7 milioni del credito verso AMCO relativo al corrispettivo da incassare per le cessioni dei non performing loans (”NPL”) effettuate ai sensi del DL 99/2017 e del DM 221/2018, basata sulle stime di recupero periodicamente comunicate dalla Cessionaria. Come prima indicato, al 31/12/2022 residuano attività per € 1.806,8 milioni, tra cui crediti deteriorati per euro 1.507,7 milioni, e passività per euro 4.998,3 milioni, di cui euro 4.041,0 milioni verso ISP (per il saldo del finanziamento dello sbilancio e per il finanziamento High Risk ) e verso lo Stato italiano (per i contributi erogati a ISP) da rimborsare prima dei creditori chirografari ai sensi del DL 99/2017, da cui deriva, come prima ricordato, un saldo negativo (patrimonio netto) di € 3.191,5 milioni.

Quanto ai risultati del processo liquidatorio, si informa che dall’avvio della LCA al 31/12/2022 sono stati incassati dalla monetizzazione degli attivi € 2.040,5 milioni (€ 2.245,0 milioni al 31/12/2023).”

Balzano agli occhi due dati: per BPVI S.p.a in LCA la svalutazione di € 2.309,1 milioni del credito verso AMCO e per Veneto Banca S.p.a in LCA la svalutazione di € 2.240,7 milioni del credito verso AMCO.

Si tratta in sostanza della perdita di valore dei crediti delle due banche verso la clientela, così come rappresentata dal recupero crediti ossia da AMCO, società controllata dal MEF specializzata nel settore.

Mentre il debito verso lo stato è successivo alla messa in liquidazione delle banche, la perdita di valore dei crediti riflette indubbiamente un risultato di gestione.

Qui veniamo, quindi, alle note dolenti perché sta a significare che l’attivo delle due banche era in buona parte privo di valore.

Non è un caso che entrambe le liquidazioni siano subentrate nelle azioni di responsabilità verso amministratori, sindaci e direttore generale degli istituti di credito.

Le cause ora si trovano in fase istruttoria ossia di prove, ma si tratterà di vedere le concrete prospettive di recupero perché: “I Commissari Liquidatori hanno altresì deliberato di avviare e avviato una serie di azioni revocatorie di atti dispositivi posti in essere da alcuni convenuti nell’azione di responsabilità al fine di preservare l’integrità del patrimonio dei convenuti, a tutela delle ragioni della LCA.” (Così la relazione dei commissari liquidatori di BPVI S.p.a in LCA e nello stesso senso la relazione dei commissari liquidatori di veneto Banca S.p.a in LCA).

Il tutto coincide con i risultati della Relazione conclusiva approvata dalla “Commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario” nella seduta del 30 gennaio 2018 (Relatore sen. Marino pag. 151 e 152) che esplicitamente dice: “Le problematiche relative alle due banche, presenti già da tempo in entrambi gli istituti, emergono nella loro gravità più tardi rispetto ai casi precedenti, e cioè nel 2014-15 anche per gli effetti della seconda lunga recessione che è stata particolarmente pesante in Veneto. Le cause e le manifestazioni della crisi di queste due banche inoltre possono considerarsi “gemelle”. Ancora una volta le maggiori criticità riguardano: i) forti carenze della governance, dovute ad un modello basato sull’autoreferenzialità dei vertici aziendali; ii) modalità di erogazione del credito deboli cui si aggiungono, come fattori specifici di crisi di queste due banche, iii) problematiche relative alla valutazione del prezzo delle azioni. Si tratta di due banche popolari non quotate ad azionariato diffuso, di dimensioni rilevanti, tanto da essere passate alla fine del 2014 sotto la vigilanza di BCE. E da ultimo, iv) l’emersione di pratiche scorrette di ricapitalizzazione nonché di gestione del Fondo Azioni Proprie, attuate attraverso le cosiddette operazioni “baciate”.

Ricorre anche qui il tema legato alle modalità di erogazione del credito, in sostanza si dice che le linee di credito concesse dalle banche sono state gestite senza le dovute cautele, il che fa il paio con una governance carente.

I fenomeni degenerativi specifici sono stati poi il tampone di una situazione sfuggita di mano in un periodo di crisi economica.

Un processo di integrazione fra i due istituti avrebbe cambiato le cose? Dalla relazione datata 02.11.2017 del Capo del dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia Carmelo Barbagallo, alla Commissione d’Inchiesta istituita nel luglio 2017 (pagina 11) emerge che un tentativo su Veneto Banca venne fatto: “In esito agli accertamenti la Vigilanza sollecitò l’integrale ricambio degli organi sociali e di controllo; chiese di dedurre dal patrimonio di vigilanza le azioni oggetto di finanziamento e di avviare nel più breve tempo possibile un processo di integrazione (doc. VB 228). La ricerca di un partner fu affidata dal Consiglio di amministrazione a un advisor, che selezionò tre banche estere e tre italiane, compresa BPVi. Il successivo sondaggio dell’advisor sulla possibilità di chiudere l’operazione con uno dei soggetti selezionati diede esito negativo. In particolare, l’ipotesi di integrazione tra le due banche venete sfumò rapidamente per dissidi tra le parti.”

Non nascondendo la sua irritazione alla Commissione Barbagallo soggiunse (pagina 11): “In considerazione della sua inadeguata risposta, la banca fu nuovamente sollecitata, a gennaio e marzo 2014, a dare seguito alle richieste formulate dalla Vigilanza, incluse quelle di procedere a un ricambio dei vertici (doc. VB 246, 253). Ciò nonostante, in occasione del rinnovo degli organi sociali nell’aprile 2014, i vertici aziendali mantennero l’ex Amministratore delegato alla guida della banca in qualità di Direttore Generale, risolvendo il rapporto di lavoro solo nel luglio 2015.”

Ma tant’è, anche dopo questi tentativi il matrimonio fra i due istituti saltò perché come disse Barbagallo alla Commissione (Pag. 13 della relazione): Il progetto di ristrutturazione successivamente elaborato dagli organi aziendali di VB e BPVi, che prevedeva una fusione tra i due intermediari, non risultò percorribile per l’indisponibilità di risorse private.”

Certo le cose erano cambiate, di mezzo c’era stato il cosiddetto Comprehensive Assessment (CA), sta di fatto che il resto è storia nota a tutti e a conti fatti non lo sapremo mai.

Tanto più che, ad oggi, le affermazioni ufficiali di Barbagallo, a cui ci siano certosinamente attenuti per dovere di cronaca anche se parse più volte opinabili nelle premesse, meriterebbero approfondimenti su vari comportamenti della Vigilanza apparentemente non propriamente equi nei confronti della banca popolare di Montebelluna, ma difficili da dimostrare compiutamente senza esplicite ammissioni da parte di Barbagallo nel frattempo trasferito(si) da via Nazionale allo Stato Pontificio


Nota di Giovanni Coviello.

Oltre quella su di chi è la colpa originale del crac, un’altra domanda richiederebbe un’analisi: se è vero come è vero che le due ex Popolari Venete hanno prestato denaro senza la dovuta prudenza, a parte crisi non prevedibili successive alla concessione degli stessi in un periodo difficile a livello finanziario, chi se ne è avvantaggiato non restituendo i prestiti per miliardi di euro in totale?

Se molti, circa 130.000, in base ai dati dei parzialmente indennizzati dal FIR per circa un miliardo e trecento milioni di euro (su circa 4 miliardi di valore di acquisto dei titoli), hanno perso gran parte i risparmi investiti in azioni poi dimostratesi di valore gonfiato, c’è chi (i clienti più grossi?) hanno beneficiato di prestiti non restituiti per qualche miliardo di euro.

Forse varrà la media del mezzo pollo mangiato mediamente a testa (uno non ne mangia, un altro ne mangia uno intero) per cui ecco perché, se ci riferiamo ai debitori veneti inadempienti, la regione non è crollata complessivamente sotto il peso del crac: in pochi hanno pagato, molto, in molti hanno guadagnato, di più del pollo intero.
Chi?