Resistenza segreta: storia di come fu impedito a Hitler di portarci via le reliquie di Dante

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Dante tomba in Ravenna
Dante tomba in Ravenna

Su L’Osservatore Romano, il 4 luglio del 1965, uscì un articolo di monsignor Giovanni Mesini (1879-1969), rettore della basilica di Sant’Apollinare Nuovo in Ravenna, “cultore dotto e appassionato della memoria di Dante”, come recita una lapide. Il sacerdote rammentò che “nel 1944, durante la guerra, per salvare le Ossa di Dante dai bombardamenti (caddero bombe dappresso il Tempietto), fu riaperta l’urna ed estratte le due cassette (non furono aperte), vennero messe dentro una cassetta di ferro e nascoste in una buca, aperta nel giardino, e coperte da un cono tutto in cemento armato (23 marzo). Furono poi tolte dal loro rifugio il 23 dicembre 1945”.

Ciò che don Mesini non volle svelare, per modestia o per riserbo, è che il salvataggio dei resti del Sommo Poeta non fu originato dalla paura delle bombe, ma per impedire che le SS li trafugassero su ordine di Hitler e li inviassero a Berlino. Erano destinati a un mausoleo che avrebbe dovuto ospitare anche le ossa di Cervantes, Zola, Molière, Victor Hugo, Tolstoj, e della cui costruzione era stato incaricato il gerarca Albert Speer, l’architetto del Terzo Reich. Il piano fu però sventato grazie a don Mesini, a Bruno e a Giorgio Roncucci, e ad Antonio Fusconi, custode della tomba di Ravenna dell’Alighieri. Tutto ciò con la collaborazione dell’Oss americano, il progenitore della Cia, dei partigiani dell’Ori (l’Organizzazione per la Resistenza Italiana) di Raimondo Craveri, genero di Benedetto Croce, dello stesso Croce e del grecista Manara Valgimigli. Le ossa furono sostituite con quelle di un anonimo, prese da una tomba abbandonata. Quando i tedeschi si accorsero della beffa, la guerra era alla fine.

A raccontarlo è Sergio Roncucci, 87 anni, fratello e figlio di due dei protagonisti della sostituzione delle reliquie dell’Alighieri. Lo fa in un articolo pubblicato nella rivista trimestrale Pen. Poets Essayst Novelists del Pen Club Italia, diretta da Sebastiano Grasso e in uscita oggi. La storia, che sembra tratta dai romanzi di Robert Ludlum come Il treno di Salonicco o dai film di Indiana Jones, comincia sul declinare del 1943, quando, narra Roncucci, “un gruppo di giovani, provenienti da Ravenna e dalla Romagna, raggiunge Napoli in bicicletta per combattere tedeschi e fascisti”. Tra loro “c’è mio fratello Giorgio”. Si uniscono all’Ori di Craveri, saranno inviati in missione oltre la Linea Gotica. A quel punto, l’Oss avverte l’Ori della decisione di Hitler di impadronirsi dell’urna di Dante.

Si muovono Craveri, Croce, Valgimigli e monsignor Mesini. Craveri “incarica mio fratello Giorgio di contattare direttamente Valgimigli a Padova, dove il grecista vive; il quale, a sua volta, informa monsignor Mesini. Davanti al pericolo imminente, il sacerdote decide di sostituire le ossa. Se tedeschi e fascisti se ne accorgono, cercheranno di recuperarle a tutti i costi, pensa: occorre inventare qualcosa”. Il prelato “chiama mio padre, Bruno, con cui è legato da profonda amicizia e dal comune antifascismo”.

Nella notte “fra il 22 e il 23 marzo del ’44, data in cui le ossa avrebbero dovuto essere trasferite da un posto all’altro, monsignor Mesini e mio padre si recano nel cimitero di Ravenna e da una vecchia tomba abbandonata recuperano ossa anonime”. Vengono messe nella cassetta ormai vuota di Dante, che i tedeschi portarono via. Al termine del conflitto, conclude Roncucci, “monsignor Mesini e mio padre vengono a sapere che a Berlino i tedeschi si sono accorti della sostituzione delle ossa”. Però era troppo tardi.