Stato di insolvenza BPVi? No per i commissari con Viola e ultimo cda con Mion, sì per la Procura di Vicenza con Salvadori e Pipeschi

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Liquidità per 106 milioni 387 mila euro e, con riferimento alla situazione patrimoniale, un’eccedenza contabile di 2 miliardi – così inizia Sabrina Tomè su Il Mattino di Padova nel suo articolo sulla ex BPVi che riproduciamo integralmente. E poi, tra le voci di bilancio con segno positivo, assets finanziari per 850 milioni, crediti deteriorati per 4,9 miliardi, opere d’arte per 55 milioni di euro. È la fotografia di Banca Popolare di Vicenza alla data del 25 giugno 2017, quando è stata messa in liquidazione con il discusso decreto governativo 99.
Lo stato dei conti dell’istituto è riassunto nella relazione di una trentina di pagine prodotta dai commissari liquidatori (Fabrizio Viola, Claudio Ferrario, Giustino Di Cecco) su richiesta degli inquirenti e ora all’esame della sezione fallimentare del tribunale di Vicenza davanti alla quale si è aperto il procedimento per la dichiarazione dello stato di insolvenza di BPVi. Una dichiarazione sollecitata dalla Procura di Vicenza secondo cui la banca non era più in grado si svolgere la sua attività, ma contestata dal Cda post-Zonin per il quale invece essa disponeva di risorse sufficienti per continuare. Nel mezzo i liquidatori che hanno fornito il quadro numerico e che nella lettera di accompagnamento alla relazione precisano come il documento «non evidenzia alcuna valutazione dei sottoscritti». Insomma, solo cifre, nessun giudizio sul loro significato. A trarre le conclusioni saranno i super-giuristi (ctu e consulenti di parte) nominati giovedì scorso in udienza dal tribunale fallimentare per stabilire se al 25 giugno dell’anno scorso la banca era insolvente e va dunque dichiarata fallita.

Liquidità e patrimonio. Ma cosa emerge dalla relazione dei liquidatori consegnata alla Procura? Che al 25 giugno 2017 Bpvi aveva in cassa 106 milioni di euro. Ancora: la situazione patrimoniale «evidenzia un surplus dell’attivo contabile rispetto al passivo di circa 2.004 milioni». Il valore dei crediti verso la clientela comprende anche quelli deteriorati: 4.947 milioni l’importo netto. I liquidatori distinguono tra sofferenze e unlikely to pay (inadempienze probabili) prendendo in considerazione le prime 100 posizioni. Le principali voci dell’attivo della Lca a quella data, rilevano, sono assets finanziari per 850 milioni (15% l’incidenza sul totale di 5.852 milioni) e opere d’arte per 55 milioni (1%). A proposito di quest’uldme, si tratta di 2.700 cespiti tra dipinti, sculture, ceramiche antiche, monete, arredi di pregio e tappeti. «Le prime 687 opere di maggiori pregio», riferiscono i liquidatori, «hanno un valore complessivo di 51 milioni di euro». Nella relazione ci si sofferma sull’accertamento del passivo. In questo gruppo rientra, tra l’altro, il contenzioso passivo: 4 mila procedimenti giudiziari avviati contro l’istituto con una perdita prevista di 369 milioni di euro.

La relazione della Procura. Su queste cifre, dunque, i consulenti si daranno battaglia nei mesi a venire. Per i pm Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori l’insolvenza è accertata in quanto Bpvi era in una situazione «tale da registrare un livello di liquidità decisamente insufficiente a cui poneva apparente rimedio tramite il ricorso a strumenti eccezionali, quali la garanzia statale sull’emissione di strumenti finanziari e l’assistenza di emergenza della liquidità». Il ricorso alla garanzia statale rappresenta, secondo i pm, un indice dell’incapacità di procurarsi il necessario credito sul mercato. Non solo: la decisione di rivolgersi a Bankitalia per la liquidità di emergenza è dovuta al fatto che l’istituto non era in grado di provvedere al pagamento di obbligazioni in scadenza per un importo di 500 milioni. Insomma, secondo i pm, Bpvi non poteva far fronte ai suoi impegni.

La posizione del Cda. In risposta alla relazione della Procura di Vicenza, è stata depositata quella del Cda a guida Gianni Mion, secondo cui invece non ci sono le condizioni per dichiarare il fallimento. «La situazione è identica a quella di Veneto Banca», riassume il professor Lorenzo Stanghellini, legale del Cda ed estensore del documento, «Bce ha ritenuto che la banca non fosse in grado di proseguire l’attività, ma questo non significa che il patrimonio fosse negativo. E l’insolvenza si ha soltanto quando esso è negativo. Il conferimento da parte del Fondo Atlante è stato cospicuo e quei soldi c’erano ancora». Si tratta, per l’esattezza, della somma di 1 miliardo 800 milioni, versata in tre diverse tranche. Il legale del Cda si sofferma poi sul fatto che «stato di dissesto e stato di insolvenza sono due concetti ben distinti, si che l’apertura di una procedura di liquidazione coatta per stato di dissesto è legittima anche in assenza di stato di insolvenza». Posizioni contrapposte, dunque, a cui si aggiungeranno quelle dei consulenti dell’ex presidente Gianni Zonin. Il nodo verrà sciolto a dicembre, quando il ctu Bruno Inzitari depositerà la sua relazione. Nel frattempo, a settembre, la Cassazione avrà deciso se il processo penale resterà a Vicenza o se dovrà migrare a Trento.