Transizione ecologica e autotrasporto, Varotto: “servono politiche energetiche riviste per maggiore proporzionalità e redistribuzione”

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Un recente rapporto ISFORT di fine 2021 pone l’autotrasporto in una posizione particolarmente critica rispetto al processo di transizione ecologica e le recenti vicende geopolitiche non hanno fatto altro che acuire questa situazione di difficoltà.

Numeri alla mano il Presidente di Confartigianato Trasporti del Veneto Michele Varotto contesta il luogo comune e rilancia una politica energetica sino ad oggi non efficace. “Dal nostro osservatorio regionale –afferma Varotto– riscontriamo una scarsa propensione al ricambio veicolare in questi ultimi mesi. Segno che le imprese sono in difficoltà, ma non solo per colpa loro. Ci sono imprenditori dotati di coraggio la cui volontà di cambiare motrici si infrange sui tempi di attesa per la consegna che possono superare l’anno. Molti poi sono scoraggiati di fronte a tanti colleghi “ecologici” che hanno cambiato il mezzo qualche anno fa e sono ancora in attesa di rientrare degli incentivi ministeriali a causa dei ritardi dei pagamenti della PA. Per non parlare di chi si è convertito al metano e si trova, oggi, a dover gestire prezzi “lunari” per un pieno”.

“E’ un dato di fatto che il parco veicolare italiano sia tra i più vetusti d’Europa –ammette Varotto- anche se in Veneto, dove le aziende artigiane di trasporto merci sono 5.450, i 13.150 addetti, in buona parte, sono alla guida di veicoli di ultima generazione dato che gli Euro 6 sono passati da 1.661 a 108.171 unità in soli 6 anni (+6.400%)! Va anche tenuto conto di due altri elementi: primo che l’autotrasporto italiano incide ben poco quando l’88% delle emissioni di CO2 vengono generate da Paesi extra UE, secondo che le aziende devono fare i conti non solo con la propria disponibilità di risorse da destinare ad eventuali investimenti ma anche con un’offerta nel mercato ancora sperimentale di veicoli di ultima generazione da parte delle imprese costruttrici, una rete di rifornimento energetica che al momento non è in grado di rifornire i mezzi con la capillarità e le prestazioni dal motore a scoppio alimentato a diesel, Istituzioni pubbliche che non sono in grado di offrire un piano di interventi e di sostegni chiaro, completo e di media lunga durata di reale supporto alla transizione ecologica. Ciò è significativo. Le politiche energetiche dovrebbero essere riviste forse in un’ottica di maggiore proporzionalità e redistribuzione”.

La preoccupazione più rilevante riguarda la capacità del comparto dell’autotrasporto a raggiungere i target fissati non solo dall’Unione Europea, ma anche quelli stabiliti a livello internazionale poiché dovrà riuscire ad abbattere drasticamente le emissioni generate dalla propria attività facendo fronte ad un incremento del traffico che nel corso del 7 anni che hanno preceduto il 2017 è stato del 123%, con alcune aree geografiche che hanno più che triplicato il traffico (Cina), o addirittura quadruplicato (India).

Alla prova dei fatti tuttavia l’autotrasporto si dimostra periodicamente, tra pandemia e venti di guerra, una delle poche certezze in un contesto internazionale fatto di relazioni, commerciali e non, di cartapesta.

Quando parliamo di transizione energetica nel segmento dell’autotrasporto dobbiamo sempre tenere in considerazione che le imprese del settore hanno come unica possibile leva d’azione quella di sostituire il proprio veicolo con uno meno inquinante, da qui non se ne esce.

“Pensare di spostare su rotaia in qualche decennio il doppio degli attuali volumi è pura utopia – prosegue Varotto- per la morfologia del territorio nazionale e per l’attuale dotazione infrastrutturale.  L’autotrasporto è decisamente trascurato nelle politiche di sviluppo strategico del nostro Paese, siamo sempre il brutto anatroccolo ma non è così: indicativo è che nel PNRR non vi sia traccia di interventi dedicati, le misure generiche adottate in questi giorni dal Governo ad esempio in tema accise, seppur utili, rappresentano solo degli interventi tampone; apprezziamo la grande disponibilità della Vice Ministra Bellanova con la quale più volte ci siamo confrontati a livello nazionale nel tavolo di confronto periodicamente convocato. Ma crediamo che il settore meriti maggiore attenzione, per questo chiediamo un diretto coinvolgimento del Ministro Giovannini. Nella già preannunciata economia della sopravvivenza e della recessione che ci aspetta le piccole imprese del nostro territorio dimostreranno come in passato le migliori capacità di adattamento e di flessibilità, fondate sulla dimensione familiare dai forti legami: le nicchie delle filiere che occupano vanno preservate e protette perché sono ricche di valore aggiunto e professionalità, ricordiamocelo”