Buona Pasqua?

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10.30. Da non credente, ateo, vorrei che si ricordasse quello che succede in Palestina oggi I ragazzi assassinati dall’esercito israeliano, le centinaia di feriti (oltre 1400) dell’altro giorno. E vorrei si ricordassero i morti sul lavoro. Quella carneficina che avviene ogni giorno nell’indifferenza generale, in nome della mancanza di sicurezza (perché, per “lorpadroni”, è un costo da evitare) e del profitto di qualcuno. E vorrei si ricordassero gli oltre cento morti di tumore della Marlane-Marzotto, che continuano ad essere uccisi dall’indifferenza e dalla negazione di una giustizia che non ha dichiarato nessuno responsabile di questo massacro.
Non ho bisogno di pregare. No! Lo farà chi crede, chi cerca e trova conforto nel trascendente.
Io no. E non chiedo nessuna preghiera.
Chiedo che nella vita concreta e reale, si abbia la capacità di indignarsi e di lottare oggi e sempre.

 

Ore 12.15

È di pochi prima fa la notizia di un’esplosione di un serbatoio di farine alimentari per animali domestisti in una fabbrica di Treviglio (BG). Due operai sono morti.

Da inizio anno i morti nei luoghi di lavoro sono più di 150.

Si leggono solite dichiarazioni di chi è al governo o siede in parlamento. Sono parole di circostanza del tipo “non si può morire di lavoro”. Qualche sottosegretario (Cosimo Maria Ferri) propone di lavorare per “una patente a punti sotto forma di incentivi e sgravi fiscali per le imprese che sono in regola con contributi, tasse e presentano un minor tasso di incidenti sul lavoro: più sei in regola meno imposte paghi”. Ma perché? Che senso ha? Perché non si può, invece, condannare (senza attenuanti né prescrizioni) chi sfrutta il lavoro altrui, chi non è in regola, chi considera la sicurezza nei luoghi di lavoro un costo che si deve abbattere per restare “competitivi”?

Qualcuno di “lorsignori” ci dica perché bisogna premiare chi fa il proprio dovere e non condannare i farabutti.

Non è forse questa una resa incondizionata dello Stato di fronte al profitto? Non è qualcosa che fa a pugni con i contenuti e i valori della Costituzione?

E ci dicano “lorsignori” perché, dopo poche ore dagli eventi, si parla d’altro e tutto ritorna come prima … si continua a morire di lavoro e per il lavoro nell’indifferenza e nel silenzio.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.