Di Maio accusa la “manina” pro condono, Bonafede la evoca su class action impossibile per vecchie banche. Tocca a Grillo? “Io contro il presidente? No, sono stati gli altoparlanti!”

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In attesa che diventino “carta scritta” le mille promesse di un miliardo e mezzo di euro per i risparmiatori azzerati di Banca Popolare di Vicenza, di Veneto Banca e delle quattro risolte Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieri (a cui potrebbero aggiungersi Banca CrediVenetoBanca Padovana di Credito Cooperativo, Banca Popolare delle Province Calabre  BCC “sen. Pietro Grammatico” di Paceco) abbiamo scritto domenica 21 dell’ennesima illusione a 5 Stelle per le vittime delle banche visto che al Circo Massimo il ministro Alfonso Bonafedeavvocato civilista con tanto di dottoratoaveva dato per “approvata la class action“.

Pregustando le lodi, chissà perché, solo delle vittime di Banca Etruria e non anche delle altre banche (solo perché se l’obiettivo è il “padre della Boschi” la notizia sfonda mentre si auto cancella se si parla del bene di tutti i soci traditi anche dalle ben più “grosse” venete?) il ministro, fonte La Presse, annunciava che “la legge sulla class action è stata approvata alla Camera ed è pronta al Senato per il via libera definitivo. Così, ad esempio, i truffati dalle banche del padre della Boschi, potranno mettersi insieme e difendersi“.

Ma il parlamentare vicentino di Forza Italia Pierantonio Zanettin, anche lui avvocato, membro della Commissione giustizia ed ex componente del Csm, non perdeva tempo, via Italpress e Askanews, a ricordargli che quella legge “non è retroattiva”, come da emendamento da lui stesso presentato alla Camera e votato anche dal M5S, prefigurando così anche le lacrime… dell’avv. Sergio Calvetti che già promuoveva i suoi incontri promozionali per oceaniche class action dopo le sue inondazioni dei tribunali con migliaia di costituzioni di parte civile.

Ma dopo la manina evocata nel suo show a Porta a porta da Luigi Di Maio per l’inserimento fedifrago delle norme sul condono, il ministro nato in Sicilia e cresciuto in Toscana, le due patrie della nostra lingua, non poteva tacitarsi per cui, questa volta il lancio è di Italpress per bocca di Andrea Cottone,

portavoce del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, leggevamo ieri: “”Secondo quanto riportano diverse agenzie di stampa, il deputato di Forza Italia Pierantonio Zanettin ha invitato il ministro Bonafede a ‘studiare meglio i provvedimenti all’esame del parlamento prima di parlare dal palco di Italia a 5 Stelle. I truffati di Banca Etruria non potranno avvalersi della nuova normativa sulla class action, per il semplice fatto che le nuove norme non sono retroattive e non possono applicarsi a
fattispecie verificatesi prima della loro approvazione. Studiare prima di parlare!’
. Studiare prima di parlare e’ doveroso ma altrettanto importante e’ ascoltare prima di rilasciare dichiarazioni alle agenzie”. Tutto chiaro?

Proprio no, perché se Bonafede di fatto fa sapere che non ha bisogno di studiare, Zanettin non ci sta a passare per sordo, visto che studiare di più è sempre possibile, ma recuperare l’udito è più arduo, per cui replica tramite La Presse, l’agenzia che della falsa retroattività “bonafediana” aveva riferito, e detta così: “Più che replicare a me il portavoce del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, dovrebbe chiedere una rettifica alle agenzie di stampa che hanno registrato e pubblicato le dichiarazioni del Guardasigilli sul palco di Italia a 5 Stelle in materia di class action. Noi, francamente, ci fidiamoci di più dei giornalisti. Probabilmente Bonafede, come fatto da Di Maio con il condono, ha cambiato idea, e adesso è in cerca della sua ?manina’ per giustificare la brusca giravolta“.

Preso atto che ora in Forza Italia, fuori dal Governo, si fidano di più dei giornalisti (anche di quelli che prima accusavano di essere i persecutori di Berlusca?) mentre a chi sta al Governo, ora i 5S e i leghisti, competono gli insulti alla stampa non a 90° di fronte a loro, rimaniamo in trepida attesa delle dichiarazioni di Beppe Grillo che, in un comunicato pare quasi pronto alla diffusione dopo le distanze già prese dal “mimo del Consiglio“, starebbe per dichiarare che al Circo Massimo le invettive contro le attribuzioni del presidente pro tempore Sergio Mattarella non le aveva pronunciate lui, ma solo gli altoparlanti.

Saremo, comunque, onorati di accogliere il ministro, se Alfonso Bonafede vorrà venire nello studiolo di VicenzaPiùTv per cancellare, col pennarello rigorosamente giallo e davanti a tutti, dal disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati il 3 ottobre 2018, ben 17 giorni prima del suo proclama, il secondo comma dell’articolo 7, originato non da manine occulte ma da un emendamento a firma di Pierantonio Zanettin e  della sua collega di partito Giusi Bartolozzi, e così approvato: “Le disposizioni della presente legge si applicano alle condotte illecite poste in es­sere successivamente alla data della sua en­trata in vigore. Alle condotte illecite poste in essere precedentemente continuano ad appli­carsi le disposizioni vigenti prima della me­desima data di entrata in vigore

Se l’emendamento per Zanettin “è stato approvato anche dai colleghi pentastellati perché sarebbe stato contro il buon senso ammettere una procedibilità della class action, che si applicherà non solo alle banche,  antecedente all’entrata in vigore della legge“, nel nostro studiolo televisivo ci armeremo di una bacchetta per non essere da meno di Bruno Vespa e per rispetto dell’atteso ospite ministeriale anche per indicare sulla lavagna il primo comma (c’è nella legge in approvazione da sempre e prima di ogni manina) che recita: “le disposizioni di cui alla presente legge entrano in vigore decorsi dodici mesi dalla pubblicazione della mede­sima legge nella Gazzetta Ufficiale”.

Per cui “i truffati dalle banche del padre della Boschi” ed, eventualmente, ripetiamo della altre dimenticate dal corregionale acquisito di Maria Elena, avrebbero potuto mettersi insieme e difendersi, manina della retroattività a parte, solo dopo un anno dall’approvazione definitiva delle “Disposizioni in materia di azione di classe” che stanno arrivando ora al Senato.

Più che necessitare di maggior studio, parrebbe, quindi, che Alfonso Bonafede e i 5 Stelle dovrebbero esercitarsi con “gli alleati a tempo determinato” della Lega nel ricordare di più e con più celerità i punti del loro contratto di governo, come il punto 5, che, esistendo la legge a cui fa riferimento, cioè la legge 205, le risorse necessarie, cioè il 1.574 milioni già in cassa solo di conti correnti dormienti (polizze e altri strumenti finanziari a parte), e non concorrendo questi denari al rapporto deficit/pil in discussione, non si capisce perché (e per… chi?) non sia ancora stato attuato. 

Ma se un esponente di spicco del governo del cambiamento dimentica due commi di un disegno di legge a solo 17 giorni dalla sua approvazione alla Camera, cari soci vittime delle banche speriamo che governo e maggioranza si ricordino di un contratto di ben 5 mesi fa altrimenti, dopo aver votato in base alle promesse elettorali, ora potreste sentirvi in preda ad un’allucinazione collettiva.