Elena Cecchettin e la battaglia contro la violenza sulle donne: Giulia era sua sorella, lei diventa la sorella delle donne vessate

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È passato un mese dal fatto di cronaca nera che ha prima lasciato con il respiro sospeso, poi sconvolto l’Italia e in particolare il Veneto per l’origine della sua giovane vittima, ancora una volta donna, la ventiduenne Giulia Cecchettin uccisa dall’ex fidanzato.

Tuttavia tra le milioni di voci che si sono pronunciate a riguardo, nei mass media, nei cortei, sui giornali, una si è posta a capo di questo dolore, mischiato a una rabbia anticonformista, ed appartiene ad un’altra donna tanto vicina alla vittima da condividerne i genitori (con la mamma già mancata da tempo) e la casa.

Elena Cecchettin, sorella maggiore di due anni di Giulia, studentessa della facoltà di microbiologia presso l’ università di Vienna, ha preso più volte in mano il microfono, scendendo in piazza, impugnando il cellulare per riversare i suoi pensieri nel mare dei social network da cui sembra essere stata accolta a braccia aperte. Su Instagram, Elena conta 176 mila followers da cui deriva un grado di incidenza e un bacino di consenso enorme, una community unita in una abbraccio solidale intorno alla famiglia di Giulia a riprova di una funzione positiva dei social, nella maggior parte dei casi sconosciuta.

Sebbene non siano mancate le critiche e i commenti controcorrente anche da parte di personaggi politicamente visibili e influenti che, talvolta con un pizzico di maleducazione e mancanza di rispetto, l’hanno additata come opportunista e addirittura anarchica, quando non anche “satanista”, nella sua opera di sensibilizzazione riguardo a una vera e propria una persecuzione il cui saldo, solo un mese dopo la tragica scomparsa di Giulia, è salito a 109 vittime di uomini violenti.

Frasi come “Filippo Turetta non è un mostro, è il figlio sano del patriarcato”, oppure “per te Giulia bruceremo tutto” o ancora “tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini” che hanno dominato le prime pagine dei giornali e i titoli dei telegiornali derivano proprio dagli interventi virtuali e non di Elena, che più volte si è dimostrata contraria ai tipici minuti di silenzio dedicati a ogni vittima di femminicidio.

La sorella maggiore infatti tramite interviste e attività sui social ha invitato a compiere, in ricordo di Giulia, un minuto di rumore, forte e assordante che invece di rinchiudere nel silenzio l’ennesima violenza su un sesso che viene ancora giudicato debole, e dunque da possedere anche ricorrendo alle mani e alle parole, lo consegnasse all’attenzione di chiunque, non permettendo a nessuno di chiudere gli occhi o le orecchie davanti a quello che è un “omicidio di Stato”.  

Per Elena Cecchettin il femminicidio è, infatti, “un omicidio di Stato, perché lo Stato – motiva la ventiquattrenne –  non ci protegge”. Lei stessa in primis rappresenta una sorta di ambivalenza: si sente vittima di secondo grado per la perdita della sorella, per il vuoto che ora si porta dentro essendo membro dell’ennesima famiglia messa a dura prova da una relazione tossica, ma anche soggetto a rischio solo per il fatto di essere donna.

Il femminicidio, l’omicidio di una donna perché donna, nelle parole di Elena Cecchettin è operato dal vostro bravo ragazzo, vostro perché riferito a coloro che nelle settimane e nei mesi passati hanno sempre negato ogni possibile collegamento tra il femminicidio e un’educazione sbagliata a livello collettivo, ascrivendolo piuttosto a sue possibili cause l’infermità mentali, la provenienza da ambienti familiari complicati o, addirittura, i testi poco politically-correct della musica in voga. Ma Elena non c’è stata e come lei tanti altri ragazzi e ragazze che da tutta Italia l’hanno sostenuta e emulata per denunciare il delitto di potere del femminicidio, con la speranza che Giulia potesse essere l’ultima.

Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha sollevato uno Stato interno a quello ufficiale, facendo scontrare ancora una volta l’opinione pubblica con un problema centenario e radicato, che necessita di una sensibilizzazione, informazione e prevenzione continua. Elena questo lo ha capito e non ha intenzione di lasciare che, come molti fatti anche tra i più crudi, la morte di sua sorella, secondo uno schema patriarcale comune a tutti i femminicidi, sia l’ennesima che cade nel dimenticatoio al suono solo delle fatidiche e ripetitive parole “mai più”.

Papà Gino non ha dubbi: “Elena ne farà la battaglia della sua vita”. Allora facciamoci investire dall’onda di movimentazione che questa giovane ragazza ha iniziato e porta avanti, camminando ogni giorno con la consapevolezza di poter scegliere come comportarci e, soprattutto, di poter indurre a scegliere bene.