Mannaggiavvoi! Lo sapevo che alla fine avrei dovuto guardare il Festival di Sanremo! L’ho capito da quando la deputata veronese di Fratelli d’Italia, Maddalena Morgante, ha propalato un traballante e concitato intervento alla Camera dei Deputati su un tema davvero pregnante: la partecipazione al Festival del concorrente Rosa Chemical, con un testo che tratta di “chiedo scusa per i termini che sto per usare“: il sesso, l’amore e il porno su Onlyfans!
Ma nessuno pensa ai bambini?! Lacrimava tremante, come nemmeno Maude Flanders de I Simpson.
Da qui in poi si sono aperte le gabbie. Da Salvini infastidito per Benigni e la difesa della Costituzione alla serata di apertura (proprio adesso che si accingono a farla a pezzi!), a Zelensky che canta Enzo Jannacci (“Vengo anch’io, no tu no”), fino a Paola Egonu che si permette di dire che l’Italia è una Paese razzista (e magari senza neppure aver letto gli editoriali di Vittorio Feltri)!
Il meglio è venuto quando Fedez, noto cantante, marito di nota influencer, si è esibito in un pezzo rap al termine del quale ha strappato una foto del viceministro Galeazzo Ciano Bignami, fedelissimo di Giorgia Meloni, noto alle cronache per i costumi da gerarca Nazista.
“E’ un attacco al governo!” tuonano da FdI (non chiarendo se si tratti di questo, o di quello tedesco del 1933), chiedendo a gran voce la testa dei vertici Rai, già colpevoli di non aver chiesto il permesso alla Commissione di Vigilanza per portare il Presidente Mattarella a svagarsi al teatro Ariston.
Il Festival, in fondo, si rinnova ogni anno, ma a quanto pare la fregola per la censura e il piagnisteo partitocratico rimangono gli stessi. Si vuole la TV pubblica con la mordacchia ed il Potere da incensare, mai da criticare. A quanto pare, ricordare l’art. 21 della Costituzione (e “chiedo scusa per i termini che sto per usare“) non è servito a molto:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
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